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Non è facile trovare la cifra giusta per interrogare le pratiche urbanistiche, in una congiuntura della storia italiana ed europea nella quale i temi del governo, della progettazione e della regolazione del territorio non possono certo dirsi al centro dell'agenda pubblica, della politica e delle politiche.
In questo senso è fondamentale comprendere quale sia la postura più efficace per riflettere sul senso delle forme tecniche e istituzionali dell'azione di regolazione e progettazione della città e del territori, in una fase nella quale tanto il valore sociale e civile di tale azione, quanto la robustezza e la chiarezza del suo profilo scientifico e tecnico appaiono opache. Di più: questa situazione di vero e proprio "discredito" in cui è caduta l'urbanistica, dovuta anche, per dirla con Luigi Mazza, ad un "eccesso di ambizioni destinato a produrre altrettante delusioni", è l'altra faccia dell'assenza dei temi della città, del territorio e del paesaggio, del loro governo, della loro cura e progettazione, in un'Italia (e in un contesto continentale) in cui le parole per dire la crisi e le possibili ricette per affrontarla sono state e sono ancora largamente dominate da discorsi e narrazioni del tutto prive di territorio.
Il nuovo volume di Bertrando Bonfantini, Dentro l'urbanistica. Ricerca e progetto, tecniche e storia (Franco Angeli, 2017) ci aiuta a definire una prospettiva efficace, nella quale la storia interna della disciplina, i suoi inciampi e i suoi difficili processi cumulativi si intrecciano al riconoscimento delle mutate condizioni di contesto, economico-sociale, territoriale, istituzionale. Il libro di Bonfantini sceglie infatti programmaticamente di guardare "dentro l'urbanistica", prestando attenzione alla dimensione sostantiva del piano, alla centralità del suo progetto e alle forme tecniche per praticarlo. Per mettere in opera questo sguardo, Bonfantini non solo osserva questo campo di pratiche, saperi e interazioni, ma lo fa "da dentro", da un punto di vista interno all'agire del progettista, facendo continuo riferimento a concrete esperienze di progettazione e pianificazione di cui è stato protagonista (Jesi e Bologna su tutte) e a percorsi di ricerca che ha praticato (soprattutto con riferimento al campo della regione urbana milanese).
Questa prospettiva è originale e secondo me assai fertile. Permette di mettere a fuoco il nesso tra processi e dispositivi, o per dirla con il mio linguaggio tra policy tools e social mechanisms, assumendo la centralità dei temi sostantivi messi in gioco dal piano più che delle procedure, degli effetti dei dispositivi di regolazione più che del quadro delle riforme legislative. Permette cioè di riconoscere all'urbanistica un suo campo d'azione, dai confini incerti e mutevoli ma anche identificabili, e di provare a delineare un "cuore" delle pratiche urbanistiche intorno alla dimensione ineludibile del nesso tra "progetto di assetto - programma e visione del futuro per l'organizzazione di un territorio insediato - e progetto di regole - statuto per la convivenza nell'uso dello spazio di una società insediata" (p.11).
Il percorso che Bonfantini propone per articolare questo nesso è scandito da sei sezioni che, pur riprendendo testi scritti originariamente in un arco temporale piuttosto lungo, permettono di riconoscere una linea rossa molto visibile. La prima sezione ("Oltre la riforma del piano") propone una riflessione sulla centralità della dimensione regolamentare nelle pratiche di pianificazione, tanto più oggi quando la crisi del mercato urbano, che non ha solo una natura congiunturale, ci costringe a rimettere mano alla nostra intera cassetta degli attrezzi, spostando l'accento dalla trasformazione al riuso e al lavoro sulla città esistente. La seconda sezione ("Per un progetto di territorio") prova a misurare l'efficacia dell'azione urbanistica in relazione al campo delle strategie di sviluppo territoriale, mostrando lucidamente, con particolare riferimento a una pluralità di esperienze nel territorio di Jesi, come, a valle di molte delusioni sulla programmazione per progetti, sia indispensabile tornare a pensare il nesso tra azione urbanistica e strategie territoriali. La terza sezione ("Composizione per nuove urbanità") mostra come sia necessario attrezzare i dispositivi tecnici dell'urbanistica rispetto alle letture di nuovi territori urbani, che domandano inedite forme e tecniche compositive. La quarta sezione ("In assenza di figure progettuali") è dedicata a Milano e argomenta la necessità di immaginare una strategia spaziale unitaria, alla scala urbana e metropolitana, che si sostanzi di figure territoriali di progetto, capaci di riammagliare progetti di territorio, formazioni spaziali e società insediate. Le ultime due sezioni, infine ("Rileggere i piani" e "Riconsiderare i lasciti"), lavorano sulla storia interna dell'urbanistica, scegliendo due strade complementari: la ricostruzione delle pratiche di pianificazione attraverso la rilettura dei documenti di piano (con particolare riferimento all'esperienza dell'Archivio RAPu, Rete Archivi Piani Urbanistici, a cui Bonfantini ha lavorato e lavora) e la rilettura di figure (Nash e Olmsted) e libri (Der Städtebau di Sitte e Architecture of Four Ecologies di Banham) che testimoniano passaggi rilevanti della riflessione disciplinare.
Nel suo complesso, il volume di Bonfantini ricostruisce alcuni elementi essenziali per fare spazio a una discussione sull'urbanistica che sfugga, per quanto possibile, sia dal dibattito ideologico e cronachistico, sia da derive "escapiste", che allontanano l'attenzione dai temi disciplinari rilevanti nella sfera pubblica, invitando piuttosto a focalizzare l'attenzione sul nesso, spesso controverso e ambiguo, con la politica e le politiche.
