Giulia Setti  
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CHE FINE HA FATTO L'UTOPIA FORDISTA A TORINO?


Commento al libro curato da Eloy Llevat Soy e Luis Martin



Giulia Setti


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Il volume Mass Production makes a Better World! Che fine ha fatto l’utopia fordista nella Torino contemporanea?, curato da Eloy Llevat Soy e Luis Martin e pubblicato per i tipi di LetteraVentidue nel 2020, prende in prestito il famoso slogan pronunciato durante i lavori del World Social Economic Planning nel 1931 per provare a esplorare e descrivere il lascito dell’utopia fordista nella città di Torino. I materiali raccolti e descritti in questo volume sono l’esito di un lungo percorso di ricerca (1) dove Torino è la protagonista di racconti, letture e immaginari che mostrano le tracce dell’utopia fordista nella più grande company-town italiana e provano, al contempo, a trasformarle in materiale di progetto. È una ricerca ricca e densa di elaborati, di carte interpretative e dati che riassumono, con grande efficacia, l’attualità e la necessità di lavorare sui ciò che la produzione di massa ha portato, e poi lasciato, a Torino, sull’eredità e sulle ricadute che il cambiamento delle forme di produzione ha messo in luce. Questo lavoro serve a comprendere, con più chiarezza, come sono mutati i processi produttivi e, quindi, come possiamo utilizzare oggi le infrastrutture, gli spazi e le strutture sociali ereditate dal fordismo. Il volume si inserisce in un solco di ricerche e studi sul tema del rapporto tra produzione, città e architettura (2) che, nel corso degli ultimi anni, ha sviluppato riflessioni teoriche e progettuali osservando criticità e crisi del passato industriale ma descrivendo, al contempo, nuove rinascite e una propensione al recupero e alla trasformazione di luoghi destinati alla grande produzione.

Il volume è diviso in tre sezioni, Tracce, Disaccordi e Inseguire la legacy, composte ciascuna da diversi saggi, di cui parleremo in seguito, e da un’interessante sezione iniziale chiamata Torino, 2020 che raccoglie una serie di informazioni quantitative sullo stato attuale dello scenario torinese che vanno dal numero di imprese attive alla propensione all’export di Torino, fino a una raccolta di dati sulla variazione della popolazione che rilevano la contrazione di giovani e l’aumento degli anziani, allineandosi a una tendenza comune in quasi tutte le metropoli italiane. Sono dati interessanti perché, posti a premessa del volume, evidenziano come la Torino del 2020 rappresenti una realtà complessa che non può essere vista soltanto in un’ottica univoca di “declino”. La sintesi dei dati raccolti mostra uno scenario più instabile, dove si coglie una certa propensione alla crescita di attività microimprenditoriali (3) e, in parallelo, il continuo calo della grande industria.

Nella prima parte del volume (Tracce), che è anche la più ricca di contributi, sono raccolti diversi saggi che esplorano ciò che è rimasto del modello fordista del passato, colgono interessanti prospettive su ciò che ancora permane in una fase dove tutto sembra poter cambiare rapidamente. Torino è una città in contrazione, addirittura esausta come dice Agim Kërçuku nel suo saggio “Torino è per tutti o per alcuni?”, e dove emergono laceranti contraddizioni. Torino è una città che diventa più piccola, ma la sua popolazione sembra avere sempre più bisogno di spazio; contraendosi si aprono spazi liberi, vuoti, che però non sono accessibili dalle fasce più fragili della popolazione. Questo viaggio attraverso tracce e lasciti diversi esplora alcuni casi, come il quartiere ex Moi(4) o il campo di via Germagnano nei saggi di Ianira Vassallo e Matilde Cembalaio, che raccontano storie di abitare estremo. Nel caso del quartiere ex Moi la sua realizzazione si innesta in un’operazione più ampia con l’obiettivo di definire una nuova identità post-fordista della città che ha ben presto mostrato le sue fragilità. Le nuove palazzine, trasformate dopo i Giochi Olimpici, sono state abbandonate e poi, in parte, occupate. I saggi iniziali di Luis Martin e Eloy Llevat Soy provano, invece, a ricostruire le figure e le impronte del lascito fordista a Torino; lo fanno ricostruendo gli immaginari che la città ha attraversato a partire dagli anni Novanta, fino agli anni Duemila. Attraverso le carte e i disegni di questa sezione emerge, con forza, il potere della cintura produttiva torinese, la sua estensione e il rapporto con il tessuto urbano. Quella proposta dai curatori è una lettura stratigrafica del legame viscerale tra Torino e la sua eredità industriale, è molto efficace perché gli elaborati grafici costruiscono una storia parallela che si muove su piani e scale diverse e che, talvolta, intercetta il testo.

