Carlo Tosco  
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IL GIARDINO TRA CULTURA, ETICA ED ESTETICA


Commento al libro di Massimo Venturi Ferriolo



Carlo Tosco


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Il nuovo libro di Massimo Venturi Ferriolo - Oltre il giardino. Filosofia di paesaggio (Einaudi, 2019) - prosegue la traccia di un lungo itinerario. Il tema del giardino ha rappresentato un confronto costante per il percorso di ricerca di un pensatore che ha sempre sondato i territori di confine tra l'estetica, il paesaggio e la filosofia della natura. Ora in poche pagine, con un testo che si offre godibile al lettore per la scrittura lucida e incalzante, Venturi Ferriolo esplora il tema del giardino guardando al futuro, ma sulla base una solida tradizione.

Tra Otto e Novecento si è consolidato un fascio di percorsi di ricerca che vedono nelle aree verdi allestite dall'uomo per il suo benessere un luogo privilegiato per esplorare gli esiti della filosofia della natura. Un tema chiave nel volume è infatti il rapporto tra natura e cultura. Il giardino è lo scenario del loro incontro, perché entrambe le componenti sono essenziali alla sua formazione. Occorre però superare la distinzione tradizionale tra natura e cultura, che ha segnato gran parte del dibattito su questi temi, e orientare il pensiero critico verso una visione più olistica, dove l'antitesi binaria e oppositiva appare ormai obsoleta. Secondo Venturi Ferriolo la cultura andrebbe ripensata all'interno della natura, come un fenomeno globale che riscopre le radici mitiche della Terra Madre "asilo dello stabile e del solido, sede della generazione" (p. 17).

Il superamento dei confini è un tema ricorrente nel libro. Gran parte delle distinzioni tradizionali, d'origine accademica e disciplinare, sono entrate apertamente in crisi negli ultimi anni. Il concetto di paesaggio sembra incrementare la sua polisemia, e autori di campi e settori scientifici molto diversi intervengono in un dibattito sempre vivo sull'identità e le forme dei paesaggi. Anche il libro di Venturi Ferriolo si pone in questa apertura e non è limitato alla filosofia e all'estetica, ma sollecita un dialogo con l'etica, con l'ecologia e con la politica. Il punto partenza è lo stato innegabile di degrado ambientale e di crisi degli ecosistemi, provocato dall'azione antropica. L'aggressione all'ambiente è un segno della perdita del senso della natura. In tale quadro critico il giardino può rappresentare la metafora di un rimedio: ritornare alla cura del proprio giardino, al senso di recupero: "Trasformare il mondo in un giardino e il giardino in un mondo" è il proposito più chiaro e programmatico che si delinea nel volume. Non è difficile rendersi conto del grado di utopica aspirazione di tale proposito, ma per Venturi Ferriolo si tratta di assumere il giardino come meta ideale, come metafora di una possibile armonia con le forze della natura. È un luogo simbolico che orienta le nostre coscienze, invita a ripensare le relazioni con le piante, gli animali e le forme biologiche, offre un modello alternativo allo sfruttamento industriale dei patrimoni naturali. Più che di utopia, si dovrebbe parlare di eutopia, di speranza di trasformazione dell'ideale in reale, della ricerca "del luogo bello e buono, desiderabile, da individuare nella terra che calpestiamo per salvaguardare l'ambiente e i paesaggi: è utopia della misura" (p. 13).

La metafora del giardino può essere efficace sul piano etico come su quello politico. Il rispetto dell'ambiente, il superamento della contrapposizione tra natura e cultura, la critica al dominio delle ragioni economiche, sono elementi che confluiscono nelle diverse forme di etica ambientale condivisa, che oggi si pone sempre di più al centro delle riflessioni sulle responsabilità collettive. Sul piano politico Venturi Ferriolo mostra attenzione verso le sperimentazioni elaborate negli ultimi anni in America Latina, che pongono al centro un rapporto rinnovato tra società e patrimonio naturale. La Costituzione di Montecristi dell'Ecuador, varata nel 2008, e quella boliviana dell'anno successivo, mostrano una grande maturità politica nella difesa dei valori di solidarietà comunitaria e di rispetto per le risorse ambientali. È possibile parlare per queste carte di una vera "ecologia costituzionale", in grado di offrire un esempio di civiltà alle altre nazioni. Alla base di questa sensibilità si riconoscono le radici indigene e pre-coloniali dell'America Latina, e Venturi Ferriolo descrive la natura archetipica di Pachamama, una divinità assimilabile alla Madre Terra "immanente protettrice (…) che si offende quando si maltrattano i suoi figli" (p. 54). La riflessione sul giardino estende quindi la sua portata e diviene una riflessione sulle politiche ambientali: sul potere degli archetipi che operano nella nostra psiche e sono in grado di orientare le scelte politiche dei popoli.