Questi elementi mi sembrano essenzialmente i seguenti: riconoscere la specificità dei dispositivi propri dell'urbanistica, e tra questi del piano, che continua a giocare un ruolo essenziale nelle pratiche ordinarie di trasformazione delle nostre città e dei nostri territori; discutere del nesso tra progetto e processo a partire dal progetto, ossia scegliendo un punto di vista interno, che non elude tuttavia le relazioni con dinamiche sociali e politiche molto complesse (come dimostrano le vicende narrate nel volume); assumere la dimensione regolativa come terreno decisivo per ripensare i dispositivi del progetto urbanistico nel contesto della città europea, delle sue nuove forme di urbanità e della sua prospettiva auspicabile di "sviluppo senza crescita insediativa".
Questo sguardo e questa prospettiva permettono anche di utilizzare intelligentemente lo sguardo retrospettivo, alla storia delle tecniche, degli strumenti e dei discorsi, come occasione per dar corpo a una "cumulatività in movimento", di cui abbiamo certamente bisogno.
Su tutti questi terreni gli argomenti e i casi trattati nel libro di Bertrando Bonfantini alimentano una discussione sulle nostre pratiche e sul loro senso, della quale continuiamo ad avere molto bisogno.
Gabriele Pasqui
N.d.C. - Gabriele Pasqui, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica, dirige il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano.
Tra i suoi libri: Territori: progettare lo sviluppo: teorie, strumenti, esperienze (Carocci, 2005); Progetto, governo, società: ripensare le politiche territoriali (F. Angeli, 2005); con P. C. Palermo, Ripensando sviluppo e governo del territorio: critiche e proposte (Maggioli, 2008); Città, popolazioni, politiche (Jaca Book, 2008); con A. Lanzani, L'Italia al futuro: città e paesaggi, economie e società (F. Angeli, 2011); con A. Balducci e V. Fedeli, Strategic planning for contemporary urban regions: city of cities: a project for Milan (Ashgate, 2011); (a cura di), Le Agende urbane delle città italiane. Secondo rapporto sulle città di Urban@it, Centro nazionale di studi per le politiche urbane (Il Mulino, 2017).
Per Città Bene Comune ha scritto: Pensare e fare urbanistica, oggi, commento al libro di Arturo Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (Franco Angeli, 2015), 26 febbraio 2016.
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 08 GIUGNO 2017 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di dibattito sulla città, il territorio e la cultura del progetto urbano e territoriale
prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
ideato e diretto da Renzo Riboldazzi
in redazione: Elena Bertani e Oriana Codispoti
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Gli incontri
2013: programma/present. 2014: programma/present. 2015: programma/present. 2016: programma/present. 2017: programma/present.
Interventi, commenti, letture
2015: online/pubblicazione 2016: online/pubblicazione 2017:
G. Nebbia, Per un'economia circolare (e sovversiva?), commento a E. Bompan, I. N. Brambilla, Che cosa è l'economia circolare (Edizioni Ambiente, 2016)
E. Scandurra, La strada che parla, commento a L. Decandia, L. Lutzoni, La strada che parla. (FrancoAngeli, 2016)
V. De Lucia, Crisi dell'urbanistica, crisi di civiltà, commento a G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)
P. Barbieri, La forma della città, tra urbs e civitas, commento a A. Clementi, Forme imminenti (LISt, 2016)
M. Bricocoli, Spazi buoni da pensare, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)
S. Tagliagambe, Senso del limite e indisciplina creativa, commento a: I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)
J. Gardella, Disegno urbano: la lezione di Agostino Renna, commento a: R. Capozzi, P. Nunziante, C. Orfeo (a cura di), Agostino Renna. La forma della città (Clean, 2016)
G. Tagliaventi, Il marchio di fabbrica delle città italiane, commento a: F. Isman, Andare per le città ideali (il Mulino, 2016)
L. Colombo, Passato, presente e futuro dei centri storici, commento a: D. Cutolo, S. Pace (a cura di), La scoperta della città antica (Quodlibet, 2016)
F. Mancuso, Il diritto alla bellezza, riflessione a partire dai contributi di A. Villani e L. Meneghetti
F.Oliva, "Roma disfatta": può darsi, ma da prima del 2008, commento a: V. De Lucia, F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi, 2016)
S.Brenna, Roma, ennesimo caso di fallimento urbanistico, commento a V. De Lucia e F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi 2016)
A. Calcagno Maniglio, Bellezza ed economia dei paesaggi costieri, contributo critico sul libro curato da R. Bobbio (Donzelli, 2016)
M. Ponti, Brebemi: soldi pubblici (forse) non dovuti, ma…, commento a: R. Cuda, D. Di Simine e A. Di Stefano, Anatomia di una grande opera (Ed. Ambiente, 2015)
F. Ventura, Più che l'etica è la tecnica a dominare le città, commento a: D. Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla città (Ombre corte, 2016)
P. Pileri, Se la bellezza delle città ci interpella, commento a: G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)
F. Indovina, Quale urbanistica in epoca neo-liberale, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)
L. Meneghetti, Discorsi di piazza e di bellezza, riflessione a partire da M. Romano e A. Villani
P. C. Palermo, Non è solo questione di principi, ma di pratiche, commento a: G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)
G. Consonni, Museo e paesaggio: un'alleanza da rinsaldare, commento a: A. Emiliani, Il paesaggio italiano (Minerva, 2016)
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