Federico Camerin  
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PER UNA TRANSIZIONE ECOSOCIALE


Commento al libro di N. Morán Alonso, J. L. Fernández Casadevante, F. Prats e A. Hernández Aja



Federico Camerin


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Il libro di Nerea Morán Alonso, José Luis Fernández Casadevante, Fernando Prats e Agustín Hernández Aja, Biorregiones. De la globalización imposible a las redes territoriales ecosostenibles (Icaria, 2023) – in italiano “Bioregioni. Dalla globalizzazione impossibile alle reti territoriali ecosostenibili” – fa emergere un approccio diverso rispetto alle modalità in cui si organizza e muove la società di oggi. Quello che si propone vira verso nuove e graduali soluzioni capaci di affrontare in maniera più efficace dal punto di vista ecologico e sociale i vari tipi di emergenze o policrisi (climatiche, pandemiche, squilibri territoriali, depauperamento delle risorse ecologiche e energetiche) cui stiamo assistendo sempre più frequentemente nel tempo. Si tratta di approcci più adeguati, non sempre facili da implementare visto il loro carattere controcorrente, per affrontare gli scenari di transizione che richiedono soluzioni sempre più articolate basate sulla scala locale di produzione e consumo.

Le molteplici crisi determinate dal superamento dei limiti biofisici del pianeta avvertono che l’umanità si trova a un bivio in cui saranno sempre più probabili profondi cambiamenti nelle modalità di organizzazione della società, con potenziali ripercussioni su tutte le istituzioni sociali, politiche, economiche e culturali. In questo contesto sempre più critico e incerto, la ‘bioregione’ emerge come l’unità territoriale di complessità minima necessaria per pianificare una transizione ecosociale. Tale unità viene definita da caratteristiche geografiche e confini naturali umanamente riconoscibili, integrati in reti cooperative che perseguono l’autosufficienza. Costituiscono dunque il supporto territoriale di base da cui partire per progettare strategie volte all’autonomia energetica, alimentare ed economica, preservando l’integrità degli ecosistemi e incorporando attributi democratici, partecipativi e di giustizia sociale. Si tratta di una nozione coniata negli anni Settanta del secolo scorso da Peter Berg (1) per indicare un approccio che puntasse sulla dimensione pratica e individuale dell’ambientalismo, la quale fa appello alla riorganizzazione radicale delle relazioni società-territorio-natura e che ci invita a immaginare, progettare e materializzare nuovi modi di organizzare le economie e di abitare i territori, secondo norme, tecniche, pratiche ed economie per la vita.

Questa definizione costituisce la base per formulare soluzioni inedite e provocatorie con il modello di vita attuale, in grado di generare nuove conoscenze sul territorio, di aprire interessanti dibattiti sulla sua riorganizzazione, di comprendere le dispute in atto sui suoi usi e di concepire scenari alternative. È un modo propositivo di ridefinire la scala delle discussioni, per uscire dai vicoli ciechi a cui ci conducono le analisi che si concentrano esclusivamente sulle realtà urbane o rurali.

Sebbene esista una presa di coscienza sui limiti e difficoltà di applicazione, la vera sfida riguarda lo sforzo di indagarne le potenzialità, una scommessa incerta che il libro Biorregiones rappresenta. L’obiettivo del volume redatto da persone appartenente al Foro Transiciones (2) è dunque quello di approfondire il pensiero bioregionale, nonché di costruire ponti e stabilire complicità con altre agende come l’agroecologia, l’ecofemminismo, l’ecourbanismo, le economie trasformative, l’urbanismo femminista e il municipalismo. Nel libro il lettore viene immerso in un campo teorico e pratico inter e multi-disciplinare: nel bioregionalismo ci si trova di fronte a una vibrante confluenza in cui si incontrano diverse discipline scientifiche (geografia, urbanistica, antropologia, sociologia...), diverse culture e cosmovisioni indigene, nonché movimenti sociali interessati a promuovere una nuova cultura del territorio.

In particolare, nel volume si sottolinea come l’approccio bioregionale sia stato rilanciato a partire dagli anni 2000 e stia subendo un processo dinamico di aggiornamento sincrono in diverse geografie: in Italia, per esempio, noti sono i lavori provenienti dall’approccio territorialista (3). Recentemente, soprattutto a partire dal 2020, le soluzioni ancorate alla “post-crescita” –o “de-crescita” (4)– e ai “beni comuni urbani” (5) hanno quindi guadagnato un crescente interesse nel mondo accademico e nei dibattiti politici nella prospettiva di comprendere la natura delle emergenze sovrapposte e comprendere come mutare le dinamiche relative all’uso del suolo, alle modalità di vita, alla mobilità di massa e, in generale, al funzionamento di un’economia globale, le quali dipendono principalmente dalla disponibilità di combustibili fossili abbondanti e poco costosi. Questi si basano su sistemi globalizzati e diseguali, alimentati da reti logistiche fondate sul consumatore mondiale che depreda i territori considerati luoghi fornitori di risorse e al tempo stesso di scarico di rifiuti. Le dinamiche territoriali ereditate dal modo di produzione globale e globalizzato stanno sconvolgendo il pianeta e occorrono dunque politiche adatte affinché si possa far avanzare la nostra società verso una nuova giustizia ecologica, sociale e democratica.

