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UNA PERIFERIA METROPOLITANA (PRIVATA)
Commento al libro curato da A. Di Giovanni e J. Leveratto
Anna Delera
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Raccogliere in una pubblicazione la ricostruzione della complessa vicenda della nascita, dello sviluppo e delle attuali condizioni di conservazione del quartiere Satellite di Pioltello; ordinare con cura e consequenzialità gli eventi, i protagonisti, le politiche che ne hanno contraddistinto la nascita; documentare, leggere e analizzare il progetto edilizio nelle sue consistenze e nelle attuali condizioni di degrado; riportare la molteplice composizione demografica, sociale, etnica ed economica degli abitanti che vi risiedono e il complesso, e non sempre trasparente, regime proprietario e gestionale che oggi si presenta, non sono compiti facili! Il volume Un quartiere mondo. Abitare e progettare il Satellite di Pioltello (Quodlibet, 2022) curato da Andrea Di Giovanni e Jacopo Leveratto fa tutto questo e molto di più: rappresenta, infatti, uno strumento prezioso di documentazione e di ricerca multidisciplinare per chiunque dovesse intervenire (Pubblica Amministrazione e soggetti proprietari nelle loro diverse configurazioni) per intraprendere il complesso processo di riqualificazione fisica e sociale di cui il quartiere necessiterebbe.
Ma andiamo con ordine! Periferia metropolitana multiculturale privata: così Andrea Di Giovanni definisce nel suo contributo introduttivo alla pubblicazione il quartiere Satellite di Pioltello oggetto della ricerca MOST of Pioltello. Migration Over the Satellite Town of Pioltello svolta tra la primavera del 2018 e l’inverno 2020 all’interno del programma Polisocial Award 2017 del Politecnico di Milano. Oggi infatti il quartiere è, a tutti gli effetti, una periferia sociale in quanto le disuguaglianze – di chances, di possibilità di riuscita scolastica e lavorativa, di emancipazione e mobilità sociale e spaziale – (Petrillo 2018) sono al centro del suo degrado non soltanto edilizio. Costruito negli anni ’60 del secolo scorso con una densità fondiaria particolarmente elevata (36.000 m² di superficie fondiaria per 16.000 abitanti insediabili) la realizzazione dei 40 edifici di 9 piani di altezza del quartiere Satellite di Pioltello ha da subito presentato problemi e interrogativi che il trascorrere del tempo non ha che accentuato e che sono del tutto assimilabili alla stragrande maggioranza delle periferie pubbliche costruite nel dopoguerra e diffuse su tutto il territorio nazionale. Ma una differenza è significativa: in questo caso il patrimonio è privato e perdipiù con una frammentazione proprietaria elevata che ne complica gli aspetti gestionali e i macroscopici errori insediativi e progettuali si sono evidenziati da subito quando i primi residenti, le famiglie che hanno acquistato la casa, hanno iniziato ad abitare nel 1962. Un’iniziativa immobiliare di indubbio carattere speculativo posta alle porte della già congestionata città di Milano con 1833 alloggi interamente destinati alla vendita, fortemente pubblicizzata come “…quartiere modello …dotato di servizi …immerso nel verde …il vostro miglior investimento” (p. 42) e intrapresa per rispondere alla crescente domanda abitativa anche delle classi medie di immigrati provenienti dal sud del Paese in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita.
Le infelici vicende finanziarie delle diverse società debitrici che si sono succedute già nei primi anni di costruzione del quartiere, i prezzi di vendita degli alloggi poi non così vantaggiosi rispetto al mercato immobiliare nel centro del Comune di Pioltello, ma soprattutto la mancanza di collegamenti con la città e con Milano e le caratteristiche morfologiche dell’impianto insediativo – la sua alta densità e la pochezza tipologica e progettuale proposta per gli alloggi – hanno da subito comportato la vendita delle singole unità abitative da poco acquistate dai molti proprietari insoddisfatti, contribuendo ad alimentare il racconto negativo che si genererà sul nuovo quartiere. Un racconto, dunque, che evidenzia elementi gravemente negativi già alla nascita del quartiere, con i suoi edifici tutti uguali, alti 30 m e distanziati tra loro di poco più di un terzo della loro altezza non permettendo l’ingresso di sole, luce, aria negli alloggi, quasi tutti di dimensioni medio-grandi e in buona parte senza riscontro d’aria, con i locali invariabilmente organizzati rispetto ai differenti orientamenti e al loro affaccio unicamente o su strada o sui cortili interni; sistemi strutturale e impiantistico che impediscono qualsiasi flessibilità d’uso; atri d’ingresso e pianerottoli, tipici spazi collettivi caratteristici dell’abitare urbano, ridotti al minimo delle funzioni alle quali devono assolvere (l’impianto morfologico e le caratteristiche tipo-tecnologiche degli edifici sono precisamente descritte nel contributo di Jacopo Leveratto, Il quartiere e i suoi edifici: tipologie residenziali e princìpi di funzionamento degli spazi della residenza, p. 61).
