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CUSTODIRE LA BELLEZZA INSIEME
Commento al libro di Gregorio Arena
Gianmario Demuro
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Quello di Gregorio Arena – I custodi della bellezza. Prendersi cura dei beni comuni. Un patto per l’Italia fra cittadini e istituzioni (Touring Club Italiano, 2020) – è un libro militante per la cittadinanza attiva, un libro sussidiario che fornisce “gli strumenti tecnici per diventare custodi attivi, alleati delle pubbliche amministrazioni nella cura dei beni pubblici” (p.18). Il punto di attacco del testo si riferisce alla copiosa letteratura sulla democrazia partecipativa nella gestione dei beni comuni, una letteratura che si muove dal filosofo Jon Elster e arriva sino al premio Nobel Elinor Ostrom che, tra i tanti esempi di beni comuni, si riferisce proprio ad alcune esperienze di autogoverno di comunità di cittadini che affrontano la tragedia dei beni comuni (come la definiva Hardin nel 2009) che, in virtù dell’assenza di una proprietà privata, favorisce l’incuria collettiva. Per superare la tragedia Arena affronta i fallimenti del mercato del bene pubblico argomentando lungo l’asse concettuale che distingue e collega i beni pubblici ai beni comuni che, reciprocamente, si rafforzano.
Il libro ha poi un progetto educativo e rievoca alla nostra memoria l’impostazione politica di Aldo Moro, che introdusse l’educazione civica come educazione alla legalità e alla circolazione stradale. Non sorprenda questo riferimento, per Aldo Moro l’educazione civica è lontana dalla differenza di classe e ignora le carriere; pertanto, l’idea che la cittadinanza attiva muova dalla conoscenza degli strumenti utili e (inevitabilmente) complessi porta con sé la necessità che debbano essere insegnati, come si insegna a riconoscere i cartelli stradali. Il progetto educativo del libro non ricostruisce, solamente, la dottrina in materia, ma propone consigli pratici per garantire lo sviluppo della “democrazia diffusa” trovando una sintesi tra la democrazia rappresentativa e la democrazia diretta. I cittadini attivi sanno attraversare una strada e possono coinvolgere la comunità e lavorare insieme alle amministrazioni locali, gli interessi non sono divergenti, ma convergono verso la tutela di un bene collettivo. Si tratta pertanto di una sorta di manuale di educazione civica delle amministrazioni con i cittadini.
Il libro ha, anche, una concezione della Democrazia come democrazia diffusa nella cittadinanza multilivello: un libro pluridimensionale. Guarda infatti alla dimensione dei problemi dal livello europeo, fino a livello comunale; si diventa cittadini attivi anche rispetto alla scala in cui si affrontano dei problemi. Questa dimensione dell’educazione, intesa come cittadinanza multilivello, rappresentativa della democrazia diffusa, si muove anche nella prospettiva di una educazione alla differenza.
Un libro che aiuta a esercitare il diritto alla resistenza, rievocando le definizioni proprie del diritto medievale del resistere al tiranno. E ci aiuta a capire che il tiranno di oggi siamo noi stessi in questa fase di dissipazione dei beni comuni. L’educazione all’istruzione ci serve per dire che attraverso la comunità non si è soli davanti a questi cambiamenti. Il testo di Arena, in particolare, educa le persone a stare insieme. L’elemento del libro che chiama le persone a stare insieme per garantire un bene comune, in particolare, interviene in una delle tragedie proprie dell’attuale contesto storico, che consiste nella profonda solitudine e nell’assenza. Un tempo si sarebbe detto a fare insieme delle cose per un’idea politica, ma ormai non è più ravvisabile tale attitudine negli ultimi tempi. Per cui l’istruzione passa per una cittadinanza attiva definendo le parole chiave: poter nominare bene le cose e gli strumenti è importante per garantire il diritto ad esistere in una comunità.
È, infine, un libro di materiali per l’insegnamento e aiuta a sperimentare la cittadinanza attiva.
In sintesi, la grande valorizzazione della sussidiarietà orizzontale nell’articolo 118 della Costituzione è sancita dalla Corte costituzionale solo nel 2020 con la sentenza n. 236 e passa comunque dall’assunzione di responsabilità individuale; detta assunzione costituisce un aspetto molto critico perché uno dei problemi della responsabilità individuale è quello di riconoscere quest’idea di democrazia diffusa che sarebbe dovuta già essere delle istituzioni comunali, sulla base della idea di democrazia locale. Le autonomie costituiscono sicuramente un valido esempio di democrazia partecipata, ma rispetto al regime delle garanzie delle autonomie ci sono ancora molteplici profili critici. Se la democrazia diffusa passa attraverso l’educazione, il rispetto della diversità è garanzia della tutela dei diritti che supporta al contempo l’idea dei doveri, allora ci sono alcuni esempi che sintetizzano e possono essere raccontati come esempi virtuosi: in particolare le esperienze regolamentari del Comune di Trento ci dicono che comuni e cittadini possono lavorare insieme.
