Marcello Balbo  
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TRASPORTI: PIÙ INFORMAZIONE, PIÙ DEMOCRAZIA


Commento al libro di Marco Ponti



Marcello Balbo


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È stato pubblicato già da qualche mese ma credo che non molti lo abbiano visto. Un po’ perché edito da una casa editrice di non grandissima diffusione, un po’ perché con le sue nette prese di posizione sul TAV, l’autore ha fatto storcere il naso a molti. Invece, l’ultimo libro di Marco Ponti, Grandi operette. L'analisi costi-benefici e la disinformazione strategica (Piemme, 2019), va letto eccome, per quello che racconta su diverse grandi opere realizzate o progettate nel nostro paese in maniera a dir poco approssimativa – genere operetta, appunto - e che l’autore conosce da vicino per avervi partecipato come esperto/consulente/valutatore. Ma ancor di più va letto per quanto ci dice sulla disinformazione di cui, mi permetto di sospettare, tutti soffriamo rispetto a questioni che, di fatto, ci toccano comunque da vicino. Questioni che riguardano non solo la spesa pubblica, cioè i soldi dello Stato e dunque nostri (1), ma rappresentano scelte e decisioni destinate a durare per tempi lunghi, nella maggior parte dei casi molto lunghi, incidendo in modo profondo se non addirittura determinando il futuro del paese. E in un periodo in cui corre l’idea che saremo inondati di soldi regalati dall’Europa – che invece, come ovvio, non regalerà proprio nulla – essere informati e tenere aperti gli occhi per sapere su che basi verrà decisa l’allocazione dei soldi del Recovery Fund, è doveroso per chi viene dopo di noi che di quelle scelte si troverà a godere dei benefici, o a subire i guasti.

Ma torniamo alle “Grandi operette”. Il libro, non lungo, scritto in maniera discorsiva al limite del fastidioso per chi da un economista si aspetta una scrittura severa e anche un po’ noiosa, ma spesso proprio per questo divertente, si articola sostanzialmente in tre sezioni: la prima è la più importante, perché “spiega” come stanno delle cose che al lettore medio sfuggono, legittimamente perché non se ne può occupare in maniera specifica. La seconda esamina esempi di grandi opere realizzate in Italia e in giro per il mondo, molte delle quali l’autore conosce di prima mano per avervi partecipato appunto in veste di consulente: volendo, la si può anche saltare perché non aggiunge molto all’essenza delle pagine precedenti, ma scorrerla è utile perché mette in chiaro come la politica si lascia facilmente attirare dal richiamo che le grandi opere hanno su chi vota, o chi fa votare. L’ultimo capitolo indica una serie di passaggi che sarebbe meglio fare per rispondere alla domanda di mobilità di oggi, in così rapido cambiamento, rispetto a quello che si sta pensando di fare. Proporre con un certo dettaglio cosa sarebbe bene fare non è consueto, perché esporsi al giudizio è operazione rischiosa.

Il libro dunque “spiega” che quando si parla di come spendere i soldi, quelli pubblici perché i privati i conti li fanno con attenzione, occorre avere chiaro di cosa si parla, una cosa piuttosto ovvia ma che in Italia è assai poco praticata. Nel caso dei trasporti, è scritto, succede che:

1. quello che si muove da un luogo all’altro è tutt’altra cosa rispetto a quello che era tempo fa, quando l’Italia era un paese che si andava industrializzando mentre oggi è un paese con produzioni a ben più elevato valore aggiunto e consumi “sofisticati”;

2. di conseguenza non è cambiato solo il cosa, ma è cambiato anche il dove vanno merci e persone, non più da origine a destinazione, ma da origini a destinazioni;

3. un cambio di vocale con un enorme impatto sulle caratteristiche della mobilità, che oggi è in massima parte da luoghi sparsi nel territorio (o nel mondo) a luoghi sparsi nel territorio (o nel mondo), per capirci una mobilità sul modello Amazon o FedEx, principalmente urbana/metropolitana, su distanze brevi ma con la necessità – per le merci ma non solo - di arrivare a destinazione in tempi rapidi e certi;

4. ne deriva che i modi della mobilità hanno effetti diversi su utenti e non utenti dei diversi sistemi di trasporto, cioè sui vantaggi o gli svantaggi che si generano per ciascuno, dunque su quanto costano, su chi li paga e su chi ne trae i maggiori vantaggi.

