Renzo Riboldazzi  
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PERIFERIE: UNA SFIDA CULTURALE E SOCIALE


F. Cognetti, D. Gambino e J. Lareno Faccini a Città Bene Comune



Renzo Riboldazzi


altri contributi:



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Mercoledì 26 maggio, alle 18, si terrà l’ultimo incontro dell’ottava edizione di Città Bene Comune dedicato alla discussione del libro di Francesca Cognetti, Daniela Gambino e Jacopo Lareno Faccini, Periferie del cambiamento. Traiettorie di rigenerazione tra marginalità e innovazione a Milano (Quodlibet, 2020). Gli autori ne discuteranno con Gregorio Arena – già professore ordinario di Diritto amministrativo all’Università di Trento –, Carlo Cellamare – professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica alla Sapienza Università di Roma – e Agostino Petrillo – professore associato di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio al Politecnico di Milano –. L’incontro – prodotto dalla Casa della Cultura di Milano e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano e patrocinato dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), dalla Società Italiana degli Urbanisti (SIU) e dalla Società dei Territorialisti e delle Territorialiste (SdT) – potrà essere seguito sul sito web o sui canali YouTube e Facebook della Casa della Cultura.

 

 

Perché questo libro

Il libro di Francesca Cognetti, Daniela Gambino e Jacopo Lareno Faccini – Periferie del cambiamento. Traiettorie di rigenerazione tra marginalità e innovazione a Milano, con contributi di Chiara Bartolozzi, Cristina Chiavarino, Erika Lazzarino e reportage fotografici di Alberto Dedè e Bruno Pulici (Quodlibet, 2020) – è molte cose insieme e può essere letto da differenti prospettive.

È prima di tutto la narrazione di alcuni quartieri di Milano. Un affresco di quelle che stancamente continuiamo a chiamare periferie e che, consapevolmente o meno, forse contribuiamo, almeno nell’immaginario collettivo, a condannare alla marginalità. C’è infatti il quartiere Adriano – raccontato da Daniela Gambino – “mai finito [e in] una condizione che – osserva – oggi più che mai deve rappresentare un’opportunità” (p. 61). C’è la zona di via Padova – riletta da Erika Lazzarino – e il suo “trovarsi aperta su una soglia in cui molto sembra ancora possibile” (p 72). Infine, c’è Corvetto – attraversato in bicicletta e restituito a noi da Jacopo Lareno Faccini – che – scrive – “non sarebbe pubblicità ingannevole” definire “a dieci minuti dal centro, a un passo dalla campagna” ovvero in una condizione ibrida dalle molteplici implicazioni. Realtà differenti. Con storie, caratteri e prospettive del tutto disomogenei che tuttavia fatichiamo a identificare, distinguere, riconoscere, se non topograficamente. Se non riconducendole a una generica condizione di perifericità che è essa stessa stigma, rifiuto, problema, distanza. Che al contrario questo lavoro, nel suo metterne in luce le molteplici sfaccettature, contribuisce a estirpare.

Questo libro è poi una riflessione più generale sulla progettualità di e per questo tipo di contesti. Una progettualità che – sostengono gli autori – non può riguardare esclusivamente la loro fisicità né venire paternalisticamente solo dall’alto. Certo – osserviamo noi – le condizioni fisiche e strutturali (per esempio, la questione della casa o quella dei servizi essenziali) non vanno trascurate perché sono l’ineludibile premessa a una vita urbana civile. E, certo, le politiche pubbliche sovralocali dovrebbero rimettere al centro della loro azione queste e altre questioni essenziali per ogni cittadino (per esempio, il tema del lavoro o quello del welfare) perché non c’è riscatto che prescinda da ciò. Tuttavia, è ormai condivisa a livello politico e culturale – ed è questo che sostengono con convinzione gli autori – la necessità di attivare processi di rigenerazione urbana più sofisticati, capaci di mobilitare “elementi materiali e immateriali [ovvero, tanto] la dimensione dei legami sociali e delle modalità con cui una persona diviene risorsa all’interno di una esperienza sociale inclusiva e proattiva [quanto] – scrive Francesca Cognetti – la dimensione dello spazio che diviene un ‘addensatore’ di diverse mansioni, funzioni, significati, alimentando nuove forme di vita ed economia comune” (p. 154). In altri termini, gli autori paiono voler offrire un contributo a quella lunga tradizione di riflessione critica sul rapporto tra spazio e società che – soprattutto negli ambiti dell’urbanistica, della sociologia, dell’antropologia ma anche nella cultura del diritto, dell’amministrazione o della politica – ha messo radici profonde in grado di generare nuovi germogli utili all’interpretazione del presente. Questo nella prospettiva di far emergere con rinnovata chiarezza la dimensione “relazionale della spazialità, che esprime l’idea che la natura dello spazio è legata alle configurazioni sociali e a come esse mutano nel tempo” (p. 19).