Questo libro è organizzato in tre blocchi principali articolati in contenuti che ruotano intorno a una doppia concezione di bioregione, como luogo della vita e come una vita per difendere i luoghi. Questa costituisce una di quelle categorie che possono aiutarci a risolvere i problemi e a problematizzare le soluzioni. Bioregione è una parola che porta con sé nuovi immaginari che hanno la potenzialità di delineare risposte coerenti e congruenti in chiave territoriale alle sfide del presente.

Una prima sezione del libro presenta il concetto di bioregionalismo, la sua storia e l’evoluzione, analizzando inoltre il contesto della crisi ecosociale, la necessità imperativa di processi di riterritorializzazione e il potenziale delle bioregioni per guidare questo percorso incerto. Una seconda sezione composta da otto capitoli è dedicata a contributi su aree tematiche chiave, che permettono alla proposta bioregionalista di diventare più complessa, complementare e problematica (metabolismi sociali, binomio energia/clima, cura, cibo, cultura, economie trasformative e urbanistica). Una terza sezione presenta due analisi specifiche della geografia spagnola a partire dall’approccio bioregionale (nei territori di Madrid e Vitoria), nonché una panoramica delle diverse iniziative in corso in tutta Europa.

La lettura di questo libro risulta interessante per chi si occupa governo del territorio offrendo un punto di vista interdisciplinare. In particolare, nella seconda sezione un capitolo è dedicato alla pianificazione della bioregione basata su una strategia di riequilibrio territoriale da applicare secondo una prospettiva ecologica (“Sistema de asentamientos y nuevos patrones territoriales de urbanización: planificar la biorregión” – in italiano “Sistema insediativo e nuovi modelli territoriali di urbanizzazione: progettare la bioregione” – di Carlos Verdaguer e Rafael Córdoba, pp. 185-198). In tale capitolo si propone un elenco di strategie sia in ambito urbano (come, ad esempio, la declassificazione dell’uso previsto, la rinaturalizzazione e l’inserimento di usi agricoli nelle aree di sviluppo urbano ancora inattuate) sia territoriale (per esempio le misure volte al recupero dei villaggi abbandonati ed alla loro crescita equilibrata da attuare parallelamente a un recupero degli usi agricoli e alla restituzione della connettività ecologica su scala bioregionale). Tali azioni evidenziano la complessità del compito da affrontare dal punto di vista della pianificazione ecologica del territorio, nonché il gran numero di questioni che si pongono in uno scenario attuale dominato dall'incertezza.

Nelle conclusioni, infine, si sottolinea che il cammino per approdare a un cambio di rotta si trova ancora nelle sue fasi primordiali sebbene il concetto di bioregione sia ormai stato introdotto più di quattro decenni fa. Il percorso che la società dovrà intraprendere è quello di una profonda trasformazione territoriale che parta dall’organizzazione amministrativa esistente e porti gradualmente alle bioregioni ancorate ai fattori naturali ed antropici. Si tratterà necessariamente di un processo evolutivo e non imposto, più vicino alle metamorfosi che a brusche rotture di passo. Un percorso che si fa camminando, cioè studiando, discutendo, proponendo e sperimentando. La bioregione sarà un misto di lungimiranza e stupore, mescolando una sequenza logica di eventi, volutamente innescati, e la materializzazione casuale di qualcosa di inedito.

Federico Camerin

 

 

