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È un'opera terminata da qualche anno, frutto di infinite polemiche per i suoi aspetti finanziari. Stiamo parlando della Brebemi che collega la tangenziale "Est-esterna" (TEM) di Milano con la zona sud di Brescia, ma senza raccordi diretti con l'autostrada Milano-Bergamo-Brescia che corre quasi parallela e collega più direttamente le due città. La Brebemi avrebbe dovuto ripagarsi interamente con le tariffe dei pedaggi e su questa base fu messa a gara. Quando però, a lavori conclusi, risultò la necessità di supporti pubblici (causa scarso traffico e costi elevati) la gara non venne rifatta. Di questi aspetti parla nel dettaglio Anatomia di una grande opera. La vera storia della Brebemi di Roberto Cuda, Damiano Di Simine e Andrea Di Stefano (Edizioni Ambiente, 2015): un libro che da questo punto di vista pare molto ben documentato e argomentato.
La Brebemi è stata realizzata con costi economici assai superiori a quelli previsti inizialmente: 1,6 miliardi di euro circa (che diventano 2,4 se si considerano anche gli oneri finanziari), contro gli 0,7 assunti negli studi di fattibilità (diventati poi 1,2 nel 2005 a valle delle procedure di valutazione ed approvazione del progetto definitivo). Ed è un'opera che è stata realizzata considerando livelli di traffico che sono risultati assai inferiori alle previsioni: 15.000 veicoli al giorno circa effettivi nel 2015, rispetto ai 40.000 dichiarati fino a qualche tempo fa sul sito web della stessa Brebemi. Tuttavia, non possiamo dimenticare che gli aspetti finanziari, seppur importanti, non sono certo gli unici da prendere in considerazione per valutare nel suo insieme l'economicità di un'opera utile per la collettività. La prassi internazionale richiede in primo luogo analisi costi-benefici che in Italia raramente si mettono in campo. È così sorta la curiosità, anche scientifica - soprattutto per il sottoscritto che fu tra quanti effettuarono l'analisi del progetto originale - di verificare come stiano veramente le cose, tenendo conto di alcune semplici implicazioni socioeconomiche dell'opera realizzata.
Si è dunque proceduto con una sommaria ma realistica analisi costi-benefici ex post, assumendo per prudenza che il traffico attuale cresca molto poco nel tempo (+0,25% per i veicoli leggeri e +1% medio annuo per quelli pesanti). L'analisi si è basata su un collaudato modello di traffico comunemente utilizzato per la Lombardia; parametri e assunti sono invece derivati dalla manualistica della Commissione Europea (1). Gli esiti - vedi tabella riportata sotto - sono piuttosto sorprendenti: anche con costi molto più elevati di quelli previsti inizialmente e livelli di traffico veicolare inferiori alle previsioni (probabilmente a causa della sopravvenuta crisi), il risultato dell'investimento può dirsi positivo. Si tratta cioè di un investimento che genera benefici netti per la collettività. Infatti, il valore attuale netto economico (VANE) è risultato pari a 159 milioni di euro e il saggio di rendimento interno economico (SRIE) pari al 4,0%, un valore superiore alla soglia raccomandata dalla Commissione Europea (3,5%).
Le ragioni di questo risultato emergono con chiarezza: parte dei benefici deriva dalla riduzione, per quanto modesta, dei livelli di congestione sull'autostrada esistente e parallela (la A4 Milano-Bergamo-Brescia), ma soprattutto dal miglioramento dalla viabilità di accesso a Milano e Brescia. Si tratta di miglioramenti che vanno considerati e quantificati nei costi finanziari della Brebemi, anche se questi non sono riferibili a standard autostradali. Notoriamente, infatti, i costi di congestione sono una funzione esponenziale: è cioè sufficiente una modesta riduzione del traffico - nel nostro caso quello deviato sulla Brebemi - per conseguire una significativa compressione di costi per la collettività nel suo insieme, soprattutto in termini di tempo risparmiato.
