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Il tema della casa, che a partire dai primi anni novanta era scomparso dall'agenda pubblica, si è recentemente riproposto all'attenzione degli osservatori e delle politiche. Sono emersi all'attenzione, da un lato, l'esistenza di una vasta area di disagio abitativo grave esclusa tanto dal mercato che da un'offerta del tutto insufficiente di abitazioni pubbliche. Dall'altro, il delinearsi di una domanda nuova di qualità dell'abitare, indotta dalla mutabilità delle esigenze della vita contemporanea, che si estende al di là della mera fruizione di una casa includendo situazioni al contesto che siano in grado di favorire opportunità relazionali ed operative. Inoltre mobilità territoriale e temporaneità dell'abitare mettono in discussione la dominanza della casa in proprietà che ha tradizionalmente connotato le politiche per la casa nel caso italiano. Temi per altro presenti nel dibattito istituzionale che di recente si è sviluppato attorno alla questione delle periferie urbane e dei quartieri disagiati (1). Si tratta di cambiamenti importanti che richiederebbero sia un rilancio di una politica pubblica per la casa, sia un ripensamento radicale del senso e della concezione dell'azione pubblica. A fronte di queste consapevolezze, un aspetto che ha invece connotato il riproporsi del problema della casa in Italia è stato il manifestarsi di un'istanza forte di discontinuità rispetto alla tradizione politica, sociale, istituzionale che ha caratterizzato i periodi precedenti. Discontinuità comprensibile dato il bagaglio di insuccessi, sprechi e carenze che hanno accompagnato le politiche della casa del secondo dopoguerra, ma problematica perché motivata non tanto dall'esigenza di capire e rispondere ai mutamenti in atto nella società e di indagare sulle ragioni dell'inefficacia delle politiche che sono state messe in atto, quanto da una pulsione acritica a discostarsi dagli esiti negativi di queste politiche. È in questo senso che il libro di Giancarlo Storto, La casa abbandonata. Il racconto delle politiche abitative dal piano decennale ai programmi per le periferie (Officina Edizioni, 2018), che ripercorre quasi sessanta anni della storia del paese attraverso una lettura documentata delle politiche per la casa, delle loro potenzialità e dei loro insuccessi, si pone come un documento in controtendenza. Un testo che offre utili spunti di riflessione se l'obiettivo è quello di delineare delle politiche abitative più attente al lascito materiale (in termini di quartieri e abitazioni di edilizia pubblica) e immateriale (in termini di istituzioni, procedure amministrative e gestionali, pratiche di vita all'interno del patrimonio pubblico) che si è sedimentato nel corso del tempo. Elementi questi che si possono porre, se opportunamente indagati, come risorse utili alla definizione di nuove e più efficaci politiche abitative, o come ostacoli in un contesto di non riconoscimento o di contrapposizione.
Quello che si sviluppa nel testo è un racconto sofferto, fatto da uno studioso che si avvale delle conoscenze acquisite svolgendo per lungo tempo funzioni dirigenziali all'interno degli organismi e uffici per la casa del ministero dei Lavori Pubblici. Il libro si struttura non tanto per fasi di evoluzione delle politiche per la casa quanto attorno ad alcune tematizzazioni della questione e delle linee di intervento ritenute di rilievo e/o di più diretta osservazione da parte dell'autore. Idealmente il libro si articola in tre parti principali anche se in realtà il filo del racconto, così come si sviluppa nella successione dei capitoli, ricostruisce un percorso in negativo, un progressivo venire meno di responsabilità, impegno, capacità di costruire delle politiche abitative a partire a quello che l'autore considera l'unico momento di effettiva apertura, nel nostro paese, verso una programmazione dell'azione pubblica per la casa, creatosi a fine anni settanta con la predisposizione e adozione dell'insieme di strumenti che darà avvio al piano decennale, all'equo canone e alla legge sull'uso del suolo. A questo particolare momento della storia della politica della casa in Italia, sono dedicati i primi tre capitoli del libro (L'Edilizia pubblica negli anni del riformismo - La disarticolazione del progetto riformatore - Gli anni della città pubblica) che documentano il contesto in cui sono nati questi orientamenti, il percorso di creazione del quadro di norme e delle strutture operative, la loro organizzazione ai vari livelli territoriali, i finanziamenti messi a disposizione, il lungo percorso di attuazione che si è protratto fino a fine anni Novanta. Parallelamente sono documentate le iniziative che da subito