Fabrizio Bottini, Mario De Gaspari  
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PERIFERIE? UN LIMBO DI DISAGIO PIANIFICATO


Commento al numero monografico di "Scomodo"



Fabrizio Bottini, Mario De Gaspari


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Ogniqualvolta riemerge quello che chiamiamo, forse impropriamente, il “problema periferie”, indipendentemente dall’occasione specifica e dalla prospettiva di osservazione affiora anche la questione di come si sono formate e perché. Si ripresenta, cioè, la fortissima inevitabile interdipendenza tra quei problemi e una profonda essenza degli spazi, la loro organizzazione, la stessa anima urbana che contraddittoriamente esprimono. Questo, sia che si tratti della tragica occasione di esplosioni sociali o tragicamente terroristiche (non cambia molto da questo punto di vista) sia del più specifico esprimersi del bisogno culturale e relazionale giovanile, o ancora di questioni puntuali ma pervasive come la fortissima “domanda di città” di una generazione, come quella dei cosiddetti millennial che per la prima volta ha innescato riflessioni non episodiche o settoriali. Ed è un disagio che per molti versi accomuna periferie sia socialmente che spazialmente diverse, i cui poli estremi sono da un lato il classico quartiere popolare, spesso di iniziativa pubblica, che a cavallo tra le due guerre è il protagonista principale della crescita urbana; dall’altro lato, il suburbio giardino automobilistico, quello dell’eterna aspirazione antiurbana piccolo borghese esplosa con l’automobile di massa. Contesti divisi da questioni sia sociali che ambientali differenti ma accomunati dal disagio di un coacervo di aspirazioni che non trovano sbocco adeguato in quel contenitore.

Da qualche settimana è disponibile un importante e innovativo contributo al tema, il numero monografico della rivista «Scomodo» - prodotta collettivamente da gruppi di giovani under 25 coordinati in vera e propria redazione nazionale - dedicato a Nuove Periferie. L’evoluzione della marginalità urbana. Uno sguardo singolare che unisce una sorta di declinazione della conflittualità culturale generazionale alla ricerca delle cause, soggettive e oggettive, del sentirsi periferia e dell’esserlo vuoi nella forma fisica che in quella del protagonismo. Alla recente presentazione milanese della pubblicazione nello spazio dibattiti della Libreria Tadino, dalla discussione tra protagonisti del lavoro di scrittura e osservatori esterni sono in qualche modo emerse due possibilità di lettura di questa raccolta di testi, immagini, spunti e riferimenti: quella dell’ascolto, che individua soprattutto una espressione soggettiva di disagio generazionale, e quella del confronto diretto sulle conclusioni formalizzate nel volume, che accetta esplicitamente il conflitto generazionale di punti di vista diversi. Vorremmo qui soffermarci proprio su questa seconda prospettiva - pur senza negare legittimità e interesse della prima - provando a porci quella che in fondo è anche soggettivamente la medesima domanda dei giovani redattori e dei loro riferimenti culturali, letture, interlocutori esperti: da cosa deriva, o può derivare, questo costante disagio della periferia e del sentirsi periferici?

Proviamo qui a rispondere circoscrivendo un ambito specifico che è quello fisico del «quartiere di periferia» definito dalla crescita urbana novecentesca, anche se in realtà le riflessioni di «Scomodo» si allargano individuando altre “periferie” a nostro parere assai più soggettive al limite del puro immaginario, come le cosiddette “aree interne”, su cui preferiremmo qui sorvolare. Resta quindi il contenitore periferico classico vuoi del quartiere di espansione della città (o in alcuni contesti della inner city segregata in quel ruolo da alcuni meccanismi di trasformazione urbana), vuoi del suburbio automobilistico disperso che ne condivide molti più caratteri di quanti non si possa immaginare quando si ragiona esclusivamente in termini di aspetto esteriore o reddito. Quali sono, dunque, le radici del disagio di cui è possibile ricostruire la genesi nel formarsi di queste periferie?

