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URBANISTICA? RACCONTIAMOLA IN POSITIVO
Commento al libro di Alberto Clementi
Maria Chiara Tosi
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1. Il libro da fuori
Solitamente, quando inizio a leggere un libro presto attenzione all’editore e alla collana in cui il libro è collocato, riconoscendo in questi aspetti un’intenzionalità dell’autore da non sottovalutare. Il libro di Alberto Clementi – Alla conquista della modernità. L’urbanistica nella storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi – è pubblicato dall’editore Carocci ed è inserito in una collana dove sono presenti altri titoli riferiti alla città e all’urbanistica, al progetto, alle pratiche di rigenerazione e altro ancora. Tra questi libri, e questo mi pare un fatto non trascurabile, il volume più prossimo a quello in questione, sia temporalmente sia tematicamente, è quello pubblicato di recente da Pier Carlo Palermo – Il futuro dell’urbanistica post-riformista –, un volume dedicato a discutere il futuro dell’urbanistica. Palermo è uno studioso della stessa generazione di Alberto Clementi e, a partire dagli anni Novanta, i due autori si sono affiancati lungo un tratto significativo della riflessione sull’urbanistica italiana, in particolare coordinando la ricerca Itaten e dirigendo facoltà e dipartimenti di un certo prestigio a Pescara Alberto Clementi, a Milano Pier Carlo Palermo.
La concomitante presenza dei due libri nella stessa collana non mi è sembrata casuale e trovo utile sottolineare il fatto che due protagonisti della scena urbanistica degli ultimi quarant’anni hanno sentito oggi la necessità di tornare a riflettere sull’urbanistica presentando, pur in modi del tutto diversi, un possibile bilancio di cosa è stata l’urbanistica italiana in un periodo assai articolato, e al contempo sforzandosi di guardare al futuro. Su questo punto tornerò più avanti, perché l’uscita ravvicinata dei due libri mi sembra un segnale importante dei modi in cui oggi si parla di urbanistica.
2. Il libro da dentro: di quale genere si tratta? Autobiografia scientifica
Leggere il libro di Alberto Clementi mi ha messo un po’ in difficoltà, perché non si palesa immediatamente il genere a cui farlo appartenere, il registro stilistico e di scrittura utilizzato.
Procedendo nella lettura mi sono lentamente convinta che si tratti di una sorta di autobiografia scientifica. Clementi, volutamente o no, con questo libro prova ad attraversare con la sua vita di urbanista la storia del nostro paese, affrontando aspetti anche molto lontani dal campo disciplinare dell’urbanistica, ma che con esso hanno in qualche modo a che fare. Mi sembra di poter dire che ha provato a ricostruire una storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi (cito il titolo), attraversandola in prima persona, mettendo al centro la propria esperienza di urbanista, di studioso della città e del territorio, di docente universitario e ricercatore, soffermandosi sui nuclei più rilevanti di una lunga esperienza, sullo sfondo di quanto in quegli anni stava succedendo nel nostro paese.
Di fatto, l’ampio sfondo ricostruito da Alberto Clementi serve per contestualizzare alcuni momenti topici dell’urbanistica, in cui lui stesso è stato attore rilevante. La ricerca sulle periferie spontanee a Roma, le ricerche Itaten e Returb e le conseguenti interpretazioni della struttura insediativa e infrastrutturale italiana, il lavoro svolto nell’ambito della facoltà di Architettura di Pescara per la ricostruzione dei centri colpiti dal terremoto in Abruzzo, sono solo alcuni dei temi e delle occasioni di ricerca e pratica professionale in cui Clementi è stato impegnato in prima persona e che ha utilizzato come chiavi di ingresso per fornire un’interpretazione di quanto è avvenuto in quegli anni. Qui mi permetto una chiosa: mi ha fatto piacere rileggere alcuni di questi passaggi, perché in parte la mia biografia li ha incrociati: ad esempio, a Pescara durante i miei anni di dottorato, coincidenti con l’avvio della ricerca Itaten.