sono state messe in atto per contrastare questo progetto. Nella parte centrale del libro sono trattati due temi specifici ritenuti di rilievo dall'autore: una critica (L'incerto avvio della riqualificazione urbana) alla famiglia dei 'programmi integrati' introdotti negli anni novanta come strumenti per la riqualificazione delle aree di degrado e abbandono venutisi a creare all'interno dei sistemi urbani; e una riflessione (La stagione delle riforme istituzionali) sui cambiamenti che hanno profondamente modificato negli anni novanta il contesto istituzionale in cui costruire delle politiche per l'abitare, dal trasferimento delle competenze alle Regioni, alla fine dei contributi ex Gescal, alle modifiche del Titolo V della costituzione. Infine, nei capitoli della terza e ultima parte del libro (La politica della casa nel governo di centrosinistra - Il centrodestra e la fine dell'impegno statale - Nel disinteresse della politica si avviano gli anni duemila) sono ricostruite, a partire dalle diverse tematizzazioni date al problema della casa, le proposte avanzate e le non numerose iniziative messe in atto dalle differenti coalizioni di centro-sinistra o centro destra che si sono succedute nei due ultimi decenni. Viene messo in luce il carattere estemporaneo, discontinuo, più vicino alla logica dell'evento che a quella della programmazione, di queste iniziative che si collocano in un contesto generale di drastica riduzione dei finanziamenti pubblici per la casa. Il libro si chiude chiedendosi se sono ancora possibili oggi delle politiche per la casa.
Al di là della conclusione pessimistica, mi sembra che i materiali presentati nel libro e in particolare la ricostruzione attenta di eventi e politiche contenuti nella prima e nell'ultima parte del volume, offrano degli spunti per riflettere sul porsi del problema della casa oggi e su una serie di criticità che sembrano pervicacemente riproporsi nel caso italiano, in una logica di path dependence, frapponendosi alla messa in atto di politiche in grado di trattarne le diverse e mutevoli dimensioni dei bisogni abitativi. Il libro offre inoltre contributi conoscitivi utili a chiunque sia interessato ai diversi momenti della vicenda della politica della casa in Italia dal dopoguerra ad oggi.
L'occasione mancata del Piano decennale e delle riforme di fine anni settanta
Un primo ordine di riflessioni, come accennato, viene sollecitato dalla lettura dei tre capitoli iniziali del volume che focalizzano l'attenzione su quello che viene visto come il periodo di massimo dispiegamento nel nostro paese - anni settanta - di intenzioni, programmi, provvedimenti legislativi finalizzati alla promozione di una politica pubblica per la casa di carattere riformistico. Una politica che aveva posto al centro dei propri intenti l'obiettivo di garantire a tutti i cittadini l'accesso a una casa e buone condizioni di qualità urbana, con un chiaro cambiamento di rotta rispetto all'obiettivo più generico, che aveva permeato le politiche per la casa degli anni precedenti, di favorire la produzione di nuove abitazioni, e attraverso questa migliorare complessivamente la condizione abitativa. Un orientamento teso a superare le criticità indotte dall'approccio quantitativo al problema della casa (Secchi, 1984; Indovina, 1972). Per la prima volta si pone esplicitamente l'obiettivo di produrre e gestire un patrimonio - non marginale - di edilizia residenziale sociale da offrire in affitto a costi sostenibili. Le lotte urbane e per la casa di fine anni sessanta avevano dato un notevole contributo in questa direzione estendendo il campo delle vertenze sindacali sino ad includere accanto alle condizioni di lavoro in fabbrica le condizioni di vita in città e l'accesso ad una casa. Tuttavia sarà solo nella seconda metà del decennio successivo che, in un clima di maggiore fiducia nella programmazione e nella concertazione istituzionale e in un contesto di riforme sociali di grande rilievo (referendum sul divorzio, istruzione obbligatoria fino a 14 anni, istituzione del servizio sanitario nazionale, ecc.), verranno varati tre provvedimenti importanti attorno ai temi della casa e della crescita urbana. Nel 1977 viene varata la legge n. 10 "Norme per l'edificabilità dei suoli", nel 1978 viene adottata la legge n. 392 (equo canone) e sempre nel 1978 viene emanata la legge n. 457 (Piano decennale), "un testo legislativo destinato a lasciare un segno nelle vicende delle politiche abitative […] di fatto l'unico provvedimento organico di programmazione dell'edilizia residenziale pubblica, basato su un modello concertativo pianificato a cui concorrono più soggetti istituzionali, che abbia avuto veste legislativa nel nostro paese" (p. 17).