Il trascorrere del tempo, le vicende descritte, le caratteristiche morfologiche, insediative ed edilizie del quartiere, oltre al suo degrado fisico, hanno fatto sì, come nei quartieri pubblici più difficili, che anche qui oggi gli abitanti insediati appartengano alle categorie di più elevata fragilità economica, etnica e sociale. Anche qui oltre il 70% dei residenti è straniero (nel Comune di Pioltello si stima che la componente straniera tra i residenti superi il 50%) in rappresentanza di oltre 50 nazionalità e anche qui, in controtendenza rispetto alla domanda diffusa di casa, i nuclei familiari sono prevalentemente numerosi, con molti bambini e frequentemente allargati a parenti e conviventi vari. Impossibile dunque quantificare il numero complessivo reale degli abitanti insediati a causa delle coabitazioni ma anche del continuo tourover, delle occupazioni senza titolo, dei subaffitti diffusi e complessivamente di un mercato informale di gestione degli alloggi ormai consolidato.
Oggi i residenti-proprietari occupano circa la metà degli alloggi. La parte restante è abitata più o meno regolarmente e legalmente. Racket, morosità diffusa dei singoli e delle diverse amministrazioni condominiali divenute proprietarie, ritardi e difficoltà nel pagamento delle rate dei mutui per coloro che si sono indebitati con le banche fanno sì che molti alloggi vengano pignorati e posti in vendita con procedimenti giudiziari senza, peraltro, trovare riscontro nelle offerte di acquisto nonostante i bassi valori posti alla base d’asta.
Considerando la possibilità di attuare tutte le azioni possibili per migliorare le condizioni sociali, economiche, lavorative e culturali degli abitanti regolari del quartiere, d’intervenire con provvedimenti adeguati per fare emergere il reale bisogno di casa di tutti coloro che oggi non sono ufficialmente residenti e di potere offrire a una buona parte degli attuali abitanti un’adeguata sistemazione abitativa altrove, sul fronte del progetto architettonico e dell’impianto morfologico si pone la domanda se sia possibile una trasformazione del quartiere per un suo riscatto positivo senza passare dalla sua totale demolizione. Ossia se sia pensabile l’attuazione di un progetto di rigenerazione urbana capace d’integrare alle problematiche sociali quelle fisiche del quartiere, come la ricerca MOST of Pioltello si era prefissata di fare, attuando interventi capaci di promuovere, attraverso la ristrutturazione edilizia, processi di riattivazione e legalizzazione del patrimonio.
Molto, a questo proposito, è proposto nel capitolo 22. Condizioni e possibilità per una riabilitazione delle situazioni abitative del quartiere Satellite di Andrea Di Giovanni (p. 197) ma credo che sia importante affiancare alla ricchezza delle letture e delle ipotesi avanzate anche dai numerosi autori del volume in rappresentanza della transdisciplinarità della ricerca svolta, anche qualche considerazione più propria della trasformazione dello spazio architettonico – aperto e abitato – riguardante l’intervento sugli edifici a partire da un pensiero progettuale forte e coraggioso che vada al di là della semplice ristrutturazione edilizia contemplando eventuali e selezionati interventi di demolizione.
Si tratterebbe, per esempio, d’intervenire sulla ridefinizione del rapporto tra spazio costruito e spazio aperto attraverso una transizione graduale verso lo spazio privato degli alloggi anche ripensando agli attacchi a terra degli edifici come elementi di mediazione per inserire attrezzature collettive e servizi in grado di caratterizzare diversamente gli edifici; di riconsiderare le esagerate volumetrie esistenti per restituire spazi aperti di maggiore respiro e favorire l’ingresso di aria, luce e sole agli alloggi; di offrire luoghi pubblici di qualità accessibili anche da un pubblico più vasto oltre che dai residenti per assicurare maggiori presenze, controllo e sicurezza; il tutto prendendo in considerazione anche alcuni interventi di demolizione là dove questa si renda necessaria per sconvenienze economiche, per la totale assenza di qualità dei manufatti edilizi o per ampliare lo spazio pubblico (Delera, 2021).
