Federica Ribera  
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L'ARCHITETTURA È TECNOLOGIA (E BIOLOGIA)


Commento a A. Lucchini, A. Pagliuca, E. Mazzucchelli, D. Gallo



Federica Ribera


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Il libro Struttura e involucro. Evoluzione storica, tipologica e tecnologica di Angelo Lucchini, Antonello Pagliuca, Enrico Sergio Mazzucchelli e Donato Gallo (Maggioli, 2023) esplora le profonde connessioni tra la storia, la tipologia e la tecnologia nell'evoluzione del sistema architettonico dell’involucro. Attraverso una ricerca accurata, supportata da un ricco repertorio di immagini e riferimenti bibliografici, gli autori guidano il lettore in una anamnesi storico-tecnica caratterizzata da avvicendamenti teorici e di fatti pratici; un progresso strettamente collegato al mutamento delle tecniche costruttive, dei materiali, dei processi di produzione e dei sistemi edilizi, in particolar modo della struttura a telaio destinata a creare profonde trasformazioni nello sviluppo successivo dell’architettura, determinando la definitiva scissione tra struttura e involucro: al telaio il compito di sostenere, all’involucro quello di rappresentare nella facies esterna, le ragioni dell’architettura, le gerarchie, il “carattere” dell’edificio.

Nel panorama dell'architettura contemporanea e nei progetti futuri, il tema dell’involucro architettonico assume un ruolo sempre più cruciale e strategico. Questo è dovuto alla necessità imprescindibile di garantire comfort, decoro, adattabilità, flessibilità e polivalenza nelle strutture edilizie. Le architetture del futuro devono essere sensibili al clima, reattive all’ambiente, variabili nelle loro proprietà, dinamiche nelle prestazioni, adattive nelle configurazioni e resilienti nei comportamenti. Pertanto, l'involucro edilizio deve essere in grado di adattarsi alle mutevoli condizioni climatiche e ambientali e persino durante l’intera vita dell'edificio; deve interagire in modo differente con la luce, il calore, il suono, il vento e altri fenomeni meteorologici, mostrando una buona capacità di cambiamento e risposta dinamica.

L’involucro diventa, quindi, uno strumento fondamentale per facilitare le complesse interazioni tra interno ed esterno, tra elementi strutturali e non strutturali, tra finiture e ossatura. Queste interazioni sono cruciali per garantire standard elevati di qualità architettonica, tecnologica e formale, nonché per soddisfare i requisiti di sostenibilità energetica ed ecologica. Inoltre, la sua esposizione diretta allo spazio pubblico, nel contesto di un confronto costante tra città e residenza, lo rende parte integrante dello spazio collettivo. In questo contesto, assume un ruolo insostituibile nel definire la qualità architettonica, costruttiva e spaziale dell'ambiente circostante.

Una delle caratteristiche più apprezzabili della monografia, suddivisa in cinque capitoli, è la chiarezza con cui viene esaminata l’evoluzione del sistema involucro, analizzato per ciascuna epoca, dall’architettura ctonia alle facciate del postmodernismo e quelle moderne, mediatiche e di forma complessa, rivelando come queste siano cambiate e si siano via via adattate alle diverse esigenze costruttive, culturali, sociali ed economiche.

 

Nel primo capitolo “Il sistema involucro, connettivo tra forme ontologiche e forme rappresentative”, gli autori introducono il tema della struttura e dell’involucro e della loro scissione/connessione attraverso una anamnesi storico-teorica dei più illustri studiosi del tema, quali Karl Gottlieb Wilhelm Bötticher, Gottfried Semper, Marc-Antoine Laugier, Quatremère de Quincy, Luigi Moretti, Ludwig Mies van der Rohe e molti altri.