Possiamo provare a rispondere a qualche domanda sul vuoto di senso della periferia attingendo aneddotticamente alla memoria di chi scrive. Un lontano viaggio a Cuba, negli anni ‘70 del pieno socialismo reale pur nella versione caraibica ancora così rimpianta da tanti. Era abitudine allora accompagnare i turisti organizzati a visitare qualche «quartiere modello» dove poi si dialogava in libertà con le famiglie indaffarate a occuparsi di faccende domestiche. Forti, le benevole ma occhiute autorità politiche, della ragionevole certezza che le famiglie avrebbero mostrato soddisfazione e riconoscenza verso il governo per il benessere assicurato in quei quartieri. A volte però, creata con qualche alchimia una certa fiducia tra la famiglia che riceveva la visita e il turista invadente, qualcosa poteva andare storto. Quello che si vedeva erano appartamenti sobri e dignitosi presentati con un certo orgoglio in quartieri persi in mezzo alla campagna a parecchi chilometri dalla città dove «funzionava tutto bene», certamente. Erano capifamiglia col lavoro assicurato, ragazzi con la scuola sotto casa e niente pericoli. Periodicamente, raccontava qualcuno, arrivavano persino compagnie teatrali a recitare in quelle piazze ad anfiteatro tanto frequenti nelle unità di vicinato di mezzo mondo. Emergeva però una velata tristezza specie dai racconti degli adolescenti quando capitava di ascoltarli: una vita confortevole, forse, ma di sicuro di una noia mortale, sempre le stesse facce, le stesse cose, i giorni tutti uguali. Ed emergeva il grande desiderio di sperimentare la grande città, che qualcuno non aveva proprio mai visto nonostante in fondo stesse a poca distanza dal villaggio-trappola pianificato per essere periferia dello spirito. Un disagio diverso ma del tutto analogo a quello che emerge dal lavoro di «Scomodo» che indica bene perché la periferia moderna sta assumendo centralità nella ricerca artistica, culturale e diremmo esistenziale delle nuove generazioni - per esempio attraverso la grafica o la musica - in cui 'ricerca' ed 'espressione di senso' sono qualcosa di più dell'autoterapia.

In fondo le periferie pensate o percepite come tali vengono storicamente concepite come «contenitori di riproduzione forza lavoro» e si trovano dopo qualche generazione a fare da sfondo a soggetti molto diversi, affrancati sia dalla «casalinga liberata» nella Cucina di Francoforte della socialista e protofemminista Margarete Schütte-Lihotzky (in questo non diversissime dalle cugine dei sobborghi giardino «liberate» dagli elettrodomestici per diversi consumi); sia dal Modulor versione industrialista dell’Uomo Vitruviano ideale. Ma sia nel caso della casalinga che del capofamiglia lavoratore vale pur sempre l’idea della famiglia nucleare patriarcale a fungere da modello di riferimento per l’alloggio, il quartiere e la relativa periferia che si va a comporre nella logica della crescita urbana infinita novecentesca. Con la figura del “giovane”, sociologicamente nato in epoca recente e inesistente quando si definiva questa pur tramontata idea di città-società, ci ritroviamo addirittura in un limbo di disagio pianificato. Semplicemente quei luoghi, il loro spazio-tempo, la loro immagine, gli stimoli e le aspirazioni, i contenitori e i contenuti, tutto è pensato in assenza di quella specifica figura di non più bambino anagrafico aspirante adulto. Pare inevitabile, percepire allora l’inadeguatezza della qualsivoglia periferia e il disagio proprio dello starci dentro. Da qui forse, dalla perdurante illeggibilità di un eventuale progetto sociale per la città contemporanea - e non dagli errori del progetto architettonico-urbanistico come paiono continuare a ritenere in tanti, inclusi molti ascoltati riferimenti di «Scomodo» -, dovrebbe partire una riflessione costruttiva sulle ragioni del disagio e gli eventuali sbocchi delle nuove articolazioni del conflitto generazionale.

Fabrizio Bottini, Mario De Gaspari

 

 

 

N.d.C.

Fabrizio Bottini, urbanista e ricercatore indipendente, ha insegnato Urbanistica al Politecnico di Milano. È stato redattore capo di Eddyburg e ha fondato e diretto Mall - sito web in cui sono raccolti articoli, testi e documenti internazionali (spesso tradotti appositamente in italiano) sui temi della città, dell'urbanistica e degli spazi del consumo - e La Città Conquistatrice, blog di dibattito sui temi della città, del territorio, dell'ambiente.
Tra i suoi libri: (a cura di) Monza. Piani 1913-1997 (Libreria Clup, 2003); Sovracomunalità 1925-1970. Elementi del dibattito sulla pianificazione territoriale in Italia (FrancoAngeli, 2003); I nuovi territori del commercio. Società locale, grande distribuzione, urbanistica (Alinea, 2005); (a cura di) Spazio pubblico. Declino, difesa, riconquista (Roma: Ediesse 2010); La città conquistatrice. Un secolo di idee per l'urbanizzazione: antologia (Corte del Fontego, 2012).
Per Città Bene Comune ha scritto: La città è progressista, il suburbio no (26 ottobre 2017); Idee di città sostenibile (6 giugno 2019).

