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URBANSTICA PER I DISTRETTI IN CRISI
Commento al libro curato da Arturo Lanzani, Chiara Merlini e Federico Zanfi
Francesco Gastaldi
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"Il passaggio del secolo ci ha accompagnato entro un mondo assai diverso da quello che abbiamo conosciuto. Un secolo di crescita economica, demografica e del territorio urbanizzato sembra passarci alle spalle" (p. 11): si apre così il volume curato da Arturo Lanzani, Chiara Merlini e Federico Zanfi - Riciclare distretti industriali. Insediamenti, infrastrutture e paesaggio a Sassuolo (Aracne, 2016) - che si propone di riflettere sugli effetti della crisi nei bacini territoriali italiani della piccola e media impresa, con particolare riferimento all'area di Sassuolo. Il libro - che si avvale di contributi di altri studiosi e giovani ricercatori e dagli elaborati prodotti dagli studenti del Politecnico di Milano - analizza questa trasformazione epocale. Pochi avrebbero potuto immaginare che questi tessuti imprenditoriali, le "aree traino" del dinamismo economico del paese, soprattutto nell'export, potessero progressivamente venire avviluppati in una spirale di crescente debolezza. Che ha lasciato segni tangibili sul territorio, sempre più caratterizzato da un paesaggio di capannoni artigianali e industriali, a tratti spettrale, dove non si svolge più alcuna attività produttiva o dalla "forte presenza di abitazioni abbandonate o sottoutilizzate, [dalla] caduta della manutenzione dell'enorme (e disordinato) patrimonio edilizio del ceto medio, [da un] riuso di edifici generalmente poco qualificato da parte di nuove popolazioni immigrate" (p. 13). Questo libro appare dunque importante perché sottolinea la necessità di porsi interrogativi seri sul sottoutilizzo degli spazi della produzione, evidenziando quanto questo processo - in atto ormai da alcuni anni - metta in discussione i più consolidati strumenti di lettura, interpretazione e progettazione urbanistica.
L'illusoria speranza che la crisi fosse un fenomeno transitorio con il passare degli anni è andata via via dissolvendosi. Nel frattempo si è assistito a ulteriori dismissioni di aree industriali a causa della cessazione di attività produttive, delocalizzazioni, riorganizzazioni aziendali, e si è aperta una nuova fase molto diversa dalle precedenti. Anche se alcuni fenomeni legati a ristrutturazioni aziendali, ri-modulazioni di fasi produttive e delocalizzazioni erano già in atto in epoca pre-crisi, le dismissioni più recenti hanno avuto in molti contesti italiani effetti più visibili e dirompenti. Sia i tessuti urbani consolidati, sia quelli caratterizzati da dispersione insediativa appaiono sempre più costellati da vuoti, volumetrie inutilizzate e in attesa di un qualche possibile futuro, spazi in cerca di nuove vocazioni spesso incapaci di rispondere alle nuove esigenze delle imprese. Talvolta le aree produttive-artigianali che non si svuotano assorbono funzioni commerciali - una destinazione d'uso favorita dalla generale disponibilità di ampi spazi per parcheggio -; più raramente diventano luoghi del terziario. Nel caso del distretto ceramico di Sassuolo - assunto dagli autori come caso studio - le dismissioni sono, in realtà, ancora contenute nonostante la situazione di stagnazione della crescita e la fase di metamorfosi che sta attraversando la manifattura. Si tratta, tuttavia, di una situazione che richiederebbe un nuovo progetto urbanistico, per un contesto per il quale andrebbero immaginati con realistica fantasia temi per il suo rinnovamento. Cose che invece si scontrano con un'agenda pubblica evidentemente superata ma ancora condivisa e modi di fare persistenti delle politiche infrastrutturali e urbanistiche che non colgono appieno la situazione contingente.
Un altro fattore che contribuisce ad aggravare la situazione dell'abbandono di capannoni industriali e artigianali è identificabile nella crisi del mercato immobiliare. Gli effetti della legge del 2001 cosiddetta Tremonti bis che assegnava incentivi fiscali alle imprese che reinvestivano i propri utili in beni strumentali - incentivi che si traducevano materialmente nella costruzione di nuovi capannoni o nell'ampliamento di quelli esistenti - sono finiti. Oggi si assiste a un'inerzia del credito bancario per persone e imprese che blocca tanto le nuove edificazioni quanto possibili trasformazioni e riusi. L'incremento del carico fiscale ha poi contribuito alla proliferazione di processi di abbandono, al blocco del mercato e al conseguente deterioramento delle strutture non utilizzate. Una condizione che non riguarda solo gli edifici, ma anche le aree esterne e circostanti. Anche queste sono profondamente colpite da un generale e progressivo degrado fisico e funzionale che si traduce talvolta in "pratiche d'uso informali" se non, peggio, nella trasformazione in discariche abusive di rifiuti ingombranti, depositi più o meno temporanei di materiali di varia natura, ecc. ecc. Situazioni non pianificate, il più delle volte non regolamentate e spesso del tutto incontrollate che minano seriamente non solo la qualità dei paesaggi ma, potenzialmente, le condizioni ambientali e di sicurezza territoriale.
Per concludere, sembra opportuno sottolineare il ritardo in cui gli "attori della pianificazione" recepiscono effettivamente gli effetti territoriali della crisi-metamorfosi che stiamo attraversando. Gli strumenti urbanistici esistenti sono stati concepiti e approvati generalmente in epoca pre-crisi. Le loro interpretazioni del territorio e le loro previsioni in pochi anni si sono rivelate vecchie e superate da nuove dinamiche che oggi sono difficili da riformulare in un quadro caratterizzato da incertezza, indeterminazione, scarsa progettualità e debole fiducia nel futuro. Il libro, oltre a interessanti riflessioni sul futuro dei territori dove la crisi produttiva ha lasciato segni evidenti, raccoglie a titolo dimostrativo una serie di progetti per il territorio del distretto ceramico di Sassuolo sviluppati nell'ambito dell'attività didattica e di ricerca da un gruppo di urbanisti del Politecnico di Milano coordinato dai curatori. Alla base delle proposte c'è la convinzione che questo, come altri distretti industriali italiani in trasformazione, riuscirà a rimanere attrattivo e vitale solo se il progetto urbanistico saprà coniugare le esigenze delle imprese e della società locale con la ricerca di qualità dello spazio fisico.
Francesco Gastaldi
N.d.C. - Francesco Gastaldi è professore associato di Urbanistica presso l'Università Iuav di Venezia. Laureato in architettura presso l'Università degli Studi di Genova, ha conseguito il dottorato di ricerca in Pianificazione territoriale e sviluppo locale presso il Politecnico di Torino. Svolge attività di ricerca su temi riguardanti le politiche di sviluppo locale, la gestione urbana, le vicende urbanistiche della città di Genova dal dopoguerra a oggi. È autore di articoli, saggi e pubblicazioni.
Per Città Bene Comune ha scritto: Gentrification. Tutte le città come Disneyland, recensione del libro di Giovanni Semi (il Mulino, 2015), 9 giugno 2016.
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 15 GIUGNO 2017 |
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