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ANCHE LO SPAZIO FA LA SOCIETÀ
Commento al libro curato da Bergamaschi e Lomonaco
Giampaolo Nuvolati
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Il libro a cura di Maurizio Bergamaschi e Alice Lomonaco – Esplorare il territorio. Linee di ricerca socio-spaziali (FrancoAngeli, 2022) – si colloca a pieno titolo in quella che viene definita la sociologia spazialista. Nell’alveo più ampio della sociologia dell’ambiente e del territorio ha infatti preso corpo un approccio che tende ad attribuire alla variabile spaziale una rilevanza cruciale nella determinazione dei fenomeni sociali. In altri termini non è solo la società che determina gli spazi ma sono anche gli spazi a determinare la società. Nel processo di causazione, da variabile il più delle volte dipendente lo spazio assume i caratteri della variabile indipendente.
Il libro ben illustra la nascita e il consolidamento di tale approccio trovandone già i primi segni nella sociologia di Durkheim - e in particolare nel concetto di morfologia sociale - poi nella Scuola di Chicago della ecologia umana, fino ad alcuni tra i più importanti sociologi contemporanei. Possiamo oggi affermare che la sociologia spazialista ha trovato ospitalità in molti studi riguardanti varie tematiche. Essa ci aiuta infatti a comprendere, tra le altre, le dinamiche della marginalità sociale, quelle della mobilità spazio-temporale, della gentrificazione, dello sviluppo locale. Lo fa attraverso il riconoscimento di una mutua relazione tra spazio e società, natura e cultura. Se dunque ogni freddo determinismo architettonico ed ambientale va criticato è altrettanto indubbio che, come afferma Mela (2015: 15), lo spazio può costituire una variabile indipendente nella lettura dei fatti sociali, «come vero e proprio protagonista, o quanto meno co-protagonista, dello studio».
Prendiamo alcuni passaggi della introduzione di Bergamaschi e Lomonaco orientati a ribadire questa mutua reciprocità, di volta in volta passando attraverso alcuni pensatori classici della sociologia (non solo urbana) - da Simmel a Mauss, da Halbwachs a Park, da Bourdieu ad Harvey, solo per citarne alcuni - che presentano ovviamente approcci teorici diversi ma accomunati dal peso attribuito alla variabile spaziale.
«Se le “qualità fondamentali della forma spaziale” influenzano le forme sociali, le “configurazioni spaziali” sembrano essere determinate da fattori sociali. Tale apparente contraddizione rimanda alla circolarità del rapporto tra forma sociale e forma spaziale. In queste pagine, senza mai cadere nella trappola del determinismo ambientale, «Simmel mette in evidenza tanto la capacità dello spazio di generare effetti in quanto condizione di possibilità per le relazioni sociali, quanto la capacità di queste ultime di trasformare le configurazioni spaziali e conferire loro significato» (Serino, 2017, p. 37)». (p. 14)
«Per sottrarsi all’insidia del determinismo ambientale e di una concezione naturalistica del territorio, la ricerca sviluppata all’interno del Dipartimento di sociologia e antropologia culturale dell’Università di Chicago riconosce, come ricorda R. Park nell’Introduzione a Il vagabondo (The Hobo) di N. Anderson, che «se è vero che l’uomo ha fatto la città, altrettanto vero [è] che la città sta ora facendo l’uomo» (Park, 1994 [1923], p. LXXIX). Se la struttura della città è il portato di rapporti sociali, l’ambiente urbano interviene nella definizione di questi rapporti». (p. 15)
Mi preme qui ribadire con forza, la differenza tra spazi e luoghi, intendendo con i primi l’insieme degli aspetti materiali e fisici, mentre con i secondi si vuol porre l’attenzione sulle dimensioni immateriali e simboliche. In altri termini, può esistere uno spazio che non è (ancora) luogo, ma non viceversa: cioè non esiste un luogo che non sia stato anche un semplice spazio prima della sua significazione. Questa differenza è fondamentale per capire come gli spazi-luoghi possano contribuire a spiegare i fenomeni sociali o parti di essi.