Nel secondo capitolo “La parete esterna, evoluzione sintattica del sistema trilitico e del sistema arco-piattabanda” si entra nel vivo nella disamina sulla evoluzione storica, tipologica e costruttiva del sistema involucro, scandita temporalmente dall’architettura ctonia alla costruzione a tenda, dalla costruzione a capanna, all’architettura litica, dalla costruzione in terra cruda al sistema stereometrico murario, il cui sviluppo tipologico-costruttivo varierà in relazione alle materie prime disponibili ed alla capacità tecnica delle diverse civiltà, in modo particolare quella greca (promotrice del sistema trilitico) e quella romana (foriera del sistema arco-piattabanda). Di notevole interesse sono i numerosi analogismi approfonditi nella monografia, tra le tecnologie costruttive appartenenti alle antiche civiltà e le reinterpretazioni di tali tecnologie declinate costruttivamente in chiave moderna. È enfatizzato nel testo come recenti innovazioni architettoniche siano ispirate da soluzioni costruttive che per millenni sono state adottate dalle civiltà, come ad esempio le costruzioni a tenda delle popolazioni nomadi, le cui caratteristiche principali (trasportabilità, la leggerezza e la flessibilità), sono oggi la base di una nuova architettura della leggerezza, che ci collega ad un passato dimenticato, per un modo più sedentario di abitare. La tenda viene montata applicando essenzialmente tensioni tramite tiranti e appoggiandosi su pochissimi elementi lignei. Questo espediente strutturale, e pressoché involontario, praticato dalle popolazioni nomadi ha rappresentato - a partire dal secondo dopoguerra - il filone di ricerca del form-finding, sviluppato in modelli sperimentali come le tensostrutture estensibili dell’architetto Frei Otto, il modelo colgante di Antoni Gaudì, le volte sottili sperimentali di Heinz Isler e i gusci in conglomerato cementizio introdotti da numerosi pionieri della nuova tecnica del calcestruzzo armato, come Sergio Musmeci, Pier Luigi Nervi, Arturo Danusso, Paul Cottancin, Auguste Perret, Eugène Freyssinet, Eduardo Torroja Miret, Robert Maillart, etc. Degno di nota è come gli autori analizzano il tema della muratura, descritto con chiarezza nel suo variegato orizzonte tematico, sempre in costante evoluzione in quanto all’archetipo murario associamo il valore “sovra-storico” di un tema architettonico permanente, stabile, mai più cancellabile dall’esperienza costruttiva dell’uomo, ma sempre rinnovabile attraverso un incessante e variegato lavoro di riscrittura sui materiali litici e sui modi di ricomposizione. A tal proposito è di notevole valenza scientifica l’analogia che gli autori riportano, tra il moderno sistema della facciata ventilata e il relativo sistema antesignano inventato dai romani nel quale impiegavano elementi speciali di laterizio (tegulae mammatae), la cui conformazione morfologica garantiva un processo di ventilazione naturale in intercapedine in grado di favorire deumificazione di murature affette da umidità di risalita o per convogliare i fumi generati nel praefurnium dell’avanzato sistema di riscaldamento delle terme romane.

Il terzo capitolo “La facciata, evoluzione tecnologica della parete esterna e facies di una moderna civiltà”, introduce il tema delle facciate, del rivestimento, degli ornamenti e del sistema parete che porta al vaglio della nuova civiltà medievale – oltre le funzioni primarie di protezione dalle intemperie e di benessere abitativo – un ulteriore aspetto: quello della percezione dell’edificio attraverso il suo principio formale, espressivo, funzionale ed iconografico, simbiotico di una moderna civiltà. Per la prima volta si edificano organismi edilizi con una forma propria e definita da codici di costruzione che lasciano percepire all’esterno una varietà di caratteristiche grafiche, strutturali, di colori, incisioni, rilievi ed effetti materici. Sulla facciata si creano così nuovi effetti che nascono dalla sovrapposizione, dalla compenetrazione e dall’alternanza degli oggetti esposti o dal rapporto pieno/vuoto, muratura/apertura, luce/ombra. Si ottengono, quindi, intensità luminose differenti o mutevoli ed effetti, di luce e ombra sul volume complessivo e sulle sue parti. La logica della stereometria muraria viene accantonata a favore del libero sviluppo delle forme: ne deriva un’alternanza di superfici arrotondate, a curvatura semplice o doppia, che vengono messe in relazione con superfici piane a giacitura orizzontale, verticale, inclinata, sagomate o arricchite da altre membrature secondarie. L’aspetto caratteristico di ogni facciata e della forma del rivestimento è, quindi, esercitato dai fattori locali, dal tipo di società che risiede in una determinata area geografica, dalla sua storia ed etnografia, dal suo orientamento ideologico, dal clima del luogo o dalla disponibilità o meno di risorse locali. Gli autori analizzano le facciate lignee medievali, le facciate litiche medievali e le facciate rinascimentali e barocche non solo da un punto di vista formale, ma arricchiscono la parabola storico-evolutiva con approfondimenti sulle tipologie costruttive, i materiali impiegati e analisi tecniche sulle caratteristiche prestazionali dal punto di vista strutturale ed energetico (ad esempio i sistemi Blockbau e Fachwerkbau, le capriate lignee, le casetorri, etc.).