In ambito europeo invece il riferimento politico più utile è la Convenzione europea del paesaggio, firmata a Firenze nel 2000, che rappresenta un programma condiviso di politica sociale e ambientale. La Convenzione rimane ancora, in gran parte, un elenco di desiderata nelle scelte effettive dei singoli stati, ma conserva comunque la sua forza, come strumento giuridico offerto ai cittadini europei, che interessa il nostro discorso per le sue aspirazioni ideali.

In un libro di grande respiro, aperto a sollecitazioni che provengono da culture e orientamenti diversi, non è facile identificare un centro di gravitazione. È possibile però riconoscere uno sguardo privilegiato di Venturi Ferriolo, un orizzonte di riferimento che emerge come una trama continua nella lettura: l'eredità del romanticismo tedesco. I riferimenti espliciti e impliciti a quella grande stagione culturale sono continui, e s'infittiscono verso le ultime pagine. È nella Naturphilosophie romantica che vengono elaborati i concetti di base destinati a guidare la riflessione futura sul paesaggio e sul rapporto tra la dimensione ideale e quella materiale dei fenomeni naturali. La traccia più profonda è segnata da uno degli scritti teorici più fortunati di Schiller, Sulla poesia ingenua e sentimentale (Über naive und sentimentalische Dichtung), pubblicato tra il 1795 e il 1796. Sul confronto con questo saggio mi vorrei soffermare con maggiore attenzione. Con una lettura di grande capacità critica, in grado di esprimere una tensione latente negli ambienti culturali del primo romanticismo, Schiller distingue due modi di fare poesia: "Tutti i poeti che siano realmente tali, appartengono o agli ingenui o ai sentimentali". La poesia ingenua è caratteristica del mondo antico, e comporta un'immersione diretta nella natura, in un'armonia integrale e spontanea, mentre la poesia sentimentale è tipica del suo tempo, e presuppone il distacco dalla natura, la perdita d'immediatezza, la ferita dell'assenza. Con l'ascolto del sentimento il poeta romantico tenta di sanare tale distacco, la frattura generata dalla modernità, e aspira ad un ritorno alla natura nella forma dell'ideale. Si genera così una tensione, una ricerca che brama il recupero dei valori dell'arte per il rinnovamento della società. È utile ricordare che in tedesco il termine naiv è un calco del francese naïf e deriva, a sua volta, dal latino nativus, nel senso di "originario, genuino", proveniente dal luogo. La traduzione corrente "poesia ingenua" rischia quindi di essere fuorviante, mentre l'aggettivo tedesco richiama piuttosto un'idea di origine e di germinazione spontanea. Il saggio di Schiller ha l'ambizione di andare oltre il dibattito letterario coevo sulle forme dell'arte, e vorrebbe individuare due categorie dello spirito, due modi opposti di porsi di fronte alla natura e alle sue forze primigenie. La portata di questa intuizione si può misurare nella grande fortuna del piccolo trattato e negli sviluppi successivi delle sue idee, che ritroviamo in tutta la cultura tedesca tra Otto e Novecento, come nell'opposizione nietzschiana tra apollineo e dionisiaco e, ancora, nella dialettica dei Tipi psicologici di Jung.

La tensione descritta da Schiller è la stessa che si riconosce alla base del libro di Venturi Ferriolo, un autore che ha dedicato grande attenzione al romanticismo tedesco nel suo percorso di ricerca. La modernità ha perduto in modo irrimediabile la dimensione immediata e spontanea del legame con la natura, e il degrado ambientale dei nostri giorni non è che l'esito estremo di questo processo. Il giardino nella sua visione idealizzata può allora rappresentare una forma di recupero, una metafora di soccorso, estrema e fragile, ma carica di speranza. Non si tratta di una dimensione soltanto teorica e ideale, ma di un'immagine concreta che mantiene il suo fascino e continua ad emergere nella socialità, nei valori simbolici dell'etica e della politica. È significativo che il libro si concluda con un riferimento all'incontro epocale tra il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in e il dittatore nord-coreano Kim Jong-un, nell'aprile del 2018. In quell'incontro, i due capi di stato hanno piantato simbolicamente un albero della pace, in un piccolo spazio verde sulla linea di confine: il giardino continua ad essere una metafora viva nel nostro immaginario collettivo, nella politica come nell'arte.