Lo spazio costringe biologicamente il comportamento umano, il luogo lo fa attraverso la propria storia, il proprio genius loci. Proviamo a fare un esempio. Un’aula universitaria caratterizzata da una certa metratura, intensità della luce e del calore inciderà sicuramente sul livello di attenzione alla lezione da parte degli studenti proprio per le sue qualità fisiche. Ma anche il luogo, in quanto aula universitaria dotata di una propria storia - soprattutto se si tratta di una università antica - dove gli studenti assumono un ruolo precipuo diverso da quello del docente, dove hanno studiato migliaia di altri studenti, avrà la sua forza nel determinare l’impegno. Ovviamente, come già lasciato intendere sopra, non tutto il comportamento degli studenti è dettato dallo spazio-luogo. Età, genere, cultura, famiglia di provenienza, carattere dello studente, sono variabili psicologiche e sociologiche tradizionali che possono sicuramente intervenire. La sociologia spazialista non intende certo disconoscere il ruolo di queste ultime variabili, ma cerca comunque di inserire nella spiegazione di atteggiamenti e comportamenti anche le caratteristiche del contesto nel quale è calato il pensiero e l’agire umano.
Alla luce di quanto appena osservato, è indubbio che l’approccio della sociologia spazialista si presta particolarmente bene ad interfacciarsi con altre discipline dello spazio: dall'architettura all’urbanistica, dalla geografia alla storia urbana. Per far sì che questa multidisciplinarietà non resti sulla carta, a mio parere, occorre però, da parte dei sociologi, fare uno sforzo ulteriore nel declinare a livello di spazi e luoghi alcune problematiche. Ancora una volta provo a proporre un esempio. Non è sempre sufficiente osservare che la marginalità sociale è più elevata in un comune piuttosto che in un altro per affermare che si sta facendo una sociologia del territorio; né tantomeno realizzare una semplice mappatura del fenomeno oggetto di studio. Dobbiamo piuttosto spiegare perché proprio lì e non altrove si determina una situazione particolare. Mi piace qui evocare una massima cui dovremmo spesso guardare e ripresa anche nella introduzione di Bergamaschi e Lomonaco (p. 8) e cioè che quel che succede dipende da dove succede. Detto in altri termini: ogni volta è necessario domandarci quali peculiarità fisiche degli spazi e simboliche dei luoghi che traggono origine dalla loro morfologia e storia più profonda, incidono effettivamente e attraverso quali meccanismi nella determinazione dei fenomeni sociali.
Di grande interesse sono i capitoli che compongono il libro e sono suddivisibili in tre parti. Una prima parte riprende l’approccio della Scuola di Chicago e riguarda l’analisi dei processi di marginalizzazione e/o mixité sociale nelle varie realtà urbane. Una seconda si interessa della globalizzazione e dell’organizzazione dello spazio, prestando specifica attenzione alle dinamiche competitive tra le città e partecipative all’interno delle città stesse. Infine, una terza si occupa delle questioni tecnologiche, dei flussi di mobilità urbana e delle aree fragili interne del Paese. Queste parti, a loro volta, si articolano negli argomenti più disparati - dalla distribuzione spaziale delle popolazioni urbane a quella territoriale degli Airbnb, da una etnografia della smart city a Parigi alla biodiversità urbana - a testimonianza di quanto, come già osservato, l’approccio spazialista possa prestarsi ad una trasversalità praticamente illimitata.
In tutti questi contributi è infatti evidente il tentativo di mostrare come spazi e luoghi non siano superfici lisce che si lasciano attraversare dai fenomeni senza opporre rugosità e resistenze. A maggior ragione questo avviene proprio laddove il moltiplicarsi dei flussi sembra erodere l’identità e ipseità proprie dei territori, ma dove anche il mutare delle condizioni non può tradire l’unicità insita nei luoghi e la loro riconoscibilità, tanto in chiave statica quanto in quella dinamica. Il dibattito filosofico su questi temi che va da Ricœur (1990) e Jankélévitch (2017) dovrebbe entrare a pieno titolo anche nella riflessione sociologica sul genius loci, snodo cruciale per affrontare l’argomento della distintività non solo degli esseri umani ma anche degli spazi-luoghi in cui abitano, lavorano e consumano.