La seconda sezione del volume (Disaccordi) mette in discussione il lascito e le tracce della Mass Production che sono state descritte in precedenza, lo fa sperimentando direzioni progettuali, diverse e aperte, che discutono del cambiamento e delle ambiguità dei luoghi che sono stati produttivi in epoca fordista. Gli autori provano a interrogare Torino e il futuro prossimo dei suoi spazi produttivi, per farlo, suggeriscono ai lettori che il disaccordo e l’immaginazione siano gli strumenti che possono guidarci in quest’impresa. I saggi di questa parte prendono posizioni decise, introducono temi e strategie progettuali declinate nelle sperimentazioni e negli scenari descritti in queste pagine. L’opacità e la trasparenza, la traversée, le placche oscure, le azioni modeste o le fondazioni sono alcuni dei temi progettuali che emergono dai titoli dei saggi di Cristina Bianchetti, Ianira Vassallo, Michele Cerruti But, Chiara Sottostani, Eloy Llevat Soy, che aprono a disaccordi e a possibili e nuove forme di immaginazione. Temi che provano a descrivere l’aspetto dinamico della produzione, le fluidità che si generano nel tempo e nello spazio; sono parole che descrivono, al contempo, le azioni progettuali sviluppate nei diversi laboratori e corsi che affrontavano e studiavano la produzione e il suo lascito. Le immagini quasi disorientano, sono frammenti di progetti, di strategie urbane o, talvolta, scatti ravvicinati di capannoni e officine. In questa sezione le parole evocano possibili progetti futuri, non ancora realmente compiuti, ma che si sviluppano e crescono a partire dall’immaginazione e dalle suggestioni elaborate attraverso visioni e scenari. Sono immagini talvolta astratte, talvolta esagerate, che spingono a rimettere in discussione il lascito fordista come vero materiale progettuale.

L’ultima parte del volume (Inseguire la legacy) è una rilettura critica del modo con cui si è operato, delle scelte che sono state prese dai curatori e del modo con cui si è cercato di fare ricerca e, in seguito, di mettere a sistema il materiale raccolto e sedimentato. Lo dicono bene, in chiusura del volume, Luis Martin e Eloy Llevat Soy sintetizzando le decisioni che hanno guidato la costruzione del volume e, ben prima, la ricerca sugli spazi della produzione a Torino. Tenere molto aperto il campo delle osservazioni, usarle per produrre descrizioni dense, ricche di informazioni, talvolta anche discordanti e, infine, mantenere l’indagine strettamente ancorata al progetto. Un progetto che obbliga a guardare diversamente i lasciti del fordismo, ne individua le complessità e le debolezze. Ne esce un’immagine forse nuova di Torino, sicuramente originale, che viene studiata attraverso una prospettiva diversa, partendo dal lascito fordista e dal suo noto passato per arrivare a individuare i nuovi caratteri della produzione, dei suoi spazi e delle sue architetture oggi.

Giulia Setti



 

Note
1) Un percorso che ha coinvolto un gruppo di ricercatori, laureandi e studenti del triennio in Architettura del Politecnico di Torino.
2) Si fa riferimento a una corrente di ricerca sul tema del rapporto tra produzione e città, che ha interessato discipline diverse (urbanistica, architettura, studi sociali), e prodotto alcuni contributi significativi; in particolare, penso al gruppo di ricerca City & Production, coordinato da Cristina Bianchetti, che dal 2017 ha sviluppato diverse ricerche su questi temi.
3) Negli ultimi anni, a Torino, sono aumentate le piccole imprese con meno di 10 addetti.
4) Il MOI è il sito degli ex Mercati ortofrutticoli all’ingrosso, è stato trasformato in Villaggio Olimpico in occasione dei giochi invernali del 2006.