Il quarto capitolo “L’involucro nel progresso industriale, tra continuità e discontinuità strutturale”, rappresenta il core della ricerca in cui si approfondiscono le novità costruttive sperimentali e l’introduzione di nuovi materiali nel sistema struttura/involucro in seguito alla Rivoluzione Industriale e lo sviluppo delle strutture miste, che hanno determinato una sostanziale trasformazione della chiusura esterna da componente portante a componente perimetrale dell’involucro edilizio. Tale scissione, catalizzata nell’Ottocento con l’introduzione del concetto di prefabbricazione degli elementi costruttivo ed una eterogeneità dei materiali tradizionali ed innovativi (laterizio, ferro, ghisa, cemento), ha dato vita alla progressiva scomposizione delle funzioni del sistema involucro, in parte portanti, in parte di “pelle-filtro”, in grado di ottimizzare le interazioni tra ambiente interno e ambiente esterno. Gli autori non si limitano a una mera esposizione di fatti, ma offrono anche una riflessione critica sul significato e sull'impatto di tali trasformazioni nel contesto più ampio delle strutture, dei materiali, dei sistemi edilizi e dell’architettura.

Nella approfondita disamina delle mutazioni delle componenti costruttive e del nascente concetto di organismo edificio-impianto, gli autori rintracciano in numerosi episodi della storia dell’architettura i segni tangibili di questa modificazione che ha comportato la scissione tra struttura e involucro, interdipendenti tra loro, ma sempre correlati dal punto di vista formale e costruttivo. Tra i numerosi esempi, il più significativo è un’opera considerata ai più sconosciuta: il Moulin de la chocolaterie Menier a Noisiel (Francia), progettato nel 1871 da Jules Saulnier. L’opera, infatti, può essere considerata la prima architettura in cui si manifesta chiaramente una organica e compiuta separazione tra la struttura metallica pluripiano e l’involucro in mattoni di laterizio. Infatti, la struttura metallica costituita da montati verticali, orizzontali e controventi diagonali è inglobata nella muratura secondo un gioco espressivo di planarità e sottosquadro rispetto al filo esterno della muratura. Nel progetto, l’architetto rinuncia peraltro a qualsiasi forma di gerarchizzazione dettata dagli ordini, esibendo, invece, un disegno di pura espressione ornamentale, coerente con la raffinatezza della esile struttura intelaiata.

Il Moulin de la chocolaterie Menier a Noisiel rappresenta la genesi di una nuova scuola di pensiero che troverà sviluppi diversificati in tutti i paesi maggiormente industrializzati: dalla macchina dell’abitare in Europa, alla scuola di Chicago e alla architettura della prateria in America del Nord; dal balloon frame al curtain wall; dalla struttura in calcestruzzo armato all’involucro neutro e alle strutture a telaio in acciaio.