Mario De Gaspari, laureato in filosofia, psicologo, docente di pedagogia, è stato a lungo pubblico amministratore maturando una propria riflessione sulla crescita della città italiana in rapporto a valorizzazione immobiliare e crisi economica nel modello di sviluppo italiano.
Tra i suoi libri: Il sindaco e la città. Pioltello 1997-2004 (Libroitaliano, 2004); Il malessere della città. Finanza immobiliare e inquietudini urbane (ExCogita, 2009); Malacittà. La finanza immobiliare contro la società civile (Mimesis, 2010); La bolla immobiliare. Le conseguenze economiche delle politiche speculative urbane (Mimesis, 2011); Bolle di mattone. La crisi italiana a partire dalla città. Come il mattone può distruggere un'economia (Mimesis, 2013); La moneta d'argilla. Il mito del mattone all'origine del declino e della crisi bancaria italiana (l'Ornitorinco, 2017).
Sul sito web della Casa della Cultura ha pubblicato: Economia e mattone: parte I (28 gennaio 2016); parte II (5 febbraio 2016); parte III (14 febbraio 2016).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

03 DICEMBRE 2021

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Conferenze & dialoghi

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2021: V. Magnago Lampugnani | G. Nuvolati
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
2021: programma/1,2,3,4
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021:

M. Secchi, Spazi aperti: innovazione e banalizzazione, commento a: M. Mareggi (a cura di), Spazi aperti (Planum Publisher, 2021)

M.Vergani, Per un'etica ambientale intergenerazionale, commento a: F. G. Menga, L’emergenza del futuro (Donzelli, 2021)

R. Rossi, L'illusione di una città ideale, commento a: S. Misiani, R. Sansa, F. Vistoli, Città di fondazione (FrancoAngeli, 2020)

C. Cellamare, Cambiare le periferie ripoliticizzandole, commento a: F. Cognetti, D. Gambino, J. Lareno Faccini, Periferie del cambiamento (Quodlibet, 2020)

F. Ventura, Per una critica dei principi territorialisti, commento a: Alberto Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

F. Camerin, L'urbanistica contrattatafa bene alla rendita, commento a: Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi, 2020)

P. Castoro, Biopolitica e mondo comune, commento a: O. Marzocca, Biopolitics for Beginners (Mimesis Int., 2020)

C. Olmo, Biografia (e morfologia) di una strada, commento a: C. Barioglio, Avenue of the Americas (FrancoAngeli, 2021)

A. Calafati, Il declino di Torino: una lezione per la città, commento a: A. Bagnasco, G. Berta, A. Pichierri, Chi ha fermato Torino? (Einaudi, 2020)

A. Bonomi, Quali politiche per la città di oggi?, commento a: C. Tajani, Città prossime (Guerini, 2021)

L. Marescotti, L'Urbanistica innanzitutto, commento a: C. Sambricio, P. Ramos (a cura di), El urbanismo de la transición (Ayuntamiento de Madrid, 2019)

M. Ruzzenenti, Il territorio dopo il Covid (e prima del PNRR), commento a: A. Marson, A. Tarpino (a cura di), Abitare il territorio al tempo del Covid, “Scienze del territorio”, numero speciale 2020

R. Pavia, Le città di fronte alle sfide ambientali, commento a: Livio Sacchi, Il futuro delle città (La nave di Teseo, 2019)

C.Salone, Oltre i distretti, dentro l'urbano, commento a: C. Mattioli, Mutamenti nei distretti (FrancoAngeli, 2020)

O. Marzocca, L'ambiente dell'uomo e l'indifferenza di Gaia, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

G. Consonni, Il passato come risorsa del progetto, commento a: A. Lanzani, Cultura e progetto del territorio e della città (FrancoAngeli 2020)

F. Indovina, Urbanistica? Bologna docet, commento a: R. Scannavini, Al centro di Bologna, 1965-2015 (Costa Editore, 2020)

S. Brenna, È questa l’urbanistica che vogliamo?, Commento a: P. Berdini, Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi, 2020)

S. Moroni, Oltre la retorica dell’attivismo civico, commento a: C. Pacchi, Iniziative dal basso e trasformazioni urbane (Bruno Mondadori, 2020)