Il risultato, si è detto, è positivo. Ma marginale. Migliorerebbe nettamente se assumessimo i costi economici previsti inizialmente (707 milioni di euro contro gli attuali 1.198) e il pur modesto traffico odierno. Il saggio di rendimento interno economico (SRIE) passerebbe infatti dal 4,0 all'8,7%.
Anche nel caso in cui il traffico della Brebemi non crescesse affatto, dobbiamo osservare che in ogni caso gli utenti pagherebbero i due terzi dell'opera (circa 1,5 miliardi di Euro): ci avvicineremmo così significativamente all'ipotesi iniziale secondo cui la Brebemi avrebbe dovuto ripagarsi interamente con i pedaggi. A titolo di confronto ricordiamo che gli utenti della linea dell'Alta velocità ferroviaria simmetrica alla Brebemi verso ovest, la Milano-Torino, degli 8 miliardi di costo dell'infrastruttura pagheranno circa lo 0%. Non è possibile fare un'analisi ex post di questa particolare linea ferroviaria che è costata quasi il quadruplo di una corrispondente francese. Certo vale la pena sottolineare che dopo anni di esercizio, in proporzione, è deserta non meno della Brebemi. Ha infatti un traffico di circa 40 treni al giorno contro una capacità di 330. Un "fenomenale" risultato di cui nessuno è chiamato a rendere conto. Si tratta cioè di una scelta politica di cui non si discute. Anche i media e molti ambientalisti italiani che sulla Brebemi hanno scritto fiumi di inchiostro raramente affrontano la questione in questi termini.
Immaginiamo ora uno scenario più teorico slegato dall'applicazione di criteri di tariffazione e dai cosiddetti "costi marginali" (ovvero i costi di manutenzione). Uno scenario che non assuma come essenziale il recupero dei costi di investimento dagli utenti della Brebemi, costi che rimarrebbero dunque interamente a carico della collettività. Si noti che tale prospettiva non è poi così remota: pensiamo, per esempio, a tutta la viabilità ordinaria (questo è ovvio) o a tutti gli investimenti ferroviari, anche quelli per l'Alta velocità a cui abbiamo appena fatto riferimento (il che è assai meno ovvio) (2). Anche nell'ipotesi in cui un'opera come la Brebemi fosse messa a disposizione dei suoi utenti senza il pagamento di alcun pedaggio, la comunità nel suo insieme ne avrebbe comunque un vantaggio dalla sua realizzazione. Sarebbero infatti scontati migliori risultati in termini di traffico e, di conseguenza, benefici economici netti: il saggio di rendimento interno economico (SRIE) passerebbe - eliminando solo il pedaggio - al 6,7% confermando, tra l'altro, quella teoria economica sulla tariffazione dei monopoli naturali che vorrebbe quest'ultima limitata ai "costi marginali" (quelli di manutenzione).
A chi opponesse l'osservazione che nel bilancio costi-benefici della Brebemi andrebbero conteggiati anche i costi ambientali generati dal traffico stradale basterà ricordare la recente meta-ricerca sulle esternalità effettuata dal Fondo Monetario Internazionale (3). Questa evidenzia come le imposte sui carburanti in Italia siano superiori in media a tali esternalità e che nelle tratte extraurbane (contrariamente a quelle urbane) siano inefficienti per eccesso. Un dato che, pur riferito alle tratte stradali extraurbane, appare ragionevolmente certo anche sulla base di fonti europee.
Quali conclusioni provvisorie trarre da tali inattesi risultati? Tentiamone alcune:
1. I costi di congestione sono così elevati, anche dal punto di vista ambientale, che quando vengono abbattuti si generano benefici straordinari. Ridurli puntando al cambio modale è notoriamente costosissimo e può dare luogo esclusivamente a risultati marginali (l'esperienza pluridecennale degli elevati sussidi erogati alle ferrovie e delle tasse altrettanto elevate applicate al sistema stradale lo dimostra chiaramente). Da questo punto di vista quindi, la Brebemi è un'opera tutt'altro che inutile.