Ai numerosissimi esempi di nuove architetture e di nuovi paradigmi costruttivi e materici descritti nella pubblicazione, non mancano anche interessanti riflessioni che supportano alcuni capisaldi della storia dell’architettura o che, addirittura, ‘ritracciano’ fornendo tesi alternative del tutto inedite, come l’invenzione della facciata continua, la cui paternità non può essere attribuita ai pionieri della Glasarchitektur, ma all’intuizione di un inventore e produttore di giocattoli di nome Richard Steiff, che molti anni prima della nascita della scuola a Weimar, realizzò una fabbrica di giocattoli adottando una parete continua in vetrocamera e struttura in acciaio rivettato e controventato. L’intuizione di Steiff rimase in quegli anni una testimonianza di progresso sconosciuta, troppo in anticipo con i tempi: il teorico Sigfried Giedion era troppo giovane per apprezzarne l’evoluzione teorica del sistema involucro; Hermann Muthesius o Heinrich Tessenow erano troppo interessati al lavoro artigianale per notare l’acciaio e le fabbriche moderne, mentre il maestro ispiratore dell’architettura in vetro Paul Scheerbart, non aveva ancora pubblicato la sua Glasarchitektur (1914). La fabbrica Steiff, inoltre, venne messa in ombra prima dalla Esposizione del 1914 del Deutscher Werkbund a Colonia, poi dalla costruzione di altri edifici industriali tedeschi, tra cui la famosa AEG Turbine progettata da Peter Behrens nel 1908 e le Officine Fagus progettate nel 1911 da Walter Gropius.

Il quarto capitolo prosegue analizzando fluentemente il rapporto struttura/involucro dalla Rivoluzione Industriale, al Movimento Moderno, dal Postmodernismo alla contemporaneità, quest’ultima caratterizzata dalle facciate mediatiche e dal processo di globalizzazione.

Il quinto e ultimo capitolo, intitolato “L’involucro di edifici complessi: tecnologie innovative e criticità nel progetto contemporaneo” definisce come la produzione tecnologica degli ultimi anni ha dato nuovo impulso alla ricerca di soluzioni alternative per l’involucro. Un processo evolutivo che consente di affermare l’involucro non come un mero insieme di strati e materiali combinati tra loro, ma concepito come una composizione di elementi, funzionalmente differenti e/o complementari, sinergicamente collaboranti tra loro al fine di dare luogo ad un efficiente sistema di divisione tra due ambienti. Si affrontano i principali compiti cui deve assolvere oggi l’involucro, come la separazione fisica tra ambiente interno ed esterno, il mantenimento e regolazione del comfort termico, acustico, luminoso e l’importante quanto attuale tema del contenimento del fabbisogno energetico. L’involucro è divenuto sempre più una superficie in grado di variare le prestazioni intrinseche al mutare delle condizioni ambientali esterne e delle esigenze indoor degli utenti. A tal proposito vengono indagati numerosi sistemi, enunciati ed esemplificati mediante l’ausilio di efficaci quadri sinottico-comparativi. Nel capitolo, inoltre, si affronta il tema della complessità del sistema involucro che comporta, oggi, una progettazione in grado di definire in modo preciso le caratteristiche del sistema, di individuare e sviluppare i nodi critici e di considerare gli aspetti di velocità e facilità di posa in opera, manutenzione e controllo delle prestazioni di involucro e di impianto. L’obiettivo è raggiungere un adeguato soddisfacimento dei requisiti di comfort e garantire la sicurezza e incolumità degli utenti.

La monografia si chiude volgendo uno sguardo alle più innovative sperimentazioni presenti e future del sistema involucro (Innovative Building Envelope), un ambito di ricerca molto complesso e articolato. Tra le tematiche più importanti si segnalano: a) i sistemi multistrato di tipo termoisolato, b) i sistemi con strati a spessore ridotto, c) nuove tipologie di vetro e di coating per una maggiore riflessione o “permeabilità” verso l’interno della radiazione solare, d) complessità formale e geometrica del sistema involucro, e) integrazione con servizi tecnologici, f) sicurezza antincendio di tipo prestazionale mediante un nuovo approccio alla prevenzione incendi (Fire Safety Engineering - FSE), g) controllo della durabilità e del fabbisogno manutentivo degli strati maggiormente esposti al degrado, h) accessibilità, manutenzione e sicurezza del sistema involucro (unità di manutenzione permanente - BMU, piattaforme sospese temporanee - TSP, etc.), i) gli involucri adattivi; j) sistemi BIPV.