 

 

N.d.C. - Giulia Setti, architetto, PhD, ricercatore in Progettazione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento DAStU, Politecnico di Milano. Le sue ricerche si concentrano su temi legati sia alla dismissione e al progetto di riuso di architetture industriali e spazi della produzione, sia alle declinazioni del progetto dello spazio pubblico nella città contemporanea. Attualmente, partecipa al progetto di ricerca “Fragilità Territoriali”, coordinato dal Dipartimento DAStU – Dipartimento d’Eccellenza (2018-2022), con l’obiettivo di definire progetti e strategie in grado di rispondere alle crescenti fragilità del territorio italiano.

Tra il 2014 e il 2015 ha svolto attività didattica e di ricerca presso la School of Architecture, CEPT University, Ahmedabad (India); negli anni ha continuato a svolgere attività di ricerca organizzando workshop e seminari, studiando le declinazioni e i caratteri dello spazio pubblico informale e dell’architettura in questi contesti.

Tra il 2016 e il 2018, ha svolto attività di ricerca presso la Shanghai Jao Tong University e la Xi’an Jao Tong University coordinando attività di scambio internazionale e workshop.

Tra i suoi libri: con Michele Cerruti But, Agim Enver Kërçuku, Giulia Setti, Ianira Vassallo, Tensioni Urbane. Ricerche sulla città che cambia (LetteraVentidue, 2017); Oltre la dismissione. Strategie di recupero per tessuti e manufatti industriali (LetteraVentidue, 2018).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

04 NOVEMBRE 2021

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
2021: programma/1,2,3,4
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021:

S. Cozzolino, Jane Jacobs: un pensiero da non travisare, commento a: M.Barzi, Città e libertà (elèuthera, 2020)

F. Camerin, L'Urbanistica contrattata e la rendita, commento a: P. Berdini, Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi, 2020)

P. Castoro, Biopolitica e mondo comune, commento a: O. Marzocca, Biopolitics for Beginners (Mimesis Int., 2020)

C. Olmo, Biografia (e morfologia) di una strada, commento a: C. Barioglio, Avenue of the Americas (FrancoAngeli, 2021)

A. Calafati, Il declino di Torino: una lezione per la città, commento a: A. Bagnasco, G. Berta, A. Pichierri, Chi ha fermato Torino? (Einaudi, 2020)

A. Bonomi, Quali politiche per la città di oggi?, commento a: C. Tajani, Città prossime (Guerini, 2021)

L. Marescotti, L'Urbanistica innanzitutto, commento a: C. Sambricio, P. Ramos (a cura di), El urbanismo de la transición (Ayuntamiento de Madrid, 2019)

M. Ruzzenenti, Il territorio dopo il Covid (e prima del PNRR), commento a: A. Marson, A. Tarpino (a cura di), Abitare il territorio al tempo del Covid, “Scienze del territorio”, numero speciale 2020

R. Pavia, Le città di fronte alle sfide ambientali, commento a: Livio Sacchi, Il futuro delle città (La nave di Teseo, 2019)

C.Salone, Oltre i distretti, dentro l'urbano, commento a: C. Mattioli, Mutamenti nei distretti (FrancoAngeli, 2020)

O. Marzocca, L'ambiente dell'uomo e l'indifferenza di Gaia, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

G. Consonni, Il passato come risorsa del progetto, commento a: A. Lanzani, Cultura e progetto del territorio e della città (FrancoAngeli 2020)

F. Indovina, Urbanistica? Bologna docet, commento a: R. Scannavini, Al centro di Bologna, 1965-2015 (Costa Editore, 2020)

S. Brenna, È questa l’urbanistica che vogliamo?, Commento a: P. Berdini, Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi, 2020)

S. Moroni, Oltre la retorica dell’attivismo civico, commento a: C. Pacchi, Iniziative dal basso e trasformazioni urbane (Bruno Mondadori, 2020)

P. Pardi, Dal territorio una nuova democrazia, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

L. Carbonara, Riappropriarsi delle origini (di Mogadiscio), commento al catalogo della mostra curata da K. M. Abdulkadir, G. Restaino, M. Spina

C. Diamantini, La città nella tela del ragno, commento a: R. Keeton, M. Provost, To Built a City in Africa (nai010 publishers, 2019)