Occorre dunque chiedersi se affermazioni correnti, e di sicura presa, siano sufficientemente fondate su elementi di prova e chiedersi se chi le fa è davvero a conoscenza di quello di cui sta parlando. Ponti mostra (dimostra) come molto spesso, nel settore dei trasporti, questo non sia (stato) il caso e come molte delle scelte fatte negli anni siano state guidate da ragioni del tutto diverse da quelle che avrebbero dovuto esserne alla base.

Sotto questo profilo, le pagine su come in questi decenni sono state prese decisioni di grande peso finanziario, economico, territoriale e sociale nel campo sia del “ferro” che della “gomma” sono assai istruttive, anche se non sorprendono. Scelte prive di alcuna analisi seria delle condizioni, delle alternative, delle prospettive, dei costi, quelli di costruzione e quelli di manutenzione, oppure su analisi improbabili per sostenere la bontà di investimenti – sempre con soldi pubblici – a dir poco discutibili ma fatti invece senza una vera discussione. Un capitolo intero del libro è riservato all’analisi costi/benefici, metodo di valutazione certamente per diversi aspetti non del tutto soddisfacente, ma che impone quanto meno di dichiarare, quantificandolo, il cosa il come e soprattutto il per chi, in modo che lo si possa capire e eventualmente discutere. Come sappiamo, nulla di tutto ciò ha mai davvero accompagnato la progettazione delle grandi opere pubbliche nel nostro paese.

Il libro è dunque ben più di una riflessione sui trasporti, è un richiamo a come dovrebbe funzionare la democrazia, cioè decisioni assunte in modo informato e quindi consapevole. È l’illustrazione di come invece nel nostro paese la presa di decisioni così rilevanti avvenga sulla base di una ben scarsa e spesso nulla informazione. Il testo ne offre una dimostrazione sconcertante, a riprova che nella gran parte dei casi chi decide sono solo pochi, che sanno molto, mentre “la maggior parte non sa nulla, e molti sanno meno di nulla” (Brennan, 2016), cioè l’opposto di quello che De Tocqueville pensava dovesse essere la democrazia, “il potere di un popolo informato”.

C’è un postulato in particolare, un’espressione divenuta quasi un mantra, che lascia interdetti per la sua evidente inconsistenza. Il libro spiega come sullo “spostare sul ferro”, indiscutibile e indiscusso assioma quando si parla delle modalità di trasporto da privilegiare e degli investimenti con cui occorre accompagnarle, ci sia invece di che interrogarsi. Perché, chiarisce il libro, “il ferro” non è più in grado di rispondere efficacemente a una domanda di mobilità multi-spostamenti e segmentata come quella di oggi, perché non porta vantaggi rilevanti in termini ambientali, non attenua la congestione nelle aree urbane dove si concentra la gran parte degli spostamenti, sussidia passeggeri che non hanno né titolo né ragione, e perché costa moltissimo senza generare affatto l’occupazione che viene sbandierata. Quando si fanno investimenti sulla ferrovia occorrerebbe tenere conto di questi scarsi o nulli vantaggi che essa offre al trasporto di cose e persone. Purtroppo invece la direzione di marcia appare essere inevitabilmente ancorata alla “tradizione” o, meglio, agli interessi di sempre. Sono stati appena aperti i cantieri per l’Alta Velocità tra Brescia e Verona (e poi Padova) – caso cui sono dedicate specificamente alcune pagine del libro mostrando come sia un enorme spreco, basato su valutazioni a essere benevoli errate, a pensar male su “studi truffaldini”. Addirittura è stata appena annunciata la realizzazione dell’AV tra Roma e Pescara per un costo stimato oggi a 6,5 miliardi, un’infrastruttura a detta dei politici locali destinata, ça va sans dire ma soprattutto senza conti, a essere inevitabilmente sorgente di prosperità e felicità per tutti gli abruzzesi. Chissà, forse quei soldi potrebbero essere spesi per interventi più utili, o per lo meno si potrebbero valutare alternative e provare a misurare gli effetti.

