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LA RIGENERAZIONE È UNA SFIDA
Commento al libro di Anna Laura Palazzo e Antonio Cappuccitti
Claudia de Biase
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Il lavoro di Anna Laura Palazzo e Antonio Cappuccitti, Rigenerazione urbana. Sfide e strategie, apparso quest’anno nella collana “Ambiente e sfide globali” di Carocci, costituisce un’interessante messa a punto dei temi e problemi legati alla “nuova questione urbana”, una messa a punto ricca di riflessioni e spunti innovativi, di carattere non solo teorico, ma anche operativo. Entrambi gli autori hanno al loro attivo esperienze importanti di studio nel campo della rigenerazione: la Palazzo con ricerche che, partendo dal riuso delle città storiche, si sono poi estese alla diversa complessità delle trasformazioni e del rinnovamento urbano delle metropoli statunitensi (è del 2022 Orizzonti dell’America urbana. Scenari politiche progetti edito da RomaTre Press), Cappuccitti con costante attenzione per l’analisi morfologica e per gli strumenti di carattere innovativo introdotti in Italia per il miglioramento della qualità urbana.
Come emerge già dalla puntuale sintesi tracciata nella seconda parte dell’Introduzione, il lavoro ruota intorno ad alcuni macrotemi che, nei fatti, concorrono a dare corpo al concetto stesso di rigenerazione in relazione sia alle sfide che la città contemporanea deve affrontare sia alle strategie da mettere in campo: a partire dal nodo di una definizione di area urbana anche alla luce della necessità di strutturare una politica per Agenda 2030, nel testo si affrontano problemi quali la pianificazione e il ruolo del governo del territorio, la politica della casa, il consumo di suolo, la sostenibilità urbanistica, ambientale e socio-economica, la partecipazione delle comunità locali ai processi decisionali, il peso diverso dell’intervento pubblico e degli investitori privati nelle modalità rigenerative, l’uso di tecnologie verdi e la necessità di una transizione verso un’economia a bassa emissione di carbonio. Un tale tipo di impianto conferma con tutta evidenza che la questione della rigenerazione urbana segue un tracciato multidirezionale a cui bisogna accostarsi con un approccio pluridisciplinare e integrato, che vada al di là della sola dimensione urbanistica, secondo quanto indicato anche nella relazione del disegno di legge 1131/2019.
In Italia le prime sperimentazioni di interventi orientati in più direzioni si sono avute con l’avvio negli anni Novanta di iniziative comunitarie, quali i Progetti pilota urbani e i Programmi Urban I e II; parallelamente, per quanto riguarda gli strumenti, le procedure e gli interventi normativi, è cominciata la lunga stagione della cosiddetta "urbanistica concertata", che in alcuni momenti, come è opportunamente sottolineato da Cappuccitti, è diventata essa stessa una spia interessante dell’ampliamento del concetto di rigenerazione: è quanto emerge, ad esempio, dal recente Programma Innovativo per la Qualità dell’Abitare PINQUA (1) che punta alla rigenerazione delle periferie urbane attraverso la riduzione del disagio abitativo con particolare attenzione alla sostenibilità, alla densificazione morfologica e alla riduzione del consumo di suolo. In tutti i casi, comunque, come accade per l’urbanistica concertata, i processi di rigenerazione, anche se sono saldamente in mano alla committenza pubblica, richiedono una condivisione da parte dei privati in un rapporto che tenga conto della certezza delle regole e della flessibilità.