 

Nel panorama post-industriale e vocato al concetto di edilizia circolare e di Green Economy, gli autori introducono anche una nuova frontiera del sistema involucro: l’involucro biopolimerico. Numerose sono le potenzialità di applicazione dei materiali biocompositi prodotti a partire da materie di scarto e fonti rinnovabili, assicurando un processo di dismissione a basso impatto ambientale. L’obiettivo principale è promuovere, attraverso la sinergia tra architettura e biologia, nuovi materiali naturali per il sistema involucro che possano ridurre l’utilizzo di polimeri sintetico-artificiali o, comunque, di tutti quei materiali altamente inquinanti per l’ambiente e che richiedono un elevato impiego di materie prime ed energia per il loro intero ciclo di vita. Gli autori, infatti, sono promotori anche di importanti sviluppi sperimentali e prototipali di innovativi materiali a matrice biopolimerica da introdurre nell’organismo edilizio ed in modo particolare per l’isolamento termico e acustico del sistema involucro.

Per raggiungere l'obiettivo della sostenibilità negli edifici, è di grande importanza condurre ottimizzazioni multi-obiettivo dell’involucro edilizio che coinvolgano tutti gli aspetti della pratica progettuale, esecutiva e prestazionale. La progettazione completa dell'involucro edilizio richiede, infatti, un approccio multi-significato: prestazioni energetiche, comfort termico, comfort visivo, qualità tecnologica, interazioni con gli elementi edilizi, con l’ambiente e il clima.

In questo contesto orientato alla specializzazione e innovazione, grazie alla sua chiarezza espositiva, alla ricchezza di immagini e al rigoroso impianto scientifico, la monografia rivela come l’involucro assume un ruolo primario ed è oggetto di innovazione e specializzazione che se da un lato ne accresce la complessità, dall’altro può e deve avere ripercussioni molto positive sul comportamento e l’efficienza complessiva dell’edificio, anche tramite opportune sinergie e interazioni con tutti gli altri sistemi dell’organismo edilizio. È evidente, pertanto, che il tema dell’evoluzione dell’involucro edilizio sia di fondamentale interesse in ambito accademico, sia sotto il profilo progettuale, sia della ricerca e dello sviluppo tecnologico e sperimentale. Le molteplici soluzioni che provengono dalla tradizione costruttiva sono testimonianza di una forte spinta innovativa e sperimentale, tipica di ogni epoca, sia nel settore delle costruzioni, sia in quello della produzione e dell’industria.

Federica Ribera

 

 

 

N.d.C. – Professore Ordinario di Architettura Tecnica all’Università degli Studi di Salerno, Federica Ribera insegna nel corso di laurea magistrale a ciclo unico in Ingegneria Edile-Architettura e nel dottorato di ricerca Ingegneria Strutturale, Architettura e Patrimonio Storico, Architettonico e Paesaggistico (SACH). Presso lo stesso ateneo è direttrice del Master di II livello biennale “LIVHE – living Heritage Approcci innovativi nella pratica della conservazione, valorizzazione e gestione dell’ambiente costruito, di monumenti e siti storici".