Insomma, aiutati da chi di questi temi si occupa da tempo, si capisce che ciò che presiede ai modi della presa di decisione nel settore dei trasporti è la “privatizzazione e concentrazione di potere nella sfera di formazione dell’opinione” che caratterizza le democrazie moderne (non solo la nostra) di cui parla Nadia Urbinati (2016). In tal modo, ai cittadini viene inevitabilmente ridotta se non preclusa la possibilità di avere voce effettiva sulle scelte della politica.

Nel campo dei trasporti dunque, il rapido avanzare delle tecnologie dell’informazione, data analytics, intelligenza artificiale, cui si aggiunge la mobilità elettrica, sta già producendo cambiamenti profondi sui modi degli spostamenti: oggi Amazon, carsharing, Uber, droni autonomi, ma domani – non dopodomani – auto senza conducente, robot per le consegne automatizzate, autobus elettrici a guida autonoma e modulare (il sistema NEXT per esempio, progettato da un giovane italiano e già adottato a Dubai per la prossima Expo), fino all’ancora piuttosto futuribile ma non troppo Hyperloop, il “treno” superveloce su cui da qualche tempo lavora Tesla (McKinsley, 2019). Innovazioni che da un lato configurano scenari del tutto nuovi per come funzioneranno le città (Riggs, 2019), dall’altro pongono l’urgenza di ripensare completamente il rapporto tra settore pubblico e trasporti, visto che i dati generati e usati dal software del digitale, come sappiamo in mano agli operatori privati, rischia di far perdere il controllo dell’hardware, la città appunto, al pubblico.

Con tutti i problemi di controllo che inducono, e quindi di potere di cui godono i controllori (Vitanen, Kingston, 2013), vi sono pochi dubbi che le nuove tecnologie si estenderanno su terreni sempre più ampi, con enormi ricadute anche nei modi di intendere e usare le città (Ratti, Claudel, 2016). Auto elettrica, guida autonoma, droni, Internet delle Cose (IoT) e totale interconnessione delle informazioni da un lato, con l’urgente necessità di nuove norme, nuovi servizi, financo nuove architetture; dall’altro ancora e sempre autostrade, aeroporti, ferrovie, soprattutto se superveloci. Il libro indica un insieme di questioni da affrontare perché nel nostro paese la mobilità possa funzionare in maniera più efficiente, e soprattutto più equa, mentre la politica rimane tenacemente ancorata a immaginari superati, quasi antichi. Nessuna costruzione di scenari a medio e lungo termine, non un piano complessivo – pure in passato qualcuno era stato tentato –, paura di smontare monopoli e forme corporativistiche nel trasporto di persone come quello per le merci (dalle Ferrovie dello Stato ai taxi urbani) consolidatisi nel tempo e che oggi ostacolano nuove tipologie di servizi, nessuna sollecitazione a ripensare come deve funzionare la catena di decisioni tra Stato Regioni e Comuni (metropolitani, in primo luogo). Sullo sfondo c’è sempre l’idea che le scelte, in infrastrutture, forme del servizio offerto e relativi costi devono guardare a utenti e contribuenti, non ai conti delle imprese di costruzione e delle società di gestione.

Meno sorprendente, perché di italica tradizione, ma forse ancora più sconfortante il fatto che gli investimenti in infrastrutture di trasporto continuino a essere annunciate nel genere berlusconiano di Porta a Porta, senza la benché minima valutazione di priorità, utilità, effetti, costi. Operette, appunto, purtroppo.

