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LE CITTÀ TRA MERCATO E GENTRIFICAZIONE
Commento al libro di Samuel Stein
Federico Camerin
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Il libro di Samuel Stein, Capital City. Gentrification and the Real Estate State (Verso Books 2019), è l'esito di una riflessione sulla relazione tra capitalismo, mercato immobiliare e gentrificazione nelle città americane. A partire dal caso di New York, il libro, accattivante e vivace, introduce il lettore al processo di produzione della città capitalista e, in particolare, chiarisce il ruolo del "capitale immobiliare" (il real estate capital) che Stein, senza giri di parole, definisce "Angelo della morte". Si tratta di una definizione ripresa da un articolo apparso sul quotidiano "The Forward" il 27 marzo 1911 e utilizzata per bollare l'incendio scoppiato in una fabbrica newyorkese, la Triangle Shirtwaist Factory, che aveva provocato la morte di quasi centocinquanta operai (1). Oltre cent'anni dopo, un altro incendio, questa volta a West London, causerà la morte di una settantina di persone che si trovavano all'interno di un edificio di social housing chiamato Grenfell Tower (2) e, secondo Stein, ambedue le tragedie - nonostante il tempo trascorso tra l'una e l'altra, la differenza delle situazioni e delle loro cause - avvengono in contesti edilizi che hanno un tratto in comune: quello di essere l'esito di operazioni immobiliari caratterizzate da una pervicace ricerca del profitto per la produzione-riproduzione del capitale anche a scapito delle persone, della loro vita.
A parte questo parallelo - probabilmente un po' forzato e che sicuramente richiederebbe diversi distinguo - nel libro l'autore si sofferma a lungo sulle ripercussioni negative e le contraddizioni dei modi di produzione della città capitalista. Attraverso una dettagliata analisi della situazione newyorkese Stein dimostra come l'attività immobiliare speculativa abbia ormai trasformato il cuore della città in uno spazio inaccessibile per la classe media - di cui lo stesso Stein fa parte - a causa dell'aumento vertiginoso degli affitti e del costo degli alloggi. Secondo l'autore, l'idea che tutto - compreso quel bene primario che è la casa - possa essere considerato un prodotto liberamente scambiabile sul libero mercato, alimenta un meccanismo che allontana oltremisura le città e la produzione edilizia dalle vere necessità dei singoli individui e delle comunità. In particolare, il "mercato immobiliare urbano" (urban real-estate market) - supportato dalla spinta di un capitalismo spietato e alla costante ricerca di una strategia globale di crescita economica infinita - prevale sulle esigenze non solo della fascia di popolazione meno abbiente ma, oramai diffusamente, anche su quelle della classe media, rendendo di fatto precluse parti sempre più ampie delle città (3) e dando vita a una chiara topografia sociale dove la polarizzazione sulla base dei redditi è sempre più palese.
Il valore aggiunto del libro di Stein sta anche nella riflessione sulla difficoltà da parte dell'urbanistica e della figura dell'urbanista nello svolgere il proprio ruolo nel quadro dei conflitti che insorgono nelle pratiche di governo del territorio. L'urbanista si trova infatti nel bel mezzo di una relazione conflittuale in cui gli obiettivi, contrapposti gli uni agli altri, di chi da un lato ha il solo interesse di spingere verso l'alto i valori immobiliari e quelli di chi invece vorrebbe/dovrebbe salvaguardare quelli della cittadinanza (in linea di principio, la pubblica amministrazione), ne neutralizzano l'attività. Stein osserva che nelle città americane le logiche sottese ai processi di produzione-riproduzione del capitale in ambito urbano attraverso il mercato edilizio sono arrivate ad avere un peso preponderante e, in definitiva, hanno sempre la meglio sugli interessi delle classi medie e meno abbienti facendo naufragare così ogni proposito progettuale che tenti di andare in direzione opposta. Si tratta di una una tendenza che, in realtà, ha sempre contraddistinto la "città del capitale", New York, ma che oggi in diverse metropoli degli Stati Uniti pare acuirsi col risultato che sempre più diffusamente appaiono valorizzati gli interessi di pochi - quelli degli esponenti del capitale immobiliare e finanziario, tra cui il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti Donald Trump (4) - rispetto a quelli dei cittadini e delle comunità nel loro insieme. Questo al punto che il capitale immobiliare e finanziario non manca, qui come altrove, di influenzare le scelte politico amministrative della Grande Mela che sempre più apertamente paiono assumere a paradigma i processi di gentrificazione (cap. 2: Planning gentrification). In questo caso, l'urbanista e, più in generale, l'urbanistica come disciplina che dovrebbe governare le trasformazioni della città e del territorio sembra non riuscire a far altro - come ben descritto nel terzo capitolo del libro (New York's bipartisan consensus) - che adeguarsi a decisioni politiche molto poco attente agli interessi delle collettività. È in questo frangente che ci si rende conto più chiaramente di come quella New York che per certi versi avrebbero voluto Bloomberg (sindaco in carica dal 2002 al 2012) e de Blasio (dal 2014) stia lentamente svanendo: quella che viene avanti al suo posto è una città fatta prevalentemente di residenze e uffici di un lusso sfacciato, di edifici "iconici", "di successo", con forme "globali", talvolta simili tra loro (5), la cui configurazione è affidata all'architetto di fama internazionale per attribuire alle nuove costruzioni un'immagine che possa promuovere la vendita di alloggi o uffici e soprattutto funga da deterrente a qualsiasi voce critica (6). Il libro si configura così come un riferimento significativo nell'ambito degli urban studies statunitensi nella lettura e interpretazione della metropoli contemporanea e della sua evoluzione secondo i canoni di un'economia globale che rifiuta ogni responsabilità sociale. Nonostante la crisi dei mutui subprime del biennio 2007-2008, l'economia della globalizzazione pare infatti perseguire ancora l'obiettivo di realizzare quasi unicamente "spazi di rendita" esclusivi che, in forme sempre più brutali, finiscono con l'espellere dalle città quelle fasce di popolazione che non possono permettersi una casa dai costi elevati (7).