P. Pardi, Dal territorio una nuova democrazia, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

L. Carbonara, Riappropriarsi delle origini (di Mogadiscio), commento al catalogo della mostra curata da K. M. Abdulkadir, G. Restaino, M. Spina

C. Diamantini, La città nella tela del ragno, commento a: R. Keeton, M. Provost, To Built a City in Africa (nai010 publishers, 2019)

C. Petrognani e A. P. Oro, Paesaggi della pluralità, commento a: E. Trusiani et al. (a cura di), Paisagem cultural do Rio Grande do Sul, supplemento al n. 24/2021 di “Visioni LatinoAmericane”

E. Scandurra, Roma, e se non capitasse niente?, Commento a: W. Tocci, Roma come se (Donzelli, 2020)

G. Demuro, Custodire la bellezza insieme, commento a: G. Arena, I custodi della bellezza (Touring Club Italiano, 2020)

A. Casaglia, L'invenzione (e l'illusione) dei confini, commento a: L. Gaeta e A. Buoli (a cura di), Transdisciplinary Views on Boundaries (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2020)

R. Pugliese, Comporre nuove urbanità, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste (Donzelli, 2018)

L. Bonesio, Dall'uso-consumo all'uso-cura del mondo, commento a: O. Marzocca, Il mondo comune (Manifestolibri, 2019)

G. Amendola, La città è fatta di domande, commento a: A. Mazzette e S. Mugnano (a cura di), Il ruolo della cultura nel governo del territorio (FrancoAngeli 2020)

C. Bianchetti, Incoraggiare rotture e nuovi germogli, commento a: Camillo Boano, Progetto Minore (LetteraVentidue, 2020)

M. Balbo, La città pensante, commento a: A. Amin, N. Thrift, Vedere come una città (Mimesis, 2020)

G. Pasqui, La ricerca è l'uso che se ne fa, commento a: P. L. Crosta, C. Bianchetti, Conversazioni sulla ricerca (Donzelli)

R.R., L'Urbanistica italiana si racconta, introduzione al video: E. Bertani (a cura di), Autoritratto di Alberto Magnaghi (Casa della Cultura 2020)

S.Saccomani, La casa: vecchie questioni, nuove domande, commento a: M. Filandri, M. Olagnero, G. Semi, Casa dolce casa? (il Mulino, 2020)

G. Semi, Coraggio e follia per il dopo covid, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei Sociologi e delle Sociologhe dell’Ambiente e del Territorio sulle Città e le Aree Naturali del dopo Covid-19, (Ledizioni, 2020)

R. Riboldazzi, Per una critica urbanistica, introduzione a: Città Bene Comune 2019 (Ed. Casa della Cultura, 2020)

M. Venturi Ferriolo, Contemplare l'antico per scorgere il futuro, commento a: R. Milani, Albe di un nuovo sentire (il Mulino, 2020)

S. Tagliagambe, L'urbanistica come questione del sapere, commento a: C. Sini, G. Pasqui, Perché gli alberi non rispondono (Jaca Book, 2020)

G. Consonni, La coscienza di luogo necessaria per abitare, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

E. Scandurra, Nel passato c'è il futuro di borghi e comunità, commento a: G. Attili – Civita. Senza aggettivi e senza altre specificazioni (Quodlibet, 2020)

R. Pavia, Roma, Flaminio: ripensare i progetti strategici, commento a: P. O. Ostili (a cura di), Flaminio Distretto Culturale di Roma (Quodlibet, 2020)

C. Olmo, La diversità come statuto di una società, commento a: G. Scavuzzo, Il parco della guarigione infinita (LetteraVentidue, 2020)

F. Indovina, Post-pandemia? Il futuro è ancora nelle città, commento a: G. Amendola (a cura di), L’immaginario e le epidemie (Mario Adda Ed., 2020)

G. Dematteis, Il territorio tra coscienza di luogo e di classe, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

M. Ruzzenenti, Una nuova cultura per il bene comune, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei sociologi e delle sociologhe dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19 (Ledizioni, 2020)

F. Forte, Una legge per la (ri)costruzione dell'Italia, commento a: M. Zoppi, C. Carbone, La lunga vita della legge urbanistica del '42 (didapress, 2018)

F. Erbani, Casa e urbanità, elementi del diritto alla città, commento a: G. Consonni, Carta dell’habitat (La Vita Felice, 2019)

P. Pileri, Il consumo critico salva territori e paesaggi, commento a, A. di Gennaro, Ultime notizie dalla terra (Ediesse, 2018)