Un campo importante di potenzialità e di risorse, quello messo a disposizione dai tre provvedimenti e dalle sinergie positive che avrebbero dovuto derivare dalla loro interazione. I risultati tuttavia, anche se di rilievo in termini di impegno di finanziamenti pubblici, saranno di gran lunga inferiori rispetto agli obiettivi che erano stati delineati. Tra le cause maggiori di insuccesso segnalate dall'autore, in primo luogo il peso di interessi economici e politici che, penalizzati dal nuovo quadro normativo e programmatico, sin dai primi anni ottanta e lungo tutto il decennio troveranno voce e ascolto in una serie di provvedimenti di sostanziale negazione degli orientamenti espressi dalle tre leggi. "Gli anni Ottanta - sostiene Storto - non si caratterizzano certamente per un'attenzione del legislatore tesa a correggere e migliorare il bagaglio normativo nelle parti che non rispondono alle aspettative iniziali, anzi, i provvedimenti sono di segno opposto […]" (p. 61). Temi trattati con cura nel capitolo La disarticolazione del progetto riformatore. Anche nel contesto riformistico della seconda metà degli anni settanta sopravvive il doppio binario che aveva connotato e che continua a contraddistinguere il quadro legislativo italiano, ogni provvedimento di riforma ha o al suo interno, o in un provvedimento successivo, elementi che negano o sono in contrasto con gli obiettivi della riforma stessa. Un'incapacità, nell'ambito delle politiche per la casa, ma anche in altri ambiti, a portare avanti progetti di riforma tesi a creare condizioni per la valorizzazione delle risorse complessive del paese: il paese delle riforme mancate come nel titolo del libro di Guido Crainz (2). Un secondo aspetto di insuccesso, proprio in termini di conseguenze sulla possibilità di dare allora - ma anche oggi - delle risposte concrete al problema casa è connesso alle difficoltà incontrate nel mettere in atto il carattere sinergico dei tre provvedimenti e alla necessità quindi di una strategia di attuazione che tenesse conto del rispetto delle modalità di interazione tra gli esiti che avrebbero dovuto essere reciprocamente indotti dai tre provvedimenti. L'autore fa osservare come la legge sull'equo canone che poneva fine agli effetti distorcenti di una successione emergenziale di blocchi dei fitti, avrebbe messo in difficoltà parti non irrilevanti dell'inquilinato protetto dalla normativa precedente (3). Per questi profili di abitanti sarebbe stato necessario potere concretamente disporre dei nuovi alloggi pubblici previsti dal piano decennale. Piano che, come noto, ha invece incontrato incredibili ritardi nelle fasi di realizzazione tanto che all'inizio del 2000 al momento del passaggio di competenze alle regioni una parte non indifferente di finanziamenti risultava ancora non spesa. "Tra i più rilevanti errori di valutazione - scrive Storto - è da considerare l'incapacità mostrata dai diversi provvedimenti di disegnare una strategia unica […] unitamente all'assenza di una azione di coordinamento dell'amministrazione a livello centrale ed alla modesta capacità di iniziativa in sede locale di governare la produzione di edilizia residenziale con modalità innovative" (p. 29). Le tre leggi nel loro insieme "configuravano un sistema di regole, da un lato, e di attivazioni di programmi, dall'altro, che, per produrre effetti positivi, avrebbero dovuto raggiungere (nei tempi previsti) gli obiettivi per cui erano state emanate […]" (p. 41). Incapacità di rispettare i tempi dei programmi, difficoltà delle istituzioni pubbliche e dei loro uffici tecnici a operare in un'ottica di condivisione di obiettivi e un sostanziale disinteresse a seguire, monitorare e apprendere dalle fasi di attuazione degli interventi, hanno aperto la strada alla sequenza di provvedimenti di sostanziale negazione dei contenuti e obiettivi delle tre leggi.