È una selezione molto stretta quella compiuta da Clementi. All’interno di un serbatoio molto ricco di fatti e fenomeni, ne seleziona solo alcuni e l’impressione che ne deriva è che la scelta sia stata guidata esclusivamente dalla sua biografia. In qualche modo l’urbanistica di cui ci parla guardando indietro verso il passato, retrospettivamente, è composta dalla rete di soggetti, luoghi ed eventi che lui in qualche modo ha intercettato con la sua esperienza di urbanista, durante una lunga carriera caratterizzata da diverse forme di protagonismo: professionista, ricercatore, docente, preside di Facoltà, presidente della SIU, ecc. Ovviamente, come tutte le selezioni, anche questa lascia fuori qualcosa, ed è importante fare un esercizio di ricostruzione di quanto non viene trattato nel volume, perché è proprio lo scarto, ciò di cui non si parla, la ragione che mi ha portato a considerare questo libro come una autobiografia scientifica.
La struttura narrativa utilizzata in questo volume, l’uso del racconto in cui diversi piani interpretativi si intrecciano, solleva un’altra questione assai importante, relativa all’autonomia delle vicende urbanistiche di cui Clementi ci parla nel libro rispetto alla storia del nostro paese, peraltro ricostruita con grande sforzo e dovizia di particolari. In apertura del libro, Clementi sostiene di non avere trovato fertile considerare storia interna e storia esterna come due prospettive conoscitive alternative l’una rispetto all’altra, a causa dei molti punti di contatto, al continuo rimando e alla stretta interrelazione tra le vicende dell’una e dell’altra.
Privilegiare l’analisi delle interdipendenze tra storie diverse come strada per risalire il processo di evoluzione della disciplina costituisce un approccio che avvicina questo volume ad altri libri, ben più vecchi. Si tratta di un gruppo di testi che ho incontrato a metà degli anni Ottanta durante i miei primi studi universitari: penso al libro di Marcello Fabbri L’urbanistica italiana dal dopoguerra ad oggi o a quello di Marco Romano sull’urbanistica in Italia nel periodo dello sviluppo 1945-1980 o ancora al libro di Alberto Mioni relativo alle trasformazioni territoriali in Italia nella prima età industriale. Da allora, libri con questa struttura narrativa mi sembra non siano più stati scritti.
Infatti, anche come reazione a questo approccio, in quegli stessi anni un certo atteggiamento strutturalista ha portato a cambiare registro narrativo, sollecitando l’urbanistica ad interrogarsi su sé stessa, sulle proprie inerzie e sulla capacità di mutamento. È questa intenzionalità ad avere spinto Bernardo Secchi a scrivere Il racconto urbanistico. La politica della casa e del territorio in Italia (Einaudi, 1984), argomentando la necessità di tornare a fare storia interna.
Mi chiedo quindi quali siano le ragioni e le esigenze che a distanza di quarant’anni da quei volumi hanno spinto Alberto Clementi e Pier Carlo Palermo a raccontare l’urbanistica nelle sue relazioni con il contesto socioeconomico, istituzionale e politico, inaugurando forse una nuova stagione di racconti che guardano alle idee e alle pratiche dell’urbanistica da fuori e da distante.
3. Di cosa parliamo quando parliamo di urbanistica: un intreccio tra fenomeni, pratiche, idee e strumenti
Il racconto dell’urbanistica nella storia del nostro paese proposto dal libro, traccia implicitamente una mappa dei principali temi e questioni che hanno attraversato il campo del sapere e delle pratiche relative all’urbanistica. Il testo si muove con grande disinvoltura tra il racconto dei fenomeni di trasformazione che hanno attraversato le città e i territori italiani negli ultimi 60/70 anni, le pratiche di utilizzo degli spazi, le riflessioni, le ricerche e le idee elaborate in ambito accademico, gli strumenti urbanistici elaborati per fare i conti con le nuove dinamiche urbane e territoriali, i mutamenti istituzionali e legislativi che ne sono seguiti o che hanno innescato i mutamenti. La narrazione è lineare, non stabilisce discontinuità, costruisce ponti e sinergie tra i diversi piani del ragionamento. E lo fa sia nella parte in cui ad essere ricostruite sono le vicende già trascorse, sia nell’ultimo capitolo in cui Alberto Clementi prova a delineare alcune questioni di cui l’urbanistica si dovrà occupare negli anni a venire. Di fatto, l’urbanistica che ne emerge è un po’ la sommatoria di queste diverse pratiche, un campo largo e molto articolato, di cui si fatica a definire i confini e che forse per questa ragione non consente di riconoscere inerzie e cambiamenti di uno specifico campo di saperi e pratiche.