Tra i suoi libri: con Marina Fumo, a cura di, Piano del colore. Linee guida per la manutenzione delle facciate del centro storico (Comune di Trieste, 2001); Le coloriture dell'edilizia storica napoletana. Metodi e strumenti per il progetto di manutenzione (Luciano, 2002); Santa Teresa a Massa Lubrense. Un monastero di clausura tra storia e restauro (Arte tipografica, 2003); a cura di, Luci tra le rocce. Colloqui internazionali Castelli e città fortificate: storia, recupero, valorizzazione, Salerno, 29-30 aprile 2004 (Alinea, 2005); a cura di, Pietre tra le rocce. Colloqui internazionali Castelli e città fortificate, storia, recupero, valorizzazione, catalogo della mostra Fisciano, 30 aprile-14 maggio 2004 (Alinea, 2005); Salerno tra le due guerre. L'edilizia pubblica e le residenze private (Paparo, 2010); con Pasquale Cucco, La storia che r(esiste). Approcci alla conservazione e valorizzazione dei ruderi (FrancoAngeli, 2019); a cura di, Achille Bonito Oliva, Giovanni Carbonara, Gianmarco De Felice, Il tempo nuovo della tradizione. Confronti tra conservazione e innovazione (Liguori, 2019); a cura di, Architettura a rischio. Tutela, conservazione, trasformazione (Aracne, 2022); con Pasquale Cucco, a cura di, Pier Luigi Nervi e la questione del moderno. Cultura della conservazione e centralità del progetto (Aracne, 2023).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.




© RIPRODUZIONE RISERVATA

13 DICEMBRE 2024

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Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture interpretative e progettuali

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F. Camerin, Per una transizione ecosociale, commento a: N. Morán Alonso, J. L. Fernández Casadevante, F. Prats e A. Hernández Aja, Biorregiones (Icaria, 2023)

P. O. Rossi, Roma Adagio, commento a: F. Erbani, Roma adagio (Damiani, 2023)

M. Ponti, Urbanistica/economia: riaprire il dialogo, commento a: A. Bertaud, Order without Design (MIT press, 2018)

A. L. Palazzo, Sul futuro dell'urbano e della forma città, commento a: P. Bairoch, Dall’urbanizzazione alle città (Elèuthera, 2023)

R. L. Peragine, L'architettura del debito, Commento a: A. di Campli, C. Cempini, Debito e spazio (LetteraVentidue, 2024)

A. Petrillo, La bellezza salverà le città? commento a: G. Consonni, Non si salva il pianeta se non si salvano le città (Quodlibet, 2024)

M. Sèstito, La stanza e l'astanza in Louis Kahn, commento a: F. Visconti, Lo spazio al centro in Kahn (LetteraVentidue, 2023)

L. Zevi, Un razionalismo ben temperato, commento a: E. Svalduz, S. Zaggia, (a cura di), Daniele Calabi. L’architetto e la città di Padova nel secondo dopoguerra (LetteraVentidue, 2024)

L. Konderak, Per una razionalità ecosistemica, commento a: O. Marzocca, Il virus della biopolitica: forme e mutazioni (Efesto, 2023)

G. Nuvolati, Capire le città: i dati non bastano, commento a: A. Balducci (a cura di), La città invisibile (Feltrinelli, 2023)

M. Agostinelli, Crisi climatica? Colpa dei nazionalismi, commento a: D. Conversi, Cambiamenti climatici (Mondadori Education, 2022)

R. Pavia, La cura è nel Mediterraneo, commento a: P. Barbieri, A. Fiorelli, A. Lanzetta, Il respiro delle città (Libria, 2023)

F. Cardullo, Non tutto è città, commento a: G. Fera, Spazio pubblico e paesaggio urbano nella città moderna (Planum Publisher, 2020)

E. Scandurra, Roma, scenografia urbana e vita quotidiana, commento a: F. Erbani, Roma adagio (Edea, 2023)

B. Bottero, Città femminili? Ahimè, non ancora, commento a: E. Granata, Il senso delle donne per la città (Einaudi 2023)

A. Calafati, Capitalismo e degenerazione urbanistica, commento a: F. Chiodelli, Cemento armato (Bollati Boringhieri, 2023)

M. Barzi, Il potere dei parchi urbani, commento a: M. Sioli, Central Park (Elèuthera, 2023)

B. Bonfantini, Politiche abitative e governo urbano, commento a: A. L. Palazzo, Orizzonti dell'America urbana (Carocci, 2022)