Infine, il lavoro di Stein ci offre anche un possibile quadro di riferimento per analizzare e discutere quanto sta avvenendo nel nostro Paese dove le logiche speculative fondate sulla rendita urbana (8) sono state nel Novecento, e lo sono tuttora, uno dei fattori caratterizzanti le trasformazioni urbane e territoriali (9). Questo ha prodotto modelli amministrativi e di governo della città e del territorio fondati su rapporti squilibrati tra pubblico e privato (10) con quest'ultimo che, soprattutto negli ultimi decenni, ha guidato le scelte del settore pubblico verso interessi privatistici e sprechi edilizi (11). Una situazione che ha lasciato come eredità fenomeni di esclusione e marginalizzazione di strati sociali significativi non solo in alcune grandi città ma anche in ambiti territoriali meno sviluppati economicamente, come dimostrano certe aree interne o, più in generale, il cronico divario tra il Nord e il Sud del Paese. Al massimo, molte trasformazioni più o meno recenti - ascrivibili a pratiche di urban renewal o di urban regeneration - hanno avuto come conseguenza la realizzazione di zone che oggi si distinguono per dotazioni urbanistiche esigue, di scarsa qualità, prive di senso ed identità (12). Il libro di Stein può dunque essere utile per rinfocolare, anche qui da noi, un dibattito ampio sul modo di produzione capitalista della città, portando nuova linfa a un'urbanistica fondata su principi di uguaglianza, inclusione e civiltà (13).
Federico Camerin
Note 1) Cahan, Abraham. "The blood of the victims calls out to us." Forverts [The Forward], 27 marzo 1911, citato da Stein a pagina 1. 2) Tra cui due giovani laureati in architettura presso lo IUAV di Venezia emigrati nella capitale inglese: Marco Gottardi e Gloria Trevisan. 3) V. tra gli altri: Hall, P. 1966. The world cities. Londra: Weidenfeld and Nicolson; Harvey, D., 1985. The urbanization of capital: studies in the history and theory of capitalist urbanization. Baltimore: The Johns Hopkins University Press; Harvey, D., 1989. From managerialism to entrepreneurialism: the transformation un urban governance in late capitalism. Geigrafiska Annaler, 71 (1), 3-17; Sassen, S., 1991. The global city. Priceton University Press, Priceton; Beauregard, R. A., 1994. Capital switching and the built environment: United States, 1970-89. Environment and Planning A, 26(5), 715-732; Castells, M., 1996. The rise of the network society. Blackwell, Oxford, USA; Brenner, N., 1998. Global cities, glocal states: global city formation and state territorial restructuring in contemporary Europe. Review of International Political Economy, 5 (1), 1-37; Katz, C., 2001. Vagabond capitalism and the necessity of social reproduction. Antipode 33 (4) 709-728; Delgado, M., 2007. La ciudad mentirosa. Fraude y miseria del 'Modelo Barcelona'. Madrid: Catarata; Rossi, U., 2010. The capitalist city. In: Hutchison, R. (Ed.). Encyclopedia of Urban Studies (vol 1). Los Angeles: Sage, pp. 109-112; Charney I., 2012. The Real Estate Development Industry. In: Crane R., Weber R. (Eds.). The Oxford Handbook of Urban Planning. New York: Oxford University Press, pp.722-738; Rogers, D., 2016. The geopolitics of real estate: reconfiguring property, capital and rights. Londra-New York: Rowman & Littlefield; McNeill, D., 2017. Global cities and urban theory. Londra: Sage. 4) Vicenda analizzata nel capitolo 4 "The developer president and the private side of planning history". 5) Ne sono esempio il grattiacielo Swiss Re di Norman Foster, inaugurato nel 2004 a Londra e la "Torre Agbar" di Jean Nouvel a Barcellona del 2005. Altro esempio paradigmatico è costituito dagli edifici a forma di vela, adibiti ad hotel di lusso, sempre a Barcellona (hotel W, del 2009) e a Dubai (Burj Al Arab, del 1999). 