Questo aspetto diventa particolarmente evidente nell’ultima parte del libro, laddove Clementi ci propone un elenco di questioni di cui l’urbanistica dovrà farsi carico in futuro: declino demografico, patrimonio di beni comuni da valorizzare e tutelare, città protagoniste con rinnovata contrapposizione tra città e campagna, tra poli metropolitani e rete policentrica di città intermedie. È proprio delineando queste urgenze che più debole diviene il ricorso e il riferimento agli strumenti dell’urbanistica, ai modi concreti e operativi con cui gli urbanisti dovrebbero essere in grado di intercettare le questioni che attraversano il paese.
4. In conclusione: pessimismo e incertezza
Il libro è attraversato da un discreto pessimismo ed è frequente imbattersi in frasi atte a ricordarci i treni della modernizzazione persi dagli urbanisti, il non essere stati compresi, l’essere stati accantonati e travisati. Gli aggettivi utilizzati nel testo sono prevalentemente declinati al negativo e tra le molte ombre e le poche luci caratterizzanti il fare urbanistica oggi, Alberto Clementi definisce imbarazzante l’incapacità degli urbanisti di delineare una vera e propria visione per il futuro, in sostituzione dello straordinario modello di sviluppo praticato durante i trent’anni gloriosi del dopoguerra.
In questa condizione incerta e negativa, e solo alla fine del libro, Clementi riduce la latitudine dello sguardo affermando che se gli urbanisti si limitassero a trattare l’orizzonte specifico della città e del territorio forse qualcosa di parziale e approssimativo potrebbero ancora dirlo: muovendo da logiche interne e abolendo temporaneamente la complessità degli intrecci in gioco, peraltro oggetto principale di questo libro, potrebbero cioè delineare nuovi scenari di trasformazione della città e del territorio. Scenari in cui ci si possa attuare una pianificazione collaborativa tra amministratori, investitori, cittadini e urbanisti, capace di conciliare iniziativa pubblica e privata. In cui l’urbanistica possa svolgere la funzione di common ground, in grado di favorire l’interazione tra le diverse tradizioni disciplinari, i modi d’intervento, le dimensioni simboliche alle quali è affidata la cura della città futura e il progetto delle sue trasformazioni. In cui l’urbanistica sia in grado di riaccendere le passioni, con nuove narrazioni capaci di riempire il vuoto lasciato dal fallimento del progetto della prima modernità.
Nonostante questa piccola apertura di speranza, alla fine della lettura si esce con una sovrastante sensazione di sconfitta, in cui sono pochissime le tracce di eventi positivi, di situazioni in cui tutto sommato le vicende urbane e territoriali del nostro paese siano andate nel verso giusto. Mi auguro che in futuro, sempre che ne abbia voglia e tempo, Alberto trovi l’interesse a costruire un nuovo racconto dell’urbanistica, questa volta tutto in positivo, andando alla ricerca di vicende interessanti di cui, sono sicura, anche la sua biografia scientifica è costellata.