L'autore fa rilevare come, nonostante l'insuccesso della parte più innovativa del programma rivolta a ridurre squilibri e disagio sociale e a garantire qualità allo sviluppo urbano, dopo le iniziali difficoltà di avvio, tra il 1983 e la prima metà del decennio successivo si siano realizzate nel paese le quantità più elevate di edilizia a totale carico dello Stato e di quella agevolata. "Nei ventuno anni in cui ha operato il Piano decennale (1978-1998) le risorse finanziarie ripartite alle Regioni, provenienti dai fondi Gescal e da ulteriori risorse direttamente stanziate dallo Stato hanno raggiunto una consistenza prossima a 20 miliardi di euro" (p. 62) (4). Un impegno consistente che ha prodotto quartieri e interventi di edilizia sovvenzionata e agevolata, che si è però spalmato, senza una seria riflessione critica, lungo un arco di tempo doppio di quello previsto. Un programma che ha visto grossi ritardi nella realizzazione dei servizi e delle infrastrutture necessari per i nuovi insediamenti e che avrebbe richiesto una maggiore attenzione per le dimensioni gestionali al fine di garantire migliori livelli di vivibilità. Ne sarebbe derivata una migliore qualità delle realizzazioni e una diversa immagine del senso e della funzione urbana e sociale di questi insediamenti. Rimane come lascito un patrimonio di esperienze a volte positive e di errori, sul quale riflettere oggi, non solo in un'ottica di critica alla de-regolazione e agli spazi lasciati alla rendita come indicato dall'autore, ma anche in un'ottica di maggiore attenzione a quello che succede nelle fasi di attuazione delle politiche pubbliche. Poca attenzione e riflessione, mi sembra sia stata dedicata a questi ultimi aspetti e alla capacità di apprendere e migliorare la qualità delle politiche che ne potrebbe derivare. È prevalsa invece la tendenza liquidatoria a vedere il prodotto di queste realizzazioni - l'edilizia residenziale pubblica e i quartieri pubblici - più come un problema da rimuovere che come potenziale risorsa per i problemi dell'abitare nella società contemporanea.
Le politiche dei governi di centrosinistra e di centrodestra succedutisi negli ultimi due decenni
Gli ultimi capitoli del libro (La politica della casa nel governo di centrosinistra - Il centrodestra e la fine dell'impegno statale - Nel disinteresse della politica si avviano gli anni duemila) forniscono una ricostruzione delle tematizzazioni date al problema della casa e delle iniziative assunte dalle differenti coalizioni di centro-sinistra o centro destra che si sono succedute nei due ultimi decenni, cercando di metterne in luce intenti ed esiti. Un lavoro utile di ricostruzione di un percorso non lineare (per altro gli orientamenti in materia di politica abitativa delle due coalizioni sono stati divergenti negli obiettivi, contenuti e modalità operative) di leggi, programmi, interventi, che, se nella sostanza fanno fatica o non si pongono il problema di identificare le questioni di rilievo dell'abitare nella società contemporanea e quindi le possibili risposte in termini di politiche pubbliche, di fatto hanno contribuito, accanto alle riforme istituzionali, a cambiare elementi di base delle politiche per la casa così come erano state concepite nel lungo periodo precedente. Tutto ciò in assenza di una discussione pubblica delle implicazioni associate a queste scelte. Un percorso complesso non trasparente nel suo farsi: molti provvedimenti di rilievo sono stati assunti all'interno del contesto opaco e compresso del dibattito attorno alle leggi finanziarie di fine anno.