Note
1) Berg, P. (1978). Reinhabiting a Separate Country: A Bioregional Anthology of Northern California. San Francisco: Bloud & Cie.
2) Il “Foro Transizioni” un’associazione che opera come think tank ecologico a composizione transdisciplinare dalla fine del 2013. Il suo obiettivo è quello di elaborare, discutere e diffondere, da una pluralità di prospettive, contenuti sul cambiamento dell’epoca attuale, sulla reale minaccia di collasso delle risorse, degli ecosistemi e dei cicli naturali che sostengono la vita sul pianeta e di avanzare verso un grande accordo sociale delle maggioranze per passare a una fase in cui i limiti di biocapacità del pianeta possano coesistere con sufficienti livelli di benessere in una società più equa e democratica. Dalla sua fondazione, il Foro, in continuità con il lavoro legato al programma statale spagnolo “Cambio Global España 2020/50: Programa Ciudades. Hacia un pacto de las ciudades españolas ente el cambio global” (in italiano “Cambiamento globale Spagna 2020/50: Programma Città. Verso un patto delle città spagnole di fronte al cambiamento globale”, https://www.miteco.gob.es/ca/ceneam/recursos/pag-web/informes-ambientales/cambio_global.html), ha preso parte a diversi appelli cittadini, i suoi membri hanno partecipato a molteplici forum e forum di opinione e, tra le altre iniziative, ha patrocinato varie pubblicazioni, come “Il grande bivio; sulla crisi ecosociale e il cambiamento del ciclo storico” (Prats, F., Herrero, Y., Torrego, A. (Eds.) (2017). La gran encrucijada. Sobre la crisis ecosocial y el cambio de ciclo histórico. Madrid: Libros en Acción) e “Città in movimento; progressi e contraddizioni delle politiche municipali di fronte alle transizioni ecosociali” (Fernández Casadevante, J. L., Morán, N., Prats, F. (Eds.) (2018). Ciudades en movimiento. Avances y contradicciones de las políticas municipalistas ante las transiciones ecosociales. Madrid: FUHEM).
3) Fanfani, D., Matarán Ruiz, A. (Eds.) (2020). Bioregional Planning and Design: Volume I. Perspectives on a Transitional Century/Volume II. Issues and Practices for a Bioregional Regeneration. Cham: Springer International Publishing; Magnaghi, A (2014). La regola e il progetto. Un approccio bioregionalista alla pianificazione territoriale. Firenze: FUP - Firenze University Press; Magnaghi, A., Fanfani, D. (Eds.) (2009). Patto città-campagna. Un progetto di bioregione urbana per la Toscana. Firenze: Alinea.
4) Schmelzer M., Vansintjan A., Vetter, A. (2022). The future is degrowth. A guide to a world beyond capitalism. Londra: Verso.
5) Putini, A. (2019). Beni comuni urbani Soggetti, pratiche e retoriche della città condivisi. Milano: Franco Angeli.

 

N. d. C. - Federico Camerin, dottore in pianificazione urbana nel 2014, ha conseguito nel 2020 il doppio titolo di dottore di ricerca nell’ambito dell’European Joint Doctorate “urbanHist” presso le Università UVa di Valladolid e BUW Bauhaus-Universität Weimar. È stato assegnista di ricerca post-doct presso l’Università Iuav di Venezia (2021) e tra l’UVa e l’Universidad Politécnica de Madrid, UPM (2022-2024); ha insegnato allo Iuav, presso la Fakultät Architektur und Urbanistik di Weimar (2018), l’UPM (2022 e2023) e l’UVa (2024). Ha inoltre svolto seminari didattici e conferenze presso università, associazioni e enti pubblici in Austria, Germania, Italia, Messico, Repubblica Ceca e Spagna.

Attualmente è ricercatore “Ramón y Cajal” e professore presso l’Universidad de Valladolid, Departamento de Urbanismo y Representación de la Arquitectura, oltre ad essere membro ordinario dell’Instituto Universitario de Urbanística.

Tra i suoi libri: Asuntos y debates en torno a las instalaciones militares en abandono. una reseña en perspectiva internacional (Maggioli, 2021); con F. Gastaldi: Aree militari dismesse e rigenerazione urbana. Potenzialità di valorizzazione del territorio, innovazioni legislative e di processo (LetteraVentidue, 2019).

Per Città Bene Comune ha scritto: La città tra mercato e gentrificazione (22 novembre 2019); La città è davvero al tramonto? (4 dicembre 2020); L’urbanistica contratta fa bene alla rendita (4 novembre 2021); La dissoluzione dell’urbanistica spagnola (28 luglio 2023).

Questo testo è stato prodotto dall’autore nell'ambito del progetto di ricerca “Las propiedades militares en Europa: Estrategias de Regeneración y sus efectos sobre Procesos de Producción Socio-Espaciales” finanziato dal Ministerio de Ciencia, Innovación y Universidades, l’Agencia Estatal de Investigación attraverso il Plan Estatal de Investigación Científica, Técnica y de Innovación 2021-2023, e cofinanziato dal programma FSE+.

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

06 DICEMBRE 2024

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F. Cardullo, Non tutto è città, commento a: G. Fera, Spazio pubblico e paesaggio urbano nella città moderna (Planum Publisher, 2020)

E. Scandurra, Roma, scenografia urbana e vita quotidiana, commento a: F. Erbani, Roma adagio (Edea, 2023)

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S. Tagliagambe, Salvare le città: una questione politica, commento a G. Consonni, Non si salva il pianeta se non si salvano le città (Quodlibet, 2024)

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A. Porrino, Biopolitica e governo delle condotte, commento a: O. Marzocca, Il virus della biopolitica (Efesto, 2023)

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