Maria Chiara Tosi
N.d.C. Maria Chiara Tosi, professore ordinario di Urbanistica all'Università Iuav di Venezia, dirige presso lo stesso ateneo la Scuola di dottorato, coordina il dottorato in Urbanistica e il cluster di ricerca CityLab. È responsabile del doppio titolo di laurea magistrale in architettura con CAUP-Tongji University e rappresenta l’Università Iuav di Venezia nel consiglio accademico di Venice International University. Ha svolto attività di ricerca e didattica presso università italiane e straniere e ha coordinato progetti di ricerca nazionali e internazionali; ha curato, con altri, mostre alla Bi-city Biennale Shenzhen (2019), alla Biennale di Architettura di Venezia (2018), alla Shanghai Urban Space Art Season (2017 e 2015) ed è nel comitato scientifico del “Journal of Architecture and Urbanism” e dell’”e-Journal of Urban and Landscape Planning”.
Tra i suoi libri: (a cura di), La costruzione di scenari per la città contemporanea. Ipotesi e casi di studio (Iuav, 2001); con Stefano Munarin, Tracce di città. Esplorazioni di un territorio abitato: l'area veneta (F. Angeli, 2001); con Stefano Munarin (a cura di), Il progetto ambientale della città. Studi e ricerche per il PSC di Ferrara, atti del seminario tenutosi a Ferrara il 20 settembre 2002 (Il Poligrafo, 2003); con Stefano Munarin e Daniele Paccone (a cura di), Governare le trasformazioni del territorio. Strumenti, attori, procedure, atti del seminario tenutosi a Ferrara il 23 ottobre 2003 (Comune di Ferrara, 2005); (a cura di), Di cosa parliamo quando parliamo di urbanistica? (Meltemi, 2006; 2017); con Enrico Anguillari, Emanuela Bonini Lessing e Marco Ranzato, Delta landscapes. Geographies, scenarios, identities (Papiroz Publishing House, 2011); con Enrico Anguillari, Emanuela Bonini Lessing, Marco Ranzato, Delta landscape 2100 (Professional Dreamers, 2012); Toward an atlas of the european Delta landscape (LISt lab, 2013); con Stefano Munarin, Welfare space. On the role of welfare state policies in the construction of the contemporary city (LISt Lab 2014); con Cristina Renzoni (a cura di), Marzenego fiume metropolitano. Scenari di riciclo per i territori della dispersione insediativa (Aracne, 2016); con Cristina Renzoni (a cura di), Bernardo Secchi. Libri e piani (Officina, 2017); con Geoffrey Grulois e Carles Crosas (a cura di), Designing Territorial Metabolism. Barcelona, Brussels, and Venice (Jovis, 2018); (a cura di), Veneto. Temi di ricerca e azione (Mimesis, 2018); (a cura di), La laguna di Venezia. Un grande magazzino di idee e di progetti (Quodlibet, 2020); con Claudia Faraone (a cura di), Città e lavoro. Spazi, attori e pratiche della transizione tra Mestre e Marghera (Quodlibet, 2021).
Sui libri di Maria Chiara Tosi, v. in questa rubrica: Cristina Bianchetti, La ricezione è un gioco di specchi (6 ottobre 2017).
Sullo stesso libro oggetto di questo contributo, v. anche: Renzo Riboldazzi, Urbanistica? Ci vuole coraggio (12 maggio 2023), introduzione all’incontro con Alberto Clementi tenutosi alla Casa della Cultura il 17 maggio 2023; Pier Carlo Palermo, Urbanistica? Necessaria e irrilevante (14 settembre 2023).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 03 NOVEMBRE 2023 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali
ideato e diretto da Renzo Riboldazzi
prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
in redazione: Elena Bertani Luca Bottini Oriana Codispoti
cittabenecomune@casadellacultura.it
iniziativa sostenuta da:
Conferenze & dialoghi
2017: Salvatore Settis locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
2018: Cesare de Seta locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
2019: G. Pasqui | C. Sini locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
Gli incontri
Gli autoritratti
2017: Edoardo Salzano 2018: Silvano Tintori 2019: Alberto Magnaghi 2022: Pier Luigi Cervellati
Le letture
2015: online/pubblicazione 2016: online/pubblicazione 2017: online/pubblicazione 2018: online/pubblicazione 2019: online/pubblicazione 2020: online/pubblicazione 2021: online/pubblicazione 2022: online/pubblicazione 2023:
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