Anche per il quartiere Satellite, come per molte “periferie fragili”, è da un decennio che assistiamo al proliferare di programmi, bandi, call Ministeriali, delle Prefetture, dell’Unione Europea che elargiscono finanziamenti per progetti pilota (p. 201) sui temi del lavoro, dell’integrazione, del welfare, della fragilità abitativa, della riqualificazione edilizia e del suo adeguamento normativo. Una “pioggia” di risorse frammentate alle quali le Amministrazioni pubbliche, le cooperative sociali, il Terzo Settore accedono proponendo progetti necessariamente parziali che non riescono a incidere strutturalmente sui problemi degli abitanti, sul degrado degli edifici e degli spazi pubblici perché estranei a un disegno complessivo, a una strategia, a una visione di futuro che solo un’approfondita conoscenza dei problemi e un’adeguata documentazione delle condizioni edilizie possono restituire. E l’attività di ricerca riportata in questo volume, ricca di dati e di informazioni, rappresenta certamente una base di conoscenza approfondita e adeguata per intraprendere, invece, un progetto ampio e di maggior respiro!
Alcune sperimentazioni in tal senso sono ormai praticate in Europa da diversi anni. Si interviene sui vecchi insediamenti residenziali integrando alla riqualificazione degli aspetti tecnologici e strutturali l’adeguamento normativo ai nuovi standard; si agisce sugli involucri e sugli impianti per migliorare il comfort termico, attuare un vantaggioso risparmio energetico e ridurre le spese per gli inquilini; si propongono soluzioni tipologiche più aggiornate ai nuovi modelli abitativi modificando, spesso integralmente, l’immagine architettonica di facciata di manufatti anonimi e tutti uguali anche attraverso interventi per sottrazioni volumetriche che frammentano gli edifici e magari riducono le superfici degli alloggi o addizioni e incrementi volumetrici praticati in facciata o in copertura che invece ne aumentano le superfici o anche il numero complessivo (Druot F., Lacaton A., Vassal J. P., 2007; Forster S., 2007, 2011; A. Delera, 2014). Tutte operazioni attuate anche con lo scopo d’integrare maggiormente il complesso residenziale o l’edificio al tessuto urbano circostante rafforzandolo. Certo è che l’attuazione di progetti così importanti non può essere delegata alla frammentazione proprietaria oggi presente nel quartiere Satellite! È necessario un intervento unitario e forte capace d’integrare le questioni edilizie e ambientali con quelle sociali ed economiche; capace d’immaginare una visione futura di trasformazione attivando e mobilitando le risorse già presenti sul territorio; capace di acquisire direttamente, o di coordinare l’acquisto da parte di soggetti cooperativi del Terzo settore, degli alloggi in vendita o sottoposti alle aste giudiziarie; capace di convogliare efficacemente finanziamenti importanti in progetti che abbiano un ampio respiro; capace di assumere, direttamente o attraverso delega, la gestione futura del nuovo insediamento. Ma, come ci ricorda Gabriele Pasqui nella sua Postfazione. Quartiere Satellite: corpi e discorsi a chiusura del volume, solo una mano pubblica forte può decidere, coordinare e attuare tutto ciò! E gli esempi non mancano!
Basterebbe tornare a quanto è stato attuato alla fine del secolo scorso, in seguito alla riunificazione delle due Germanie, in Turingia nel Comune di Leinefelde (ex Germania Est). Per affrontare l’imponente calo demografico che il complesso processo di dismissione industriale e disoccupazione aveva determinato, si è concretizzato, attraverso interventi di demolizione di parti, o di interi edifici residenziali tipici delle costruzioni del regime sovietico, un complesso e imponente processo di trasformazione urbana della città abbandonata dai suoi residenti migrati verso l’ovest del Paese in cerca di nuove occupazioni. Finanziato dal governo federale di allora attraverso il programma “Ristrutturazione urbana Est”, il progetto, concluso nel primo decennio del 2000, ha cambiato integralmente l’aspetto della città inserendo nuovi servizi e attrezzature, restituendo una più alta qualità agli alloggi con spazi aperti privati, rinnovate soluzioni tipologiche e attuando importanti interventi di retrofit energetico di cui gli edifici realizzati in prefabbricazione pesante necessitavano (Forster S., 2007, 2011).