Marcello Balbo

 

 

Note
1) Si deve leggere anche il libro di Barbero e Giavazzi, Salvare Venezia, ripubblicato di recente (BUR 2020), sul MOSE e su come per trent’anni e più siamo stati trattati noi contribuenti.

 

Bibliografia
J. Brennan, Against Democracy, Princeton University Press, 2016
A. De Tocqueville, De la démocratie en Amérique, 1835
McKinsey Center for Future Mobility, The Future of Mobility is at our doorstep, December 19, 2019
E. Musk, Hyperloop Alpha (PDF), su SpaceX, 12 agosto 2013. URL consultato l’8 ottobre, 2020
C. Ratti, M. Claudel, The city of tomorrow: Sensors, networks, hackers, and the future of urban life, 2016 - Yale University Press (trad. It. La città di domani. Come le reti stanno cambiando il futuro urbano, Einaudi, ebook, 2017)
W. Riggs (ed.), Disruptive Transport. Driverless cars, transport innovation and the sustainable city of Tomorrow, Routledge, Abington and New York, 2019
N. Urbinati, Democrazia sfigurata, Il popolo tra opinione e verità, Milano, UBE, 2016
J. Viitanen,, R. Kingston, Smart cities and green growth: Outsourcing democratic and environmental resilience to the global technology sector. Environment and Planning, 46(4), 2013

 

 

 

N.d.C. - Marcello Balbo, già professore ordinario di Urbanistica all’Università Iuav di Venezia, è titolare della cattedra Unesco ‘Social and Spatial Integration of International Migrants: Urban Policies and Practice’ presso lo stesso ateneo. È stato coordinatore di progetti di ricerca e consulente nell’ambito di progetti di pianificazione in Afghanistan, Cambogia, Eritrea, Somalia e America Latina. Il master Iuav U-RISE ‘Rigenerazione urbana e innovazione sociale’, di cui è stato a lungo responsabile scientifico, lo ha portato più di recente a occuparsi anche di temi più attinenti il nostro paese.

Tra i suoi libri: (a cura di), International migrants and the city (UN-Habitat, 2005); (a cura di), La città nei PVS. Sviluppo e inclusione sociale (Cleup, 2009); Social and spatial inclusion of international migrants (Iuav - Ssiim Unesco, 2009); (a cura di), Médinas 2030: scénarios et stratégies (L’Harmattan, 2010); (a cura di), The Medina: the restoration and conservation of historic Islamic cities (I.B.Tauris, 2012); (a cura di), Migrazioni e piccoli comuni (FrancoAngeli, 2015).

Per Città Bene Comune ha scritto: Disordine? Il problema è la disuguaglianza (7 settembre 2018); ‘Politiche’ o ‘pratiche’ del quotidiano? (8 marzo 2019).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

06 NOVEMBRE 2020

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
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- cultura urbanistica:
 
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2015: online/pubblicazione
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2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
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F. C. Nigrelli, Senza sguardo territoriale la ripresa fallisce, commento a: A. Marson (a cura di), Urbanistica e pianificazione nella prospettiva territorialista (Quodlibet, 2019)

G. Pasqui, La Storia tra critica al presente e progetto, commento a: C. Olmo, Progetto e racconto (Donzelli, 2020)

F. Lazzari, Paesaggi dell'immigrazione in Brasile, commento a: D. Rigatti, E. Trusiani, Architettura e paesaggio in Serra Gaúcha (Ed. Nuova Cultura, 2017)

F. de Agostini, De carlo e l'ILAUD: una lezione ancora attuale, commento a: P. Ceccarelli (a cura di), Giancarlo De Carlo and ILAUD (Fondazione Ordine Architetti Milano, 2019)

P. O. Rossi, Modi (e nodi) del fare storia in architettura, commento a C. Olmo (a cura di), Progetto e racconto (Donzelli, 2020)

A. Mela, La città e i suoi ritmi (secondo Lefebvre), commento a: H. Lefebvre, Elementi di ritmanalisi, a cura di G. Borelli (Lettera Ventidue, 2019)