Anna Laura Palazzo esamina con grande puntualità le differenti forme di partenariato praticate nei vari ordinamenti e, soprattutto, le diverse modalità con cui il rapporto pubblico-privato si esplica nel modello continentale e nel modello anglosassone. Nel capitolo successivo (Sperimentazioni e linee di tendenza), Serena Muccitelli ripercorre gli ultimi cinquant’anni del secolo scorso e l’inizio di questo secolo per capire quali spinte, o meglio quali fattori di crisi, quali congiunture hanno determinato, in Europa e oltreoceano, l’esigenza della rigenerazione. Una Tabella costruita su una periodizzazione decennale (2.1) dà un quadro chiaro dei livelli di interesse che si considerano e delle tendenze che di volta in volta hanno dato il via ai cambiamenti. In ogni caso, comunque si guardi alle vicende di quegli anni, è chiaro che c’è un ampliamento progressivo del focus degli interventi: la rigenerazione, oltre a interessare i luoghi fisici degradati, interessa ancor prima e sempre più le persone, ponendosi come obiettivo il superamento delle emergenze sociali, oltre che urbane.
L’analisi di alcune importanti esperienze internazionali – Stati Uniti, Francia e Barcellona – condotta nel capitolo successivo con grande competenza dalla Palazzo, oltre ad approfondire temi importanti, quali le strategie politiche, il rapporto tra governo centrale e collettività territoriali (Francia), il ruolo dell’intervento pubblico e privato, fa luce anche sui diversi strumenti di intervento adottati nelle varie realtà e chiarisce la differente origine dei processi di rigenerazione: negli States tutto ruota intorno alla politica della casa, in Francia si parte dall’esigenza di riqualificare i quartieri sensibili dove si concentra l’edilizia popolare, a Barcellona è il forte impulso al rinnovamento urbano (almeno nelle prime due fasi) a dare il via alle trasformazioni (2). Un caso-studio particolare, approfondito successivamente, è l’intervento sul quartiere di La Duchère di Lione, dove il processo di rigenerazione, che ha raccolto ampio gradimento sia sotto il profilo della sostenibilità che in termini di attrazione insediativa, è passato tuttavia per un esperimento sociale di forte impatto e di dubbia efficacia (5.2). Per quanto riguarda, infine, il caso italiano, la Palazzo ritorna sugli itinerari del riuso con una particolare attenzione per i centri storici, partendo dal Piano decennale per la casa (legge 457/1978) e ricostruendo in maniera puntuale le tappe di un percorso semantico e legislativo che ha riflessi notevoli sia sulla morfologia urbana che sociale.
La situazione cambia e diventa di più difficile soluzione quando la rigenerazione interessa, come nel caso di Roma (ma non solo), àmbiti di origine abusiva: come sottolinea la D’Ascanio (4.2), le sanatorie consentite dai condoni negli ultimi decenni restituiscono in ogni caso una città non recuperata e sicuramente deficitaria dal punto di vista della dimensione pubblica, in quanto priva ab origine di spazi verdi, di servizi collettivi, di infrastrutture.
Nella seconda parte del lavoro Antonio Cappuccitti, dopo aver riassunto i caratteri di molteplicità e di complessità dei processi di rigenerazione territoriale e urbana, si occupa dei procedimenti, dei dispositivi e degli approcci formali che possono essere impiegati in Italia per la pianificazione, progettazione e attuazione degli interventi. Sottolineato che gli interventi di rigenerazione devono necessariamente poggiare su una visione condivisa di futuro e devono accompagnarsi a una buona capacità di elaborare finalità e obiettivi, l’autore individua il Piano strategico come lo strumento pianificatorio che per le sue caratteristiche intrinseche maggiormente consente di predisporre organiche iniziative di rigenerazione, da attuare poi con programmi e strumenti di carattere differenziato, a seconda delle finalità degli interventi e delle situazioni di contesto.
A questo proposito, per quanto riguarda la legislazione di carattere nazionale, in qualche modo più arretrata rispetto alle legislazioni regionali, lo studioso passa in esame quattro famiglie di dispositivi che, sebbene introdotte in situazioni e momenti storici diversi, sono a suo giudizio utilizzabili per interventi di rigenerazione urbana: i Piani attuativi, l’Urbanistica concertata con i programmi complessi (il focus si incentra sui Programmi integrati di intervento e i Contratti di quartiere), gli strumenti e programmi per lo sviluppo locale con i Patti territoriali e i Contratti d’area, la programmazione territoriale di carattere contrattuale-pattizio (il focus qui verte sui Contratti di fiume). Il nodo centrale, però, riguarda soprattutto il rapporto tra pianificazione e rigenerazione urbana nei suoi molteplici aspetti, a partire dall’esigenza di coordinare più interventi di rigenerazione in una visione unitaria di livello urbano o territoriale.