Anna Delera
Riferimenti bibliografici Delera A., 2014, Un approccio integrato per riqualificare l’abitare, in TERRITORIO, n°.71, p. 130-139, Franco Angeli, Milano Delera A., 2021, Progettare per ricostruire le periferie pubbliche procedendo “passo dopo passo”, in: E. Fontanella (a cura di), Rigenerare periferie fragili, LetteraVentidue, Siracusa Druot F., Lacaton A., Vassal J. P., 2007, Plus. La vivienda colectiva, territorio de exception, G. Gili, Barcellona. Forster S., 2007, Sudstadt Leinefelde - Stefan Forster Architekten, ARCH+, n. 184, p. 77. Forster S., 2011, Nuova vita per i vecchi quartieri popolari. Ricostruzione nel rispetto del patrimonio architettonico, in: Malighetti L.E., Recupero edilizio. Strategie per il riuso e tecnologie costruttive, I libri di Arketipo, Il Sole 24 Ore, Rimini, pp. 55-64 Petrillo A., 2018, La periferia nuova. Disuguaglianze, spazi, città, FrancoAngeli, Milano
N.d.C. – Anna Delera, architetto PhD, è professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura nei corsi di laurea triennale e magistrale della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle costruzioni del Politecnico di Milano. Conduce attività di ricerca all’interno del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani occupandosi in particolare del progetto residenziale e dei suoi aspetti innovativi, di sostenibilità e di qualità degli spazi aperti e dell’alloggio. Da alcuni anni la sua attenzione si rivolge prevalentemente alla riqualificazione delle periferie e dei quartieri residenziali pubblici. Recentemente ha ampliato i propri interessi verso le politiche della casa in affitto. Ha coordinato ricerche commissionate da Regione Lombardia, Aler Milano e Comune di Milano e partecipato a Prin, ricerche di Fondazione Cariplo e Farb.
Tra i suoi libri: Le regole del progetto. I nuovi requisiti per abitare (Maggioli, 1996; Libreria Clup 2004); Le 'case-albero' di Frei Otto (Libreria Clup, 2001); Progettazione partecipata nel quartiere San Siro a Milano. Riqualificazione sostenibile dei cortili in un quartiere di edilizia residenziale pubblica (Libreria Clup, 2004); con Ermanno Ronda, (a cura di), Quartieri popolari e città sostenibili. Gli abitanti al centro di strumenti ed esperienze di riqualificazione urbana (Lavoro, 2005); (a cura di), Ri-pensare l'abitare. Politiche, progetti e tecnologie verso l'housing sociale (Hoepli, 2009); con Gian Luca Brunetti e Ermanno Ronda, Il risparmio energetico nell'edilizia residenziale pubblica. Politiche, progetti e strumenti (Maggioli, 2011); con Francesca Cognetti (a cura di), For rent. Politiche e progetti per la casa accessibile a Milano (Mimesis, 2017); con Margherita Bernardi e Francesca Cognetti, Di-stanza. La casa a Milano in tempi di COVID 19 (LetteraVentidue, 2021); con Elisabetta Ginelli, Storie di quartieri pubblici. Progetti e sperimentazioni per valorizzare l'abitare (Mimesis, 2022).
Sui libri di Anna Delera, v. in questa rubrica: Bianca Bottero, Città VS Cittadini? No grazie (10 febbraio 2023); Gabriele Pasqui, Case pubbliche: una questione aperta (16 settembre 2022).
Sul libro oggetto di questo commento, v. anche: Chiara Merlini, L’insegnamento di un controesempio (14 settembre 2023); Agostino Petrillo, Satellite: cronaca di un fallimento (27 ottobre 2023).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R. © RIPRODUZIONE RISERVATA 08 DICEMBRE 2023 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali
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cittabenecomune@casadellacultura.it
iniziativa sostenuta da:
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2017: Salvatore Settis locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
2018: Cesare de Seta locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
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Le letture
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G. C. Maestri, Lo spazio e le forme, commento a: C. Torricelli, Dell’organizzazione dello spazio, (Nottetempo)
L. Tozzi, Milano, un'altra storia, commento a L. Tozzi, L’invenzione di Milano (Cronopio, 2023)
G. Lanza, Città (e territori) oltre l'automobile, commento a: P. Coppola, P. Pucci e G. Pirlo (a cura di), Mobilità & città. Verso una post car city (il Mulino, 2023)
L. Zevi, Verso una sacralità non convenzionale, commento a: A. I. Lima, La dimensione sacrale del paesaggio (Palermo University Press, 2023)
F. Adobati, Conoscere attraverso il progetto, commento a: E. Colonna Di Paliano, S. Lucarelli, R. Rao, Riabitare le corti di Polaggia (FrancoAngeli, 2021)
M. C. Tosi, Urbanistica? Raccontiamola in positivo, commento a: A. Clementi, Alla conquista della modernità (Carocci, 2021)
A. Petrillo, Satellite: cronaca di un fallimento, commento a: A. Di Giovanni e J. Leveratto, (a cura di), Un quartiere-mondo (Quodlibet, 2022)
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