È forse utile riprendere schematicamente alcuni tratti salienti di questo percorso, così come sono presentati nel libro attraverso il succedersi delle diverse coalizioni dalla seconda metà degli anni novanta ad oggi.
Durante la legislatura di centrosinistra (1996-2001, governi: Prodi, D'Alema, Amato) sono tre le iniziative prese in materia di politica abitativa. Viene adottata (1998) una nuova legge di disciplina delle locazioni che propone il modello del canone concordato, ma che di fatto si traduce in un sostanziale ritorno al mercato dopo la cattiva gestione della legge sull'equo canone. Questa stessa legge prevede l'istituzione di un Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in affitto che concede contributi per il pagamento dei canoni di locazione di immobili sia privati che pubblici. Sempre nel 1998 viene promosso un programma sperimentale "Contratti di quartiere", per il quale vengono stanziati circa 300 milioni di euro. Un'iniziativa interessante, come osserva l'autore, in un deserto di azioni concrete sui problemi dell'abitare che si propone di affrontare il tema della bassa qualità e della problematicità di alcune delle periferie urbane e in particolare dei quartieri di edilizia residenziale pubblica. Infine, proprio a fine legislatura nel 2001 viene approvata la legge "Misure per ridurre il disagio abitativo ed interventi per aumentare l'offerta di alloggi in locazione" che mette a disposizione 1.900 miliardi di lire. La legge non prospetta un piano organico di interventi, ma cerca di confrontarsi con alcune problematiche che toccano aspetti ritenuti cruciali, quali: la mancanza di una stock di abitazioni in affitto a canoni sostenibili; l'incapacità del mercato di offrire alloggi agli anziani visti come una delle categorie deboli; la riqualificazione dei quartieri degradati, attraverso una riproposizione più strutturata del modello contratto di quartiere (5).
Tra i tratti salienti di questa legislatura, il riemergere di un moderato interesse per il tema casa, con un taglio però riduttivo che tende a trattare, e con carattere emergenziale, singoli aspetti o frammenti del problema. Una tematizzazione del problema della casa spostata sul versante del disagio abitativo grave presente in alcuni specifici ambiti territoriali. Una proposta "implicita" non discussa pubblicamente, di cambiamento di approccio su come strutturare gli impegni dello Stato in materia di edilizia residenziale, introdotta dalla istituzione del fondo nazionale per l'affitto. Uno spostamento dal paradigma del "sostegno alla produzione" che aveva connotato le politiche precedenti al paradigma del "supporto alle famiglie" - i nuovi stanziamenti per l'edilizia residenziale sociale sono stati praticamente azzerati, e una parte dei fondi ex-Gescal viene destinata al Fondo nazionale per l'affitto.
Il successivo governo Berlusconi 2001-2006, concentrato sul potenziamento delle infrastrutture non mostra interesse per le politiche abitative. Dei progetti attivati dall'ultimo atto del governo precedente solo il programma "Contratti di quartiere" non subisce riduzioni, anzi i finanziamenti sono incrementati con una disponibilità di risorse di 1.250 milioni di euro tra fondi statali e fondi regionali, si perde però il carattere programmatorio e pluriennale che il governo precedente voleva attribuire a questa iniziativa. Non sono prese iniziative a sostegno del canone concordato (che da un'indagine relativa all'anno 2009 risulterà riguardare solo l'8,4% dei contratti di affitto); viene concesso il terzo condono edilizio, visto nella nuova ottica di "misura da adottare in caso di sofferenza nel reperire entrate per le casse statali" (p. 154).