C. Petrognani e A. P. Oro, Paesaggi della pluralità, commento a: E. Trusiani et al. (a cura di), Paisagem cultural do Rio Grande do Sul, supplemento al n. 24/2021 di “Visioni LatinoAmericane”

E. Scandurra, Roma, e se non capitasse niente?, Commento a: W. Tocci, Roma come se (Donzelli, 2020)

G. Demuro, Custodire la bellezza insieme, commento a: G. Arena, I custodi della bellezza (Touring Club Italiano, 2020)

A. Casaglia, L'invenzione (e l'illusione) dei confini, commento a: L. Gaeta e A. Buoli (a cura di), Transdisciplinary Views on Boundaries (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2020)

R. Pugliese, Comporre nuove urbanità, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste (Donzelli, 2018)

L. Bonesio, Dall'uso-consumo all'uso-cura del mondo, commento a: O. Marzocca, Il mondo comune (Manifestolibri, 2019)

G. Amendola, La città è fatta di domande, commento a: A. Mazzette e S. Mugnano (a cura di), Il ruolo della cultura nel governo del territorio (FrancoAngeli 2020)

C. Bianchetti, Incoraggiare rotture e nuovi germogli, commento a: Camillo Boano, Progetto Minore (LetteraVentidue, 2020)

M. Balbo, La città pensante, commento a: A. Amin, N. Thrift, Vedere come una città (Mimesis, 2020)

G. Pasqui, La ricerca è l'uso che se ne fa, commento a: P. L. Crosta, C. Bianchetti, Conversazioni sulla ricerca (Donzelli)

R.R., L'Urbanistica italiana si racconta, introduzione al video: E. Bertani (a cura di), Autoritratto di Alberto Magnaghi (Casa della Cultura 2020)

S.Saccomani, La casa: vecchie questioni, nuove domande, commento a: M. Filandri, M. Olagnero, G. Semi, Casa dolce casa? (il Mulino, 2020)

G. Semi, Coraggio e follia per il dopo covid, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei Sociologi e delle Sociologhe dell’Ambiente e del Territorio sulle Città e le Aree Naturali del dopo Covid-19, (Ledizioni, 2020)

R. Riboldazzi, Per una critica urbanistica, introduzione a: Città Bene Comune 2019 (Ed. Casa della Cultura, 2020)

M. Venturi Ferriolo, Contemplare l'antico per scorgere il futuro, commento a: R. Milani, Albe di un nuovo sentire (il Mulino, 2020)

S. Tagliagambe, L'urbanistica come questione del sapere, commento a: C. Sini, G. Pasqui, Perché gli alberi non rispondono (Jaca Book, 2020)

G. Consonni, La coscienza di luogo necessaria per abitare, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

E. Scandurra, Nel passato c'è il futuro di borghi e comunità, commento a: G. Attili – Civita. Senza aggettivi e senza altre specificazioni (Quodlibet, 2020)

R. Pavia, Roma, Flaminio: ripensare i progetti strategici, commento a: P. O. Ostili (a cura di), Flaminio Distretto Culturale di Roma (Quodlibet, 2020)

C. Olmo, La diversità come statuto di una società, commento a: G. Scavuzzo, Il parco della guarigione infinita (LetteraVentidue, 2020)

F. Indovina, Post-pandemia? Il futuro è ancora nelle città, commento a: G. Amendola (a cura di), L’immaginario e le epidemie (Mario Adda Ed., 2020)

G. Dematteis, Il territorio tra coscienza di luogo e di classe, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

M. Ruzzenenti, Una nuova cultura per il bene comune, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei sociologi e delle sociologhe dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19 (Ledizioni, 2020)

F. Forte, Una legge per la (ri)costruzione dell'Italia, commento a: M. Zoppi, C. Carbone, La lunga vita della legge urbanistica del '42 (didapress, 2018)

F. Erbani, Casa e urbanità, elementi del diritto alla città, commento a: G. Consonni, Carta dell’habitat (La Vita Felice, 2019)

P. Pileri, Il consumo critico salva territori e paesaggi, commento a, A. di Gennaro, Ultime notizie dalla terra (Ediesse, 2018)