Carlo Tosco

 

 

N.d.C. - Carlo Tosco è professore ordinario di Storia dell'architettura al Politecnico di Torino dove insegna Storia del giardino e del paesaggio. Dirige, presso lo stesso ateneo, la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio.

Tra i suoi libri: Architetture del Medioevo in Piemonte (Valerio, 2003); Il castello, la casa, la chiesa. Architettura e società nel Medioevo (Einaudi, 2003); (a cura di) con Piero Pierotti e Caterina Zannella, Il paesaggio come storia (il Mulino, 2007); Il paesaggio storico. Le fonti e i metodi di ricerca tra Medioevo ed età moderna (GLF editori Laterza, 2009); con Andrea Longhi; Architettura, Chiesa e società in Italia (1948-1978) (Studium, 2010); Petrarca: paesaggi, città, architetture (Quodlibet, 2011); I beni culturali. Storia, tutela e valorizzazione (il Mulino, 2014); L'architettura medievale in Italia, 600-1200 (il Mulino, 2016); Andare per le abbazie cistercensi (il Mulino, 2017); Il paesaggio come storia (il Mulino, 2017); Storia dei giardini. Dalla Bibbia al giardino all'italiana (il Mulino, 2018).

N.b. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

01 LUGLIO 2019

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

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Le conferenze

2017: Salvatore Settis
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2018: Cesare de Seta
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Gli incontri

- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019:

L. Padovani, La questione della casa: quali politiche?, commento a: G. Storto, La casa abbandonata (Officina Edizioni, 2018)

P. Burlando, Strategie per il (premio del) paesaggio, commento a: Paesaggio e trasformazione (FrancoAngeli 2017)

P. Pileri, Suolo: scegliamo di cambiare rotta, Commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli 2019)

A. Petrillo, Oltre il confine, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

L. P. Marescotti, Urbanistica e paesaggio: una visione comune, commento a: J. Nogué, Paesaggio, territorio, società civile (Libria, 2017)

F. Bottini, Idee di città sostenibile, Prefazione a: A. Galanti, Città sostenibili (Aracne, 2018)

M. Baioni, Urbanistica per la nuova condizione urbana, commento a: A. Galanti, Città sostenibili (Aracne, 2018)

R. Tadei, Si può comprendere la complessità urbana?, commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

C. Saragosa, Aree interne: da problema a risorsa, commento a. E. Borghi, Piccole Italie (Donzelli, 2017)

R. Pavia, Questo parco s'ha da fare, oggi più che mai, commento a: A. Capuano, F. Toppetti, Roma e l'Appia (Quodlibet, 2017)

M. Talia, Salute e equità sono questioni urbanistiche, commento a: R. D'Onofrio, E. Trusiani (a cura di), Urban Planning for Healthy European Cities (Springer, 2018)

M. d'Alfonso, La fotografia come critica e progetto, commento a: M. A. Crippa e F. Zanzottera, Fotografia per l'architettura del XX secolo in Italia (Silvana Ed., 2017)

A. Villani, È etico solo ciò che viene dal basso?, commento a: R. Sennett, Costruire e abitare. Etica per la città (Feltrinelli, 2018)

P. Pileri, Contrastare il fascismo con l'urbanistica, commento a: M. Murgia, Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi, 2018)

M. R. Vittadini, Grandi opere: democrazia alle corde, commento a: (a cura di) R. Cuda, Grandi opere contro democrazia (Edizioni Ambiente, 2017)

M. Balbo, "Politiche" o "pratiche" del quotidiano?, commento a E. Manzini, Politiche del quotidiano (Edizioni di Comunità, 2018)

P. Colarossi, Progettiamo e costruiamo il nostro paesaggio, commento a: V. Cappiello, Attraversare il paesaggio (LIST Lab, 2017)

C. Olmo, Spazio e utopia nel progetto di architettura, commento a: A. De Magistris e A. Scotti (a cura di), Utopiae finis? (Accademia University Press, 2018)

F. Indovina, Che si torni a riflettere sulla rendita, commento a: I. Blečić (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo (FrancoAngeli, 2017)

I. Agostini, Spiragli di utopia. Lefebvre e lo spazio rurale, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018)

G. Borrelli, Lefebvre e l'equivoco della partecipazione, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018); La produzione dello spazio (PGreco, 2018)

M. Carta, Nuovi paradigmi per una diversa urbanistica, commento a: G. Pasqui, Urbanistica oggi (Donzelli, 2017)

G. Pasqui, I confini: pratiche quotidiane e cittadinanza, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

 

 

 

 

 

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