2. L'attuale sistema tariffario per le autostrade non ha alcun senso economico. Questo è infatti pensato per rispondere alle esigenze finanziarie delle singole tratte, mai alla minimizzazione dei costi complessivi sopportati dalla collettività. Piuttosto, dovrebbe essere studiato per favorire l'allocazione dei diversi tipi di traffico sulla rete stradale (a pedaggio e non) nel modo più efficiente.
3. È sempre opportuno che le analisi costi-benefici siano effettuate da terze parti. Non è il caso di quella sommaria contenuta in questo commento - per questo chiedo venia e conto sulla fiducia del lettore - ma, prima di preoccuparsi della sostenibilità economica di infrastrutture di questa natura, sarebbero necessarie analisi costi-benefici comparative e trasparenti. Solo così sarebbe possibile determinare gerarchie di priorità, negoziabili democraticamente tra i vari attori della partita, pubblici e privati. È cioè necessario mettere in campo strumenti fondati su solide e incontrovertibili basi scientifiche che consentano alle parti in causa - pubblica amministrazione, operatori economici, comunità - di esprimersi laicamente e con cognizione di causa su questo e altri interventi che riguardano la città, il territorio e le risorse pubbliche.
Marco Ponti
Sintesi dell'analisi economica (valori attualizzati in ML€)
NB. Tutti i dati sono calcolati su 31 anni di esercizio e con saggio sociale di sconto pari al 3,5%. I benefici ambientali sono risultati positivi ma modesti (si riducono le percorrenze sulle strade con maggiore congestione). Bisogna poi considerare che mancano i costi ambientali in fase di costruzione, quelli relativi alla riduzione di biodiversità, ecc. legati all'opera. Si è ipotizzato allora legittimo controbilanciare queste componenti.
Note (1) Per trasparenza mi rendo disponibile a fornire i dettagli metodologici delle analisi effettuate a chi li richiedesse. (2) A rigore per ogni tipo di infrastruttura si dovrebbe prevedere il recupero per via tariffaria della quota variabile dei costi di manutenzione (i "costi marginali" appunto), ma in questa semplificazione sorvoliamo sulla questione, comunque dimensionalmente non rilevante dati i valori in gioco. (3) Cfr. M. Ponti e F. Ramella, Trasporti e ambiente: quando la tassa è giusta, "La Voce.info", 25 novembre 2014. (4) In teoria occorrerebbe valutare anche l'alternativa di tariffe di congestione sulla A4. Tuttavia, generalmente, in caso di congestione e con costi di investimento ragionevoli, ampliare le infrastrutture genera maggiori benefici netti che non limitare il traffico.
N.d.C. - Marco Ponti, già professore ordinario di Economia applicata al Politecnico di Milano, è stato consulente della Banca Mondiale, dell'OCSE e della Commissione Europea. Tra i suoi libri: con D. Calabi (a cura di), I trasporti. Raccolta di documenti politici (Iuav, 1972); con P. Fano, Il traffico urbano in Italia (F. Angeli, 1972); Il caso di Ottana (Esi, 1975); (a cura di), I trasporti e l'industria (Il Mulino, 1992); con P. Beria, Introduzione ai sistemi di trasporto (Pitagora, 2007); con P. Beria e S. Erba, Una politica per i trasporti italiani (Laterza, 2007); con S. Moroni e F. Ramella, L'arbitrio del Principe. Sperpero e abusi nel settore dei trasporti: che fare? (IBL Libri, Milano-Torino 2015).
Per Città Bene Comune ha scritto: Il paradiso è davvero senza automobili? (16 aprile 2016).
Nel testo sopra l'autore riprende una tesi sostenuta precedentemente in un articolo pubblicato su "lavoce.info" il 3 novembre 2015 con il titolo Lo straordinario risultato della Brebemi.
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 22 FEBBRAIO 2017 |