6) Sklair, L., 2017, The icon project. Architecture, cities and Capitalist Globalization, New York: Oxford University Press. 7) V., in part., D'Eramo, M., 1999, Il maiale e il grattacielo: Chicago, una storia del nostro futuro. Milano: Feltrinelli. 8) V. anche l'ultimo interessante convegno in ordine cronologico, tenutosi presso il DICAAR di Cagliari lo scorso 22-23 marzo 2018 intitolato "Il futuro della rendita" (organizzata dallo stesso Dipartimento cagliaritano, dalla Società Italiana di Estimo e Valutazioni e dall'INU). 9) Campos Venuti G., 1993. Il regime immobiliare in Italia. In Campos Venuti G., Oliva F., a cura di, Cinquant'anni di urbanistica in Italia, Roma-Bari: Laterza, pp. 119-132. 10) Della Seta P., Salzano, E. (1993). L'Italia a sacco. Come negli incredibili anni '80 nacque e si diffuse Tangentopoli. Roma: Editori Riuniti. 11) Indovina, F., a cura di, 1972. Lo spreco edilizio. Padova: Marsilio. 12) Storchi S., a cura di, 2018, Qualificare la città, rigenerare le periferie. Parma: MUP. 13) Benevolo L., 2012. Il tracollo dell'urbanistica italiana. Roma-Bari: Laterza; Campos Venuti G., 2010. La città senza cultura. Intervista sull'urbanistica. Roma-Bari: Laterza. Oliva F., 2015. L'urbanistica italiana tra riforma e contrariforma. Ciudades, n. 18, pp. 127-142.
N.d.C. - Federico Camerin è Early Stage Researcher nell'ambito del European Joint Doctorate "urbanHist" presso l'Instituto Universitario de Urbanística di Valladolid, Departamento de Urbanismo y Representación de la Arquitectura (Spagna) e Fakultät Architektur und Urbanistik, Bauhaus-Universität Weimar (Germania).
Tra le sue pubblicazioni: con Álvarez Mora A., (2019). La herencia del urban renewal en los procesos de regeneración urbana: el recorrido Renovación-Regeneración a debate. Ciudad y Territorio. Estudios territoriales, vol. 51, n. 199, pp. 5-26; con Gastaldi F. (2018). Verso un censimento delle aree militari in Veneto. Archivio di Studi Urbani e Regionali, vol. 48, n. 123, pp. 51-75, 2018; con Gastaldi F. (2018). Italian military real estate assets re-use issues and opportunities in three capital cities. Land Use Policy, vol. 78, pp. 672-681; con Gastaldi F., (2018). Transformaciones urbanas y grandes eventos en Italia y España a partir de 1992", Ciudad y Territorio. Estudios territoriales, vol. 50, n. 196, pp. 201-216; (2018). Giuseppe Campos Venuti en el urbanismo italiano del siglo XX y los desafíos 'de austeridad' para el futuro. Investigaciones Geográficas, n. 95, 2018, pp. 1-13; (2018). La gestión de las instalaciones militares abandonadas. Dificultades y oportunidades en Italia. Bitacora Urbano Territorial, vol. 28, n. 1, pp. 159-169; con Gastaldi F., (2017). La riconversione delle aree militari dismesse: questioni irrisolte, criticità e potenzialità/The reconversion of former military sites: unresolved issues, criticality and opportunities. Urbanistica, vol. 69, n. 159, pp. 144-152; con Fabris L. M. F. (eds.) (2017). Ripartire da Bacco e Dioniso con l'aiuto di Oyamatsumi. Proposte sostenibili per la riqualificazione dell'ex caserma Trieste di Casarsa/Restarting from Bacchus and Dionysus, with the help of Oyamatsumi. Sustainable proposals for the renewal of former Trieste Barracks in Casarsa. Fossalta di Portogruaro: Lions Club Sesto al Reghena in Sylvis.
Questo testo è stato prodotto dall'autore nell'ambito del progetto European Joint Doctorate "urbanHIST", finanziato dal programma di ricerca dell'Unione Europea Horizon 2020 e dal Marie Skłodowska-Curie grant agreement No 721933.
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 22 NOVEMBRE 2019 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale
ideato e diretto da Renzo Riboldazzi
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