La cittadinanza attiva diventa così plurale e pluri-territoriale, e può affrontare i problemi di rapporto tra il singolo e l’autorità pubblica e le attività dell’amministrazione. Le esperienze e gli scenari descritti nel libro (e direttamente vissuti dall’autore) inducono la riflessione sul superamento della consolidata distinzione tra Stato-comunità e Stato-apparato e sulle nuove forme di partenariato. Sotto il primo aspetto, la gestione dei beni comuni supera questa distinzione e valorizza la dimensione dello Stato-comunità, formata da cittadini animati da senso civico e spirito di servizio, che decidono di assumersi direttamente iniziative e attività normalmente considerate proprie dello Stato-apparato, diventando gestori diretti di beni tradizionalmente considerati pubblici.
Nondimeno, si sugella una nuova dimensione relazionale, non più ancorata alla gestione del bene pubblico mediante lo strumento dell’affidamento, strumento di partenariato pubblico-privato, ma si propende per partenariati pubblico-pubblico, tra amministrazione e comunità. “Quando i cittadini attivi si prendono cura di un bene pubblico, intorno a quel bene si crea una comunità. Ed è questa comunità che, assumendosi la responsabilità della cura di un determinato bene pubblico, lo trasforma con la sua azione in bene comune” (pag. 33). È così che nasce la “società della cura”, costruita su un’alleanza tra istituzioni e cittadini attivi “che va considerata come orgogliosa espressione di cittadinanza” (pag. 39) e che produce una serie di altri effetti positivi in grado, in questo momento gravissimo per la nostra collettività, segnata dalla pandemia, di rendere plausibile e auspicabile un “Patto per la ripresa tra cittadini e istituzioni” fondato sulla cura dei beni comuni” (pag. 45).
Un libro, dunque, per ritrovare la bellezza dei beni comuni e rifondare la comunità che li amministra.
Gianmario Demuro
N.d.C. – Gianmario Demuro, professore Ordinario di Diritto Costituzionale del Dipartimento Giurisprudenza dell’Università degli studi di Cagliari, dirige presso lo stesso ateneo il master “Mulitilevel Governance: integrated public policies” e coordina il dottorato di ricerca in Scienze giuridiche. È stato assessore degli Affari Generali della Regione Sardegna, membro del Direttivo dell’Associazione dei costituzionalisti italiani e ha insegnato alla John Marshall Law School di Chicago. Autore di numerose pubblicazioni si è occupato, in particolare, del funzionamento del sistema delle fonti normative, dell’integrazione europea nella tutela dei diritti fondamentali, della ripartizione tra i livelli di governo delle competenze in materia ambientale.
Tra i suoi scritti: Le delegificazioni. Modelli e casi (Giappichelli, 1995); Convenzioni costituzionali e fasi di transizione (AV, 1999); Il ruolo delle regioni nel processo annuale di delegificazione e di semplificazione normativa (AV, 1999); Subordinated legislation as a mean of statutory interpretation (AV, 1999); Verso nuovi rapporti tra diritto comunitario e diritto interno. Il principio di eguaglianza come parametro delle discriminazioni a rovescio di origine comunitaria (AV, 1999); Regole costituzionali non scritte tra diritto ed altre scienze (Giappichelli, 2002, 2003); a cura di, Le politiche pubbliche europee (ESI, 2004); a cura di, L'autonomia positiva. Proposte per un nuovo Statuto della Sardegna (Aìsara, 2007); Costituzionalismo europeo e tutela multilivello dei diritti. Lezioni (Giappichelli, 2009); a cura di, con William B.T. Mock, Human rights in Europe. Commentary on the charter of fundamental rights of the European Union (Carolina Academic Press, 2010); con Francesco Mola e Ilenia Ruggiu, a cura di, Identità e autonomia in Sardegna e Scozia (Maggioli, 2013); con Roberto Louvin, Emilio Lussu, Emile Chanoux : la fondazione di un ordinamento federale per le democrazie regionali (Le Château, 2017); con Giovanni Coinu e Francesco Mola, a cura di, La specialità sarda alla prova della crisi economica globale (Edizioni scientifiche italiane, 2017); con Marco Betzu e Pietro Pinna, Lineamenti di diritto costituzionale della Regione Sardegna (Giappichelli, 2020).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R. © RIPRODUZIONE RISERVATA 15 LUGLIO 2021 |
CITTÀ BENE COMUNE
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