Il tema della casa acquisisce un nuovo interesse presso le formazioni di centrosinistra in occasione della costruzione di una piattaforma programmatica comune per le elezioni politiche del 2006 nella quale le politiche abitative vengono riconosciute come una priorità nazionale. Gli esiti di questa breve legislatura (2006-2008 Governo Prodi), limitati rispetto alle dichiarazioni di intenti, contengono comunque alcuni elementi di interesse. Tra questi: l'impegno dichiarato in sede di "tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative" a rendere disponibili risorse pubbliche per la casa (la stima del finanziamento occorrente varia da 1,2 a 1,5 miliardi di euro per anno da destinare all'edilizia residenziale sociale e di una dotazione funzionale di 500 milioni di euro per il fondo nazionale per l'accesso delle abitazioni in locazione); la scelta di considerare l'edilizia residenziale sociale come servizio di interesse generale e, in caso di nuove urbanizzazioni, di definire l'edilizia residenziale sociale parte aggiuntiva degli standard urbanistici da garantire come servizi generali in rapporto ad ogni utente da insediare.
Questo fragile tentativo di ridefinire senso e funzioni di un intervento pubblico per la casa viene disatteso dalla legislatura successiva (2008-12, governi Berlusconi e Monti), orientata verso una forte riduzione dell'intervento pubblico nel settore abitativo, verso una maggiore attenzione per i problemi dell'abitare dei ceti medi, verso il sostegno all'iniziativa privata.
Anche nell'ultima legislatura (2013-2017 governi Letta, Renzi, Gentiloni) permangono difficoltà e le reticenze nel mettere a fuoco obiettivi e contenuti di una nuova politica della casa. Il tema viene ri-tematizzato dal governo centrale come problema delle periferie e di interventi di rigenerazione urbana in situazioni di degrado abitativo e di disagio sociale grave. Già nel 2012 il governo Monti aveva dato avvio, con un finanziamento di 224 milioni di Euro, a un Piano nazionale per le città, per la riqualificazione di aree urbane degradate. Nel dicembre 2014 (governo Renzi) la legge di stabilità promuove il Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, nella successiva legge di stabilità del dicembre 2015 viene varato, con uno stanziamento di 500 milioni di euro, il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie (6). Forse è utile rimarcare che se il tema casa non può essere disgiunto dal tema periferie, anche il problema delle periferie non più essere disgiunto dal problema dell'accesso alla casa dei gruppi sociali esclusi dai meccanismi di mercato e non in grado di accedere all'offerta di housing sociale e quindi dalla messa in atto di politiche pubbliche per la casa.
Il percorso schematicamente descritto delinea una situazione di grande problematicità. "Estemporaneità ed improvvisazione diventano la regola adottata per affrontare questioni di indubbia complessità. Si rinuncia a rielaborare le esperienze precedenti ed eventualmente a rendere più efficienti le procedure ed efficaci gli esiti. […] L'attività di monitoraggio […] viene percepita come un adempimento residuale. […] La programmazione è sostituita dall'evento mediatico e la politica … fa prevalere la comunicazione sulla sostanza dei provvedimenti che il Governo, sostituitosi al legislatore, trasmette al parlamento per l'approvazione." (p.211). A fronte della gravità del problema casa, e questo non solo in termini di diritti di giustizia sociale e di accesso all'abitazione per i gruppi più disagiati ma anche come ostacolo agli stessi processi di crescita del paese, non sembra delinearsi da parte del governo centrale un interesse per un rilancio di una politica della casa capace di dialogare con la complessità delle dimensioni in gioco e con le potenzialità che pur sono latenti nei diversi territori.
Liliana Padovani
Note 1) Relazione Parlamentare sulle Attività della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, approvata dalla Commissione nella seduta del 14 dicembre 2017. 2) Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ottanta, Donzelli, Roma, 2003. 3) La Relazione sulla applicazione del nuovo regime delle locazioni del 1980 rilevava come nel 71% dei casi si fosse verificato un incremento del canone e solo nel 5,5% una riduzione. 4) I valori annui si sono aggirati attorno ai 450 milioni di euro nel periodo 1978-82, attorno ai 1000 milioni dal 1983 al 1990 sino ai 1500 milioni nel periodo 1991-96, per poi decrescere sino a quasi azzerarsi all'inizio degli anni 2000. 5) Al primo tema viene destinata circa la metà dei 1.900 miliardi per sostenere la realizzazione di circa 20.000 alloggi da porre sul mercato dell'affitto a determinate condizioni; agli alloggi per anziani vengono destinati 350 milioni (programma che verrà poi accantonato dalla coalizione di governo successiva); il terzo programma è destinato alla promozione di interventi infrastrutturali nei quartieri degradati con forte disagio abitativo, una sorta di riedizione del contratto di quartiere. 6) Sono finanziati 24 progetti dei 120 presentati, per i restanti 96 progetti (fabbisogno di 1,6 miliardi di euro) viene fatto riferimento alla legge di stabilità del 2017.