P. Baldeschi, La prospettiva territorialista alla prova, commento a: A. Marson (a cura di), Urbanistica e pianificazione nella prospettiva territorialista (Quodlibet, 2019)

C. Magnani, L'architettura tra progetto e racconto, commento a: C. Olmo, Progetto e racconto (Donzelli, 2020)

F. Gastaldi, Nord vs sud? Nelle politiche parliamo di Italia, commento a: A. Accetturo e G. de Blasio, Morire di aiuti (IBL, 2019)

R. Leggero, Curare l'urbano (come fosse un giardino), commento a: M. Martella, Un piccolo mondo, un mondo perfetto (Ponte alle Grazie, 2019)

E. Zanchini, Clima: l'urbanistica deve cambiare approccio, commento a: M. Manigrasso, La città adattiva (Quodlibet, 2019)

A. Petrillo, La città che sale, commento a: C. Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

A. Criconia, Pontili urbani: collegare territori sconnessi, commento a: L. Caravaggi, O. Carpenzano (a cura di), Roma in movimento (Quodlibet, 2019)

F. Vaio, Una città giusta (a partire dalla Costituzione), commento a: G. M. Flick, Elogio della città? (Paoline, 2019)

G. Nuvolati, Città e Covid-19: il ruolo degli intellettuali, commento a: M. Cannata, La città per l’uomo ai tempi del Covid-19 (La nave di Teseo, 2020)

P. C. Palermo, Le illusioni del "transnational urbanism", commento a: D. Ponzini, Transnational Architecture and Urbanism (Routledge, 2020)

V. Ferri, Aree militari: comuni, pubbliche o collettive?, commento a: F. Gastaldi, F. Camerin, Aree militari dismesse e rigenerazione urbana (LetteraVentidue, 2019)

E. Micelli, Il futuro? È nell'ipermetropoli, commento a: M. Carta, Futuro. Politiche per un diverso presente (Rubbettino, 2019)

A. Masullo, La città è mediazione, commento a: S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

P. Gabellini, Suolo e clima: un grado zero da cui partire, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

M. Pezzella, L'urbanità tra socialità insorgente e barbarie, commento a: A. Criconia (a cura di), Una città per tutti (Donzelli, 2019)

G. Ottolini, La buona ricerca si fa anche in cucina, commento a: I. Forino, La cucina (Einaudi, 2019)

C. Boano, "Decoloniare" l'urbanistica, commento a: A. di Campli, Abitare la differenza (Donzelli, 2019)

G. Della Pergola, Riadattarsi al divenire urbano, commento a: G. Chiaretti (a cura di), Essere Milano (enciclopediadelle
donne.it, 2019)

F. Indovina, È bolognese la ricetta della prosperità, commento a: P. L. Bottino, P. Foschi, La Via della Seta bolognese (Minerva 2019)

R. Leggero, O si tiene insieme tutto, o tutto va perduto, Commento a: M. Venturi Ferriolo, Oltre il giardino (Einaudi, 2019)

L. Ciacci, Pianificare e amare una città, fino alla gelosia, commento a: L. Mingardi, Sono geloso di questa città (Quodlibet, 2018)

L. Zevi, Forza Davide! Contro i Golia della catastrofe, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

G. Pasqui, Più Stato o più città fai-da-te?, commento a: C.Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

M. Del Fabbro, La casa tra diritto universale e emancipazione, commento a: A. Tosi, Le case dei poveri (Mimesis, 2017)

A. Villani, La questione della casa, oggi, commento a: L. Fregolent, R. Torri (a cura di), L'Italia senza casa (FrancoAngeli, 2018)

P. Pileri, Per fare politica si deve conoscere la natura, commento a: P. Lacorazza, Il miglior attacco è la difesa (People, 2019)

W. Tocci, La complessità dell'urbano (e non solo), commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

S. Brenna, La scomparsa della questione urbanistica, commento a: M. Achilli, L'urbanista socialista (Marsilio, 2018)

L. Decandia, Saper guardare il buio, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia (Donzelli 2018)

 

 

 

 

 

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