Su questo terreno in particolare si è misurata la ricerca scientifica con interessanti sperimentazioni, quale la elaborazione di nuovi strumenti come i Compendi comunali delle regole, gli Schemi di assetto urbanistico, i Piani degli spazi pubblici per parti omogenee della città o per quartieri (3), ampiamente discussi dall’autore. Su altri aspetti, quale l’elaborazione di programmi di rango locale e di carattere strategico, un contributo è venuto in qualche caso dalle Regioni (si fa riferimento ai Quadri strategici di valorizzazione introdotti nel 2008 dalla Regione Umbria), oppure – come nel caso della concertazione pubblico-privato e dell’utilizzo dello strumento fiscale nella rigenerazione - dall’Istituto nazionale di Urbanistica con la recente proposta (2021) dei Programmi integrati d’area. Procedendo nella trattazione lo studioso passa poi a discutere degli strumenti di controllo della qualità della progettazione attivati soprattutto dalla parte pubblica, con una costante attenzione per la dimensione morfologica e spaziale; sceglie, quindi, e non a caso, di analizzare in tutte le sue fasi la procedura di controllo di un Programma Integrato di intervento ex lege 179/1992, uno strumento molto utilizzato per progetti di rigenerazione urbana e, per di più, caratterizzato da modalità operativo-gestionali applicabili ad altre tipologie di dispositivi. A conclusione dell’analisi emerge che, in confronto ad altre culture urbanistiche europee (ad esempio la Francia), c’è un ritardo tutto italiano in materia di controllo della qualità morfologica nel progetto urbano, nonostante l’esteso patrimonio di ricerche e sperimentazioni maturate nel settore negli ultimi decenni.
L’ultimo capitolo completa il quadro sullo stato dell’arte delle politiche e delle pratiche della rigenerazione urbana in Italia con una trattazione delle più recenti novità legislative, sia in àmbito nazionale che regionale. L’analisi parte dal d.d.l. 1131/2019 della XVIII legislatura (Misure per la rigenerazione urbana) che, pur non avendo mai completato il suo iter, ha acceso durante la discussione parlamentare un vivace dibattito, a cui ha partecipato anche l’INU. Le Considerazioni sul disegno di legge, pubblicate dall’Istituto, aldilà dell’esame analitico dei singoli punti del d.d.l. con valutazioni ora positive ora negative (p. 177), poggiano su un condiviso e condivisibile principio di carattere metodologico: il tema della rigenerazione non va trattato in maniera isolata, ma deve essere inserito, in maniera coordinata con altre materie, all’interno di una Legge quadro sul governo del territorio e deve rappresentare una delle finalità fondamentali del nuovo piano urbanistico, unitamente al contenimento del consumo di suolo, alla transizione ecologica e alla lotta al cambiamento climatico.
A questi principi si ispira chiaramente la bozza di legge a cui l’INU ha poi lavorato (Legge di principi fondamentali e regole generali per il governo del territorio e la pianificazione) e che è stata resa pubblica nel novembre del 2023. Ancora, per stare all’attività legislativa nazionale dell’ultimo quinquennio, la rigenerazione urbana e territoriale compare anche nella proposta di Riforma urbanistica del Ministero delle Infrastrutture (ottobre 2022) come uno dei dodici principi fondamentali del governo del territorio, insieme al contenimento del consumo di suolo e alla sostenibilità ambientale. Infine, nel giugno del 2023 è stata presentata la bozza del d.d.l. S 761 (Disposizioni in materia di rigenerazione urbana) che, nell’àmbito della XIX legislatura, sotto la spinta del PNRR, riprende la discussione avviata e interrotta nella legislatura precedente. Di tutti questi documenti di carattere nazionale sono analizzati gli elementi più problematici e di maggiore novità.