Riferimenti bibliografici Crainz G. (2003), Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ottanta, Roma, Donzelli Indovina F. (a cura di) (1972) Lo spreco edilizio, Padova, Marsilio Editori Secchi B. (1984) Il racconto urbanistico. La politica della casa e del territorio in Italia, Torino, Einaudi
N.d.C. - Liliana Padovani, già professore associato di Tecnica e pianificazione urbanistica, ha insegnato alla Facoltà di Pianificazione del Territorio dello IUAV di Venezia. Ha partecipato e coordinato numerosi progetti di ricerca nel campo della riqualificazione e rigenerazione urbana, dell'azione locale integrata e delle politiche abitative. Dal 1989 al 2002 è stata membro del Coordination Committee of the European Network for Housing Research ENHR e successivamente del Comitato Scientifico di European Uban Research Association EURA. Attualmente fa parte del gruppo di ricerca ForRent del Politecnico di Milano coordinato da Francesca Cognetti.
Tra i suoi libri: (a cura di) Politica o non politica della casa? L'esperienza dell'ultimo quarantennio (FrancoAngeli, 1988); (a cura di) con Bruno Zanon, La norma non normata. Nuovi strumenti per il recupero degli insediamenti storici (Università degli studi di Trento, Dipartimento di ingegneria civile ed ambientale, 1992); (a cura di) Urban change and housing policies: evidence from four European countries (Daest-Dipartimento analisi economica e sociale del territorio, 1995); con Judith Allen, James Barlow, Jesús Leal, Thomas Maloutas, Housing and Welfare in Southern Europe (Blackwell Publishing, 2004); con Francesca Cognetti, Perché (ancora) i quartieri pubblici. Un laboratorio di politiche per la casa (FrancoAngeli, 2018).
N.b. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 02 LUGLIO 2019 |
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F. Bottini, Idee di città sostenibile, Prefazione a: A. Galanti, Città sostenibili (Aracne, 2018)
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C. Saragosa, Aree interne: da problema a risorsa, commento a. E. Borghi, Piccole Italie (Donzelli, 2017)
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M. Talia, Salute e equità sono questioni urbanistiche, commento a: R. D'Onofrio, E. Trusiani (a cura di), Urban Planning for Healthy European Cities (Springer, 2018)
M. d'Alfonso, La fotografia come critica e progetto, commento a: M. A. Crippa e F. Zanzottera, Fotografia per l'architettura del XX secolo in Italia (Silvana Ed., 2017)
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P. Pileri, Contrastare il fascismo con l'urbanistica, commento a: M. Murgia, Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi, 2018)
M. R. Vittadini, Grandi opere: democrazia alle corde, commento a: (a cura di) R. Cuda, Grandi opere contro democrazia (Edizioni Ambiente, 2017)
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P. Colarossi, Progettiamo e costruiamo il nostro paesaggio, commento a: V. Cappiello, Attraversare il paesaggio (LIST Lab, 2017)
C. Olmo, Spazio e utopia nel progetto di architettura, commento a: A. De Magistris e A. Scotti (a cura di), Utopiae finis? (Accademia University Press, 2018)
F. Indovina, Che si torni a riflettere sulla rendita, commento a: I. Blečić (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo (FrancoAngeli, 2017)
I. Agostini, Spiragli di utopia. Lefebvre e lo spazio rurale, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018)
G. Borrelli, Lefebvre e l'equivoco della partecipazione, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018); La produzione dello spazio (PGreco, 2018)
M. Carta, Nuovi paradigmi per una diversa urbanistica, commento a: G. Pasqui, Urbanistica oggi (Donzelli, 2017)
G. Pasqui, I confini: pratiche quotidiane e cittadinanza, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)
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