Giuseppe Dematteis  
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COSA CI HA INSEGNATO LA PANDEMIA


Commento al libro curato da Cristoforo Bertuglia e Franco Vaio



Giuseppe Dematteis


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Questo libro curato da Cristoforo Sergio Bertuglia e Franco Vaio - La città dopo la pandemia, edito da Aracne nel 2023 nella collana Studi Urbanistici della Fondazione Aldo Della Rocca - è una rassegna a più voci su come la pandemia da Covid-19 ci ha aiutato a capire le nostre città nel bene e nel male, e a immaginare il loro futuro. Consta di una trentina di contributi che, durante i mesi in cui il virus imperversava, i curatori dell’opera avevano raccolto di volta in volta nella piattaforma multimediale Il Bo Live dell’Università di Padova (diretta da Telmo Pievani) assieme a Pietro Greco, che ne era il caporedattore. L’interesse del volume deriva dalla reazione “a caldo” degli autori e delle autrici dei contributi, in quanto espressione delle loro diverse esperienze e appartenenze politico-culturali. Pur uscendo in una collana di studi urbanistici e con la cura di un eminente studioso di fenomeni urbani e territoriali come Bertuglia, l’opera registra il modo di vedere e di interpretare la città riferibile anche a competenze relative ad altri campi del sapere (storia, ecologia, economia, sociologia, antropologia culturale, ricerca operativa, analisi dei sistemi) e a quelle di editorialisti, manager e progettisti.

Agli autori dei contributi era stato chiesto di descrivere l’impatto della pandemia sulle città e di segnalare i modi con cui queste stavano rispondendo in vista del loro futuro post-pandemico. Si voleva capire se dopo la pandemia le città sarebbero tornate ad essere come prima o se invece sarebbero cambiate, perché e come. Colpisce constatare che, mentre l’opinione pubblica e la pratica quotidiana del dopo Covid sembrano orientate più alla prima che alla seconda di queste alternative, tutti gli interventi concordano invece nel vedere la crisi pandemica come un’occasione per rimediare agli errori del passato e come stimolo a porvi rimedio. Ma di che tipo dovrà (o potrà) essere questo cambiamento? La città verrà rifiutata in quanto concentrazione demografica esposta a futuri contagi? Oppure il cambiamento, per quanto profondo, non sarà tale da mettere in discussione la vecchia idea della città come hominum multitudo societatis vinculo adunata? Nel libro la prima alternativa è rifiutata da tutti gli autori che, più o meno esplicitamente, ritengono che anche dopo il Covid le città dovranno continuare ad essere al tempo stesso urbs e civitas. In particolare, viene respinta l’idea di chi troppo affrettatamente prevedeva un esodo massiccio della popolazione urbana verso i borghi e gli spazi rurali. Di fatto, a più di due anni dalla fine della fase critica della pandemia, non risulta che le grandi città mostrino segni di declino.

La maggior parte di chi scrive è consapevole della complessità dei problemi e dei modi per governare le città. Pietro Terna affronta la complessità con un modello di simulazione che permette di intervenire sugli effetti economici e sociali della pandemia. Roberto Tadei tratta dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che permette di passare dalla smart city alla artificially intelligent city, ovvero a una città in grado di far fronte a obiettivi particolarmente complessi. La complessità si rivela anche in problemi che sembrano richiedere soluzioni puramente tecniche. Un buon esempio è offerto da Pasquale Palumbo, che smonta l’opinione semplicistica secondo cui l’uso dei mezzi elettrici collettivi e individuali renderebbe sostenibile la mobilità urbana. Ricostruendo la filiera globale delle batterie, egli dimostra che le emissioni di CO₂ per produrne le componenti - in particolare per quanto riguarda estrazione, lavorazione e trasporto dei minerali di litio e cobalto - possono non essere sostenibili sotto l’aspetto ambientale e certamente non lo sono sotto l’aspetto etico e sociale a causa dell’ampio ricorso al lavoro minorile nei paesi di estrazione.

I curatori del libro - che nel 2019 avevano pubblicato da Bollati Boringhieri Il fenomeno urbano e la complessità recensito in questa rubrica da Agata Spaziante, Walter Tocci e Roberto Tadei - nel saggio introduttivo, scritto assieme a Greco (da poco prematuramente scomparso), sottolineano la complessità dei problemi evidenziati dal virus che investono tutti i campi dell’inchiesta, dai più direttamente chiamati in causa, come quello sanitario, economico, dei trasporti, della sicurezza, del tempo libero e delle tecnologie telematiche, ai più generali, come quelli ambientali, urbanistici e sociali, quelli dei legami comunitari, dell’istruzione, delle attività culturali, del turismo. La loro conclusione è che la pandemia rappresenta uno spartiacque tra un prima inadeguato e un dopo che richiede un salto di qualità. Dopo aver avvertito che il futuro delle città - considerate sistemi auto-organizzanti, caratterizzati da turbolenze ed emergenze - non è facile da prevedere, i curatori ritengono che la pandemia ci impone di ripensare radicalmente il nostro modo di vita al fine di costruire assieme una città diversa: inclusiva, duratura, sostenibile. Nel capitolo conclusivo, riflettendo sugli effetti delle grandi epidemie storiche, essi pensano a una città post-pandemica rifondata sui suoi principi costitutivi originari. In pratica ciò significherebbe porre un freno alla crescita illimitata delle megacittà, rafforzare i legami comunitari di prossimità, realizzare un governo pubblico multilivello potenziato dall’intelligenza artificiale, ampliare la fruibilità dello spazio urbano grazie a un sistema diramato di trasporto pubblico e di infrastrutture digitali che faciliti la connessione dei quartieri centrali con le periferie urbane e con i territori circostanti. Queste indicazioni riprendono le analisi e le proposte dettagliate che troviamo negli altri contributi. Essi sono troppo numerosi, ricchi e vari per darne qui un quadro completo. Mi limiterò a mettere in evidenza gli aspetti che mi paiono particolarmente indicativi in modo da sollecitare la lettura del libro da parte di chi vorrà saperne di più.

Molti contributi si rifanno alla storia delle nostre città. Stefano Zamagni individua il loro codice genetico nel modello di ordine sociale nato nella città medievale, basato sull’economia di mercato. Secondo questo autorevole economista le città, divenute oggi fonti di vantaggi competitivi in un’economia di mercato globale, devono dotarsi di un ordinamento sociale ed economico nuovo, di tipo cooperativo, sostenuto da assetti istituzionali basati sul principio di sussidiarietà e sulla governance come alternative al dirigismo burocratico-amministrativo. Su questo aspetto interviene anche Marianella Sclavi per proporre una “nuova governance”, adeguata alla complessità urbana, basata su sistemi