Per quanto riguarda, infine, la produzione legislativa di livello regionale, l’analisi dei testi – vuoi che si tratti di leggi specifiche sulla rigenerazione urbana o sul contenimento del consumo di suolo (Puglia, Lazio, Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Campania), vuoi che le due materie rientrino nelle leggi generali sul governo del territorio (Toscana, Umbria, Emilia-Romagna, Sicilia) – dimostra che, a fronte di una condivisa adesione dei governi regionali alle finalità di base della rigenerazione, non c’è, invece, nella definizione di strumenti e procedure, omogeneità di scelta sugli aspetti specifici da privilegiare (edilizi, energetici, partecipativi ecc.): questo dato, se per un verso rivela oggettiva diversità di impostazione, dall’altro può fornire suggerimenti utili dei quali tener conto per la futura attività legislativa, soprattutto di carattere nazionale. Per quanto riguarda poi le esperienze sul campo, le tendenze e gli orientamenti prevalenti nelle varie Regioni si possono desumere soprattutto dalle modalità attivate per dare attuazione ai propri testi di legge, come nel caso, analiticamente illustrato, della Toscana e dell’Emilia-Romagna.
Nelle Conclusioni gli autori, tirando le somme del lavoro svolto, pongono l’accento sui concetti-chiave che, come un filo rosso, attraversano le ricerche e i casi-studio: la necessità di forme di governance capaci di coniugare certezze e flessibilità (o meglio, di fronte ai nuovi scenari, di contenere l’incertezza senza rinunciare alla flessibilità), l’attenzione per il ripristino degli ecosistemi, il diritto alla casa come presupposto del diritto alla città, gli interventi sulla città pubblica, tra l’altro favoriti dal PNRR, come volano per una rigenerazione inclusiva e sostenibile. E, per quanto riguarda specificamente le strategie, la necessità di un approccio multidisciplinare, incentivi per gli interventi di carattere fiscale e perequativo, l’utilizzo di forme di partenariato con un efficace controllo pubblico, la partecipazione delle comunità, anche per rafforzare il senso di appartenenza e di responsabilità dei cittadini. Si tratta, in definitiva, di un lavoro di indubbia utilità, bene organizzato e ben condotto, che, nel quadro di una tematica complessa e articolata, non tralascia né elude alcuna questione, ma offre una lettura completa del fenomeno, prospettando soluzioni e suggerendo anche nuovi percorsi di ricerca.
Claudia de Biase
Note 1) Il programma, avviato nel dicembre 2019 (legge 160/2019) con finanziamenti nazionali (800 milioni di euro), è stato successivamente (Decreto del 7 ottobre 2021) rifinanziato con i fondi PNRR dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile 2) Degli Stati Uniti e della Francia si occupa Anna Laura Palazzo (3.1 e 3.2), del caso Barcellona Serena Muccitelli (3.3). 3) Si tratta della direttrice di sperimentazione messa in campo dai gruppi di ricerca coordinati da Buttarelli e Colarossi, a cui si fa esplicito riferimento (pag. 148 ss.)
N.d.C. Claudia de Biase è professore associato di Tecnica e pianificazione urbanistica all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Insegna Sostenibilità sociale e coordina il Laboratorio di Tecnica e Pianificazione urbanistica presso il corso di laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura e il Laboratorio di Urbanistica e Pianificazione presso il corso di laurea in Scienze e Tecniche dell’edilizia. Svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale. Partecipa a progetti di ricerca e a convegni e conferenze nazionali e internazionali. È membro del comitato scientifico di alcuni periodici specialistici e svolge attività di peer-review.
Tra i suoi libri: Un toolkit per le piccole e grandi trasformazioni urbane (Aracne, 2007); con Salvatore Losco, Abusivismo urbanistico e pianificazione comunale verso la rigenerazione (Le Penseur, 2023).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R. © RIPRODUZIONE RISERVATA 13 DICEMBRE 2024 |
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