Tornando al volume, si tratta in sintesi di una raccolta di contributi originali che consegnano al territorio una valenza rilevante muovendosi in direzione di un’attenta analisi degli intrecci esistenti tra la morfologia e i simboli degli spazi e dei luoghi e i fenomeni sociali che rispetto ad essi vi trovano configurazione. Questa circolarità è alla base dell’approccio spazialista e viene più volte richiamata, anche se io credo che forse si sarebbe potuto osare maggiormente nel sottolineare e argomentare la centralità del territorio stesso attraverso uno scavo ancora più profondo e preciso sulle origini storico-geografiche delle realtà locali, evitando dunque di dare per scontate e acquisite alcune questioni riguardanti la specificità dei singoli contesti. Ma trattandosi di un volume snello a più capitoli e autori/autrici, il formato certamente non lo permetteva. Dunque, che il libro sia di auspicio per futuri studi e pubblicazioni focalizzate su temi e casi studio sviscerati nelle loro molteplici componenti e capaci di porre in evidenza la rilevanza degli spazi e dei luoghi. Scoprire (e, in fondo, salvaguardare) l’unicità delle parti in un mondo sempre più globalizzato è una sfida cui non possiamo rinunciare e che va condotta nell’esplorazione dei dettagli dei processi sociali di tipo micro, meso e macro che storicamente hanno determinato e sono determinati dalle caratteristiche e dalle trasformazioni dei territori. Il ruolo della sociologia dell'ambiente e del territorio da questo punto di vista è imprescindibile e il libro a cura e introdotto da Bergamaschi e Lomonaco, con i contributi di Montesano, Lomonaco, Maggio, Mudan Marelli, Carlone, Zaza, Fiore, Rimondi e Daconto offre un importante apporto in questa direzione.
Giampaolo Nuvolati
Bibliografia Jankélévitch V. (2017), L'ipseità e il “quasi niente”, Solfanelli, Chieti. Mela A. (2015), “Quale filo rosso di una sociologia del territorio?”, Sociologia urbana e rurale, 107, pp. 11-19. Park R. (1994 [1923]), “Introduzione”, in N. Anderson, Il vagabondo. Sociologia dell’uomo senza dimora, Donzelli, Roma. Ricœur P. (1990), Soi-même comme un autre, Seuil, Paris. Serino M. (2017), “Spazio e spazialità nell’opera di Simmel e Durkheim”, Quaderni di Sociologia [Online], 75, http://journals.openedition.org/qds/1754.
N.d.C. Giampaolo Nuvolati è professore ordinario di Sociologia dell’ambiente e del territorio presso l’Università degli studi di Milano Bicocca dove insegna Sociologia urbana. In questo stesso Ateneo è stato presidente del Corso di laurea Magistrale di Sociologia e direttore del Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale. È prorettore dell’Ateneo per i Rapporti con il Territorio e coordinatore della Sezione Territorio dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS).
Tra i suoi libri: La qualità della vita delle città. Metodi e risultati delle ricerche comparative (FrancoAngeli, 1998); Popolazioni in movimento, città in trasformazione. Abitanti, pendolari, city users, uomini d'affari e flâneur (il Mulino, 2002); Lo sguardo vagabondo. Il flâneur e la città da Baudelaire ai postmoderni (il Mulino, 2006); Mobilità quotidiana e complessità urbana (Firenze University Press, 2007); L'interpretazione dei luoghi. Flanerie come esperienza di vita (Firenze University Press, 2013); Un caffè tra amici, un whiskey con lo sconosciuto. La funzione dei bar nella metropoli contemporanea (Moretti & Vitali, 2016); (a cura di), Sviluppo urbano e politiche per la qualità della vita (Firenze University Press, 2018); con Giorgio Bigatti (a cura di), Raccontare un quartiere. Luoghi volti e memorie della Bicocca (Scalpendi, 2018); Interstizi della città. Rifugi del vivere quotidiano (Moretti & Vitali, 2019); (a cura di), Enciclopedia sociologica dei luoghi (Ledizioni, vol.1-2019; vol.2-2020; vol.3-2020; vol. 4-2021; vol. 5-2021; vol. 6-2022); (a cura di), con Sara Spanu, Manifesto dei Sociologi e delle Sociologhe dell’Ambiente e del Territorio sulle Città e le Aree Naturali del dopo Covid-19 (Ledizioni, 2020); (a cura di), con Rita Capurro, Milano, ritratto di una città. Il paesaggio culturale (Silvana Editoriale, 2020); con Alessandra Terenzi, Qualità della vita nel quartiere di edilizia popolare a San Siro, Milano (Ledizioni, 2021); a cura di, Esperienze di vita nei giorni del silenzio. La Bicocca al tempo del coronavirus (Nomos, 2021); con Marianna D'Ovidio, a cura di, Temi e metodi per la sociologia del territorio (UTET Università, 2022); a cura di, Il campus Bicocca. Storia passata e nuova vita degli edifici dell'Ateneo (Rubbettino, 2022).
