Giuliano Santoro  
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IL CIBO; IL CONSUMO; IL CONFLITTO


Dialogo tra Wolf Bukowski e Nicola Fiorita



Giuliano Santoro


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Mercoledì 5 luglio 2017 Wolf Bukowski sarà con noi da Rob de Matt per Rosetta è buona come il pane insieme all’ Associazione RECUP di Milano, a Stefano Liberti, Filippo Tantillo, Edoardo Todeschini e Matteo Brambilla per parlare di cibo, del suo ruolo politico e delle narrazioni che lo riguardano.
È il 6° appuntamento del ciclo di incontri Rosetta. Un progetto culturale nomade ideato da cheFare e Casa della Cultura con Fondazione Cariplo.

Questa conversazione tra Wolf Bukowski – autore di La danza delle Mozzarelle. Slowfood, Eataly, Coop e la loro narrazione, Nicola Fiorita – presidente di Slow Food Calabria – e Giuliano Santoro è apparsa su Giap nel 2015.

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Giuliano. Sull’inserto domenicale del Sole 24 Ore dello scorso 17 maggio, Roberto Napoletano ha raccontato la sua visita all’Expo milanese. Il direttore del giornale confindustriale descrive una cena movimentata alla “Trattoria Italia”, “dove tutte le regioni del Bel Paese sono rappresentate con le loro pietanze caratteristiche e i loro chef migliori”. Dopo un piatto di trofie al pesto nell’area occupata dalla cucina ligure, l’avventore decide di “scendere a sud” limitandosi ad “attraversare la strada”. Scopre che nonostante l’orario di chiusura sia prossimo, gli osti di Sardegna e Calabria interpretano le regole in maniera più rilassata e servono ancora ai tavoli. “Mi viene da ridere, ma mi trattengo, scegliamo un piatto povero della Calabria fatto di pane duro bagnato, olive nere pomodorini e molto altro, odori contadini pieni”, scrive con un tocco di orientalismo circa le caratteristiche dei piatti e la capacità di interpretare le regole in maniera elastica dei ristoratori.

Questo editoriale coglie la questione del cibo e tutto ciò che le ruota attorno. Ormai da anni si parla ovunque di cibo: ricette nei telegiornali, nelle classifiche dei libri e nei reality show, nelle metafore dei politici. “Non c’è la crisi perché i ristoranti sono pieni”. “Nonostante la crisi abbiamo la cucina migliore del mondo”. “Dobbiamo spendere per il cibo invece che per i telefonini”. Patti della crostata per benedire riforme istituzionali. Attovagliamenti nei salotti cafonal. Alemanno che imbocca Bossi per siglare la pace della pajata del centrodestra. Renzi che ordina la pizza a domicilio a Palazzo Chigi. Conte che lascia la panchina della Juve perché la Campions League è come un ristorante da 100 euro al quale non ci si siede con pochi spicci. È tutto un magna magna. La fame e l’arretratezza dei piatti tradizionali trasloca nella vetrina ipermoderna, diventa anzi l’ultimo terreno di conquista dell’economia sulla società.

Sia chiaro: non abbiamo nessuna intenzione di diventare anoressici per combattere la bulimia che ci circonda. Ma è venuto il momento di mettere i piedi nel piatto. Attorno al comparto alimentare, alle sue dinamiche produttive e distributive come al suo immaginario e alla sua narrazione, si sta giocando una partita importantissima fatta al tempo stesso di deregulation e retorica del chilometro zero, svendita dei beni comuni, ricostruzione di identità locali e invenzione delle tradizioni. Wolf Bukowski ne La danza delle mozzarelle racconta di come Oscar Farinetti abbia recuperato un certo tipo di discorso “slow” che nasce a sinistra e nei cruciali Ottanta (anni di controrivoluzioni e di perversione del desiderio in consumo) per gettarlo in pasto da monopolista alle reti della grande distribuzione. Nicola Fiorita è un giurista, insegna all’Università della Calabria; è un narratore, membro del collettivo Lou Palanca che da poco ha sfornato Ti ho vista che ridevi, romanzo che ha molto a che fare con questi temi; è presidente di Slow Food Calabria. Li abbiamo messi a confronto per capire fino a che punto quel mondo è stato fagocitato. E allora cominciamo chiedendo loro: quanto è progredita quella che Wolf chiama “colonizzazione dello spazio semantico” della “sostenibilità” e del “territorio”? Che spazi di conflitto reale ci sono dentro questo recinto che se non fosse una parola ormai abusatissima definirei “ambivalente”? Fino a che punto la “narrazione” di Farinetti si è tramutata in “spam”, nel senso di ciarpame pubblicitario e in quello (originario) di junk food in scatola?

 


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02 LUGLIO 2017

 

 

 

 

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