G. Azzoni, Quando l'architettura è donna, commento a: A. Brandino (a cura di), Antonietta Iolanda Lima architetto (Gangemi, 2024)

M. A. Crippa, Sacro e profano: un nodo architettonico, commento a: M. Botta, Il cielo in terra (Libri Scheiwiller, 2023)

R. Baiocco, E. Beacco, Geddes: la ricerca del metodo, commento a: La città è vostra. Patrick Geddes (LetteraVentidue, 2021)

S. Tagliagambe, Salvare le città: una questione politica, commento a G. Consonni, Non si salva il pianeta se non si salvano le città (Quodlibet, 2024)

C. Olmo, Ansia sociale e progettualità, commento a: V. Costa, v La società dell’ansia (Inschibboleth Ed., 2024)

V. Conte, Come si studia il territorio, commento a: G. Nuvolati, M. d’Ovidio (a cura di), Temi e metodi per la sociologia del territorio (Utet, 2022)

G. Pasqui, Spazio, vita e progetto, commento a: P. Viganò, Il giardino biopolitico (Donzelli, 2023)

F.Barbera, Dissidi culturali? No, errori interpretativi, replica al commento di O. De Leonardis

M. Filandri, L'Italia è povera, commento a: C. Saraceno, D. Benassi e E. Morlicchio, La povertà in Italia (il Mulino, 2022)

G. Dematteis, Cosa ci ha insegnato la pandemia, commento a: C. Bertuglia, F. Vaio (a cura di), La città dopo la pandemia (Aracne, 2023)

L. Sciolla, Genealogia della creatività, commento a: P. Perulli, Anime creative (il Mulino, 2024)

G. Consonni, Roma: il possibile riscatto, commento a: E. Scandurra, Roma. O dell’insostenibile modernità (MachinaLibro, 2024)

P. Gabellini, Napoli, il coraggio della verità, commento a: A. Belli (a cura di), Dire-il-vero. Napoli nel secondo Novecento (Guida, 2023)

D. Calabi, Proiettare il passato nel futuro, commento a: G. Zucconi (a cura di), Ricostruire Longarone (IUAV, Silvana ed. 2023)

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G. M. Flick, La città dal diluvio universale all'arcobaleno, commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio (a cura di), La città dopo la pandemia (Aracne, 2023)

V. Prina, Esplorare e raccontare Varese, commento a: L. Crespi (a cura di), Atlante delle architetture e dei paesaggi dal 1945 a oggi in provincia di Varese (Silvana ed., 2023)

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S. Tagliagambe, Al diavolo la complessità, commento a: J. Gregg, Se Nietzsche fosse un narvalo (Aboca, 2023)

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C. Saraceno, Una casa di tutti, commento a: A. Agnoli, La casa di tutti (Laterza, 2023)

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W. Tocci, Visibile-invisibile per il buongoverno urbano, commento a: A. Balducci(a cura di), La città invisibile (Feltrinelli, 2023)

I. Forino, Una casa (e un arredo) per tutti, commento a: G. Consonni, Il design prima del design (La Vita felice, 2023)

E. Ruspini, Intersezionalità e Teoria sociale critica, commento a: P. Hill Collins,Intersezionalità come teoria critica della società (UTET Università, 2022)

M. Caja, Il tempo fa l'architettura, commento a: A. Torricelli, Il momento presente del passato (FrancoAngeli, 2022)

A. Porrino, Biopolitica e governo delle condotte, commento a: O. Marzocca, Il virus della biopolitica (Efesto, 2023)

A. Bonaccorsi, La Storia dell'aerchitettura è la Storia, commento a: C. Olmi, Storia contro storie. Elogio del fatto architettonico, (Donzelli, 2023)

M. Venturi Ferriolo, La città vivente, commento a: S. Mancuso, Fitopolis, la città vivente (Laterza 2023)

G. Pasqui, Città: fare le cose assieme, commento a: B. Niessen, Abitare il vortice (Utet, 2023)