Per Città Bene Comune ha scritto: Città e paesaggi: traiettorie per il futuro (8 dicembre 2017); Tecnologia (e politica) per migliorare il mondo (13 luglio 2018); Scoprire l’inatteso negli interstizi delle città (20 settembre 2019); Città e Covid-19: il ruolo degli intellettuali (29 maggio 2020); Abitare la diversità (4 giugno 2021); Per una riflessione olistica sul vivere urbano (17 febbraio 2022).
Sui libri di Giampaolo Nuvolati, v. i commenti di: Duccio Demetrio (27 settembre 2019); Giancarlo Consonni (29 novembre 2019); Marino Ruzzenenti (29 gennaio 2021); Giovanni Semi (9 aprile 2021); Alfredo Mela (18 marzo 2022).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R. © RIPRODUZIONE RISERVATA 25 NOVEMBRE 2022 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali
ideato e diretto da Renzo Riboldazzi
prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
in redazione: Elena Bertani Luca Bottini Oriana Codispoti Filippo Maria Giordano Federica Pieri
cittabenecomune@casadellacultura.it
iniziativa sostenuta da:
Conferenze & dialoghi
2017: Salvatore Settis locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
2018: Cesare de Seta locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
2019: G. Pasqui | C. Sini locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
Gli incontri
Gli autoritratti
2017: Edoardo Salzano 2018: Silvano Tintori 2019: Alberto Magnaghi
Le letture
2015: online/pubblicazione 2016: online/pubblicazione 2017: online/pubblicazione 2018: online/pubblicazione 2019: online/pubblicazione 2020: online/pubblicazione 2021: online/pubblicazione 2022:
M. Agostinelli, Più ecologia, meno disuguaglianze, commento a: E. Scandurra, La svolta ecologica (DeriveApprodi 2022)
P. Vitillo, Urbanistica? Contrattare si può, commento a: L. Gaeta, Urbanistica contrattuale (FrancoAngeli, 2021)
O. de Leonardis, Le città sono persone che fanno cose, commento a: P. L. Crosta, C. Bianchetti, Conversazioni sulla ricerca (Donzelli 2021)
F. Governa, Un'idea di geografia, commento a: G. Dematteis, Geografia come immaginazione (Donzelli 2021)
R. Pavia, Le strade sono architetture (ma non solo), commento a: R. Secchi, L. Bochicchio, L’architettura della strada (Quodlibet 2020)
D. Patassini, Sul pensiero critico di Massimo Quaini, commento a: D. Poli et al. (a cura di), Il pensiero critico fra geografia e scienza del territorio (Firenze University Press 2021)
A. Balducci, Innovazione sociale e pianificazione, insieme, commento a: E. Manzini, Abitare la prossimità (Egea 2021)
G. Consonni, Le parole come abito morale, commento a: G. Scaramuzza, In fondo al giardino (Mimesis 2015)
G. Amendola, Progettare il futuro della città impresa, commento a: G. Dioguardi, L’impresa enciclopedia (Guerini Next 2022)
G. Pasqui, Case pubbliche: una questione aperta, commento a: A. Delera, E. Ginelli, Storie di quartieri pubblici (Mimesis 2022)
C. Olmo, Per una progressive age, riflessione a partire da: D. T. Rodgers, Atlantic Crossings (Harvard University Press 1998)
R. Budini Gattai, Abitare le città storiche, patrimoni viventi, commento a: I. Agostini, D. Vannatiello, Une ville à habiter (Eterotopia France 2022)
G. Fossa, Urbanistica a Milano tra guerra e dopoguerra, commento a: R. Busi, 1944-1946 Piani per la Milano del futuro ovvero La solitudine del tecnico (Maggioli 2020)
A. di Campli, Forme ed ecologie della coesistenza, commento a A. Gabbianelli, La differenza amazzonica (LetteraVentidue 2021)
M. C. Ghia, Roma: una città reale, molte immaginarie, commento a: P. O. Rossi, La città racconta le sue storie (Quodlibet 2021)
G. Consonni, Una città visionaria per catturare l'incanto, commento a: N. Dal Falco, Un viaggio alla Scarzuola (Marietti 2021)
L. P. Marescotti, Pianificare è necessario, nonostante tutto, riflessione a partire dai libri di: F. Schiaffonati (Lupetti 2021), P. Portoghesi (Marsilio, 2019), G. Piccinato (Roma-Tre Press), et al.