Questo libro è infine un ragionamento sulla ricerca e sulla produzione di conoscenza. Da questo punto di vista, va premesso che il lavoro muove dal e ha preso forma nell'ambito programma di intervento sulle periferie milanesi Lacittàintorno di Fondazione Cariplo. Si tratta cioè di una ricerca precisamente situata e – come premettono gli autori nell’introduzione al volume – per certi versi strumentale ovvero pensata “per essere di supporto alla realizzazione di azioni promosse dai diversi protagonisti” (p. 10) del programma. Tuttavia, pur non trattandosi di uno sforzo che abbia avuto il proposito di definire “una ricetta che possa essere prescritta uguale ovunque, che possa essere applicata a tutte le periferie” (p. 11), richiama non pochi elementi di riflessione di carattere più generale sulla necessità della ricerca, sui suoi approcci culturali, sui possibili modi di praticarla e sulla produzione di conoscenza ovvero: sul contributo che ricerca, cultura e conoscenza possono oggi dare tanto alla soluzione di un problema che esonda ampiamente da quello affrontato nello specifico quanto alla maturazione di una coscienza collettiva come leva per il riscatto dei luoghi considerati e di quelli che percorrono analoghe traiettorie.

In particolare, l'obiettivo degli autori è stato quello di praticare una ricerca “fortemente ancorata alle specificità locali” (p. 16). Ma soprattutto quello di produrre una conoscenza fondata anche sui saperi diffusi, quelli di cui è intrisa la cultura degli abitanti dei territori considerati e che – a saperla leggere come Cognetti, Gambino e Lareno Faccini hanno provato a fare – traspare anche dalla loro fisicità (gli edifici in uso e quelli abbandonati, gli spazi pubblici, le infrastrutture, i vuoti urbani). Saperi che spesso le discipline della città e del territorio disdegnano o, nel loro riferirsi a teorie astratte, non sanno o non possono cogliere. “L’ambizione – scrive Francesca Cognetti – è stata quella di poter alimentare, attraverso lo scambio e il mutuo-apprendimento, un bagaglio ampio di ‘competenze territoriali’ e quindi la possibilità di rafforzare le capacità di protagonismo locale all’interno di ambiti di rigenerazione urbana” (p. 17). Una conoscenza che – chiosa Cognetti – ravviva “il senso di appartenenza che nomina luoghi e legami, le pratiche d’uso che tracciano significati e interdipendenze territoriali, le percezioni che attribuiscono significati e raccontano proiezioni, le progettualità che propongono vocazioni, ristabiliscono centralità e orientano i flussi” (p. 19). Insomma, un lavoro di analisi e interpretazione della realtà dalla grana fine. Capace di far emergere aspetti che abitualmente sfuggono o almeno sono spesso sfuggiti alle normali analisi urbanistiche di stampo novecentesco. Ma soprattutto volto alla produzione di una conoscenza condivisa capace, se la si ascolta, di orientare una progettualità aperta a un differente futuro.

 

Qualche elemento di discussione

Il libro suscita non poche riflessioni e qualche interrogativo sul quale pare necessario riflettere. Di seguito proviamo a esplicitarne alcuni come elemento di discussione.

Primo. Non c’è dubbio che immaginare una qualsiasi forma di progetto, di idea di futuro, per qualsivoglia contesto con un approccio “in grado di intercettare e sostenere con intelligenza quanto già il territorio esprime nella quotidianità e l’esperienza dei luoghi, spesso a partire da progettualità esistenti e da processi in corso, quindi anche da vocazioni e da immaginari” (p. 156) esistenti sia un modo efficace per garantirne il successo, la concreta attuazione, l’aderenza ai contesti fisici e sociali. La storia del Novecento è ricca di esempi di piani, non solo urbanistici, mossi dalle migliori intenzioni che, anche per la loro incapacità di intercettare ciò che le realtà locali esprimevano, si sono rivelati per molti versi fallimentari. Tuttavia – a giudizio di chi scrive – va considerato con attenzione il fatto che frequentemente ciò che i contesti locali più problematici esprimono sono forme di adattamento se non vere e proprie strategie di sopravvivenza più che progettualità per un futuro a lungo termine per i singoli o la collettività nel suo insieme. Va considerato il fatto che non necessariamente ciò che viene “dal basso” – espressione che andrebbe abolita dal nostro lessico – è la soluzione migliore per i problemi di cui soffrono determinati contesti. Non sono infrequenti i casi in cui richieste e/o desiderata degli abitanti – utilizzo questo termine dei cui limiti dirò dopo – di contesti analoghi a quelli presi in considerazione vanno poco oltre il soddisfacimento di problemi contingenti senza intaccare davvero le criticità sostanziali che riguardano determinati ambiti urbani e quanti li abitano.