L. Rossi, La cartografia come spazio di vita, commento a: D. Poli, Rappresentare mondi di vita (Mimesis 2019)
C. Tedesco, Una cultura urbana che riparta dal vissuto, commento a: C. Cellamare, F. Montillo, Periferia. Abitare Tor Bella Monaca (Donzelli 2020)
M. Barzi, Indagare i margini, ovunque si trovino, commento a: J. L. Faccini, A. Ranzini, L’ultima Milano (Milano, Fondazione G. Feltrinelli 2021)
C. Mazzoleni, Riaffermare il ruolo dell'Urbanistica, Commento a: C. Doglio, Il piano aperto, a cura di S. Proli (Elèuthera 2021)
A. M. Brighenti, Il fascino discreto dell'interstizio urbano, commento a: B. Bonfantini, I. Forino, (a cura di), Urban interstices in Italy (Lettera Ventidue 2021)
R. Pavia, Il porto come soglia del mondo, commento a: B. Moretti, Beyond the Port City (Jovis 2020)
S. Sacchi, Lo spazio urbano è necessario, commento a L. Bottini, Lo spazio necessario (Ledizioni 2020)
D. Calabi, La "costituzione" degli ebrei di Roma, commento a: A. Yaakov Lattes, Una società dentro le mura (Gangemi 2021)
F. Ventura, Memoria dei luoghi ed estetica dell'Ircocervo, riflessione a partire da: G. Facchetti, C’era una volta a San Siro (Piemme, 2021) e P. Berdini, Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi 2020)
E. Scandurra, Il territorio non è una merce, commento a: M. Ilardi, Le due periferie (DeriveApprodi 2022)
A. Mela, Periferie: serve una governance coerente, commento a: G. Nuvolati, Alessandra Terenzi (a cura di), Qualità della vita nel quartiere di edilizia popolare a San Siro, Milano (Ledizioni 2021)
M. A. Crippa, Culto e cultura: una relazione complessa, commento a: T. Montanari, Chiese chiuse (Einaudi 2021)
V. De Lucia, La lezione del passato per il futuro di Roma, commento a: P. O. Rossi, La città racconta le sue storie (Quodlibet 2021)
M. Colleoni, Mobilità: non solo infrastrutture, commento a: P. Pucci, G. Vecchio, Enabling mobilities (Springer 2019)
G. Nuvolati, Una riflessione olistica sul vivere urbano, commento a: A. Mazzette, D. Pulino, S. Spanu, Città e territori in tempo di pandemia (FrancoAngeli 2021)
E. Manzini, Immaginazione civica, partecipazione, potere, commento a: M. d'Alena, Immaginazione civica (Luca Sossella 2021)
C. Olmo, Gli intellettuali e la Storia, oggi, commento a: S. Cassese, Intellettuali (il Mulino 2021); A. Prosperi, Un tempo senza storia (Einaudi 2021)
A. Bagnasco, Quale sociologia e per quale società?, commento a: A. Bonomi (a cura di), Oltre le mura dell’impresa (DeriveApprodi 2021)
R. Pavia, Le parole dell'urbanistica, commento a A. A. Clemente, Letteratura esecutiva (LetteraVentidue 2020)
G. Laino, L'Italia ricomincia dalle periferie, commento a: F. Erbani, Dove ricomincia la città (Manni 2021)
G. Consonni, La bellezza come modo di intendersi, commento a: M. A. Cabiddu, Bellezza. Per un sistema nazionale (Doppiavoce 2021)
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