Secondo. Chi sono gli abitanti? Chi può dirsi, oggi, davvero abitante di città, paesi o campagne interessate da city users, flussi migratori, lavoratori stagionali o temporanei, singoli o famiglie che con una certa frequenza cambiano lavoro, scuola, città, nazione? E come conciliare i processi partecipativi con quella condizione tipica della società contemporanea evidenziata da Gabriele Pasqui – nel suo La città, i saperi, le pratiche (Donzelli, 2018) di cui abbiamo discusso proprio qui nel 2019 – ovvero quella del 'pluralismo radicale' che – sostiene lo stesso Pasqui – è "il tema oggi decisivo non soltanto per chi voglia leggere e interpretare la città, ma anche per chi voglia progettarla e governarla" (p. 8). E, non ultimo, come assumere in tali processi anche i diritti dei futuri abitanti, ovvero delle future generazioni, e di quanti – legittimamente – non vogliono o non possono partecipare?

Terzo. Nel promuovere “una più stabile relazione tra iniziative dall’alto e azioni degli attori locali” (p. 161) come evitare i rischi – giustamente sottolineati da Francesca Cognetti – di una periferia che si configura come “territorio in cui si depositano azioni in forma frammentata, senza la possibilità di convergere all’interno di una strategia di rigenerazione urbana”? (p. 161). Come evitare che ciò diventi l’alibi per non affrontare alcune ineludibili questioni strutturali, prima tra tutte quella della casa? E, in tutto ciò, come avvalersi laicamente di quel patrimonio di saperi depositato nelle discipline vocate ai temi della città, del territorio, dell’ambiente, del paesaggio e della società in tutte le loro possibili declinazioni?

Renzo Riboldazzi


© RIPRODUZIONE RISERVATA

21 MAGGIO 2021

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
2021: programma/1,2,3,4
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021:

R.R., L'Urbanistica italiana si racconta, introduzione al video: E. Bertani (a cura di), Autoritratto di Alberto Magnaghi (Casa della Cultura 2020)

S.Saccomani, La casa: vecchie questioni, nuove domande, commento a: M. Filandri, M. Olagnero, G. Semi, Casa dolce casa? (il Mulino, 2020)

G. Semi, Coraggio e follia per il dopo covid, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei Sociologi e delle Sociologhe dell’Ambiente e del Territorio sulle Città e le Aree Naturali del dopo Covid-19, (Ledizioni, 2020)

R. Riboldazzi, Per una critica urbanistica, introduzione a: Città Bene Comune 2019 (Ed. Casa della Cultura, 2020)

M. Venturi Ferriolo, Contemplare l'antico per scorgere il futuro, commento a: R. Milani, Albe di un nuovo sentire (il Mulino, 2020)

S. Tagliagambe, L'urbanistica come questione del sapere, commento a: C. Sini, G. Pasqui, Perché gli alberi non rispondono (Jaca Book, 2020)

G. Consonni, La coscienza di luogo necessaria per abitare, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

E. Scandurra, Nel passato c'è il futuro di borghi e comunità, commento a: G. Attili – Civita. Senza aggettivi e senza altre specificazioni (Quodlibet, 2020)

R. Pavia, Roma, Flaminio: ripensare i progetti strategici, commento a: P. O. Ostili (a cura di), Flaminio Distretto Culturale di Roma (Quodlibet, 2020)

C. Olmo, La diversità come statuto di una società, commento a: G. Scavuzzo, Il parco della guarigione infinita (LetteraVentidue, 2020)

F. Indovina, Post-pandemia? Il futuro è ancora nelle città, commento a: G. Amendola (a cura di), L’immaginario e le epidemie (Mario Adda Ed., 2020)

G. Dematteis, Il territorio tra coscienza di luogo e di classe, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

M. Ruzzenenti, Una nuova cultura per il bene comune, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei sociologi e delle sociologhe dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19 (Ledizioni, 2020)

F. Forte, Una legge per la (ri)costruzione dell'Italia, commento a: M. Zoppi, C. Carbone, La lunga vita della legge urbanistica del '42 (didapress, 2018)

F. Erbani, Casa e urbanità, elementi del diritto alla città, commento a: G. Consonni, Carta dell’habitat (La Vita Felice, 2019)

P. Pileri, Il consumo critico salva territori e paesaggi, commento a, A. di Gennaro, Ultime notizie dalla terra (Ediesse, 2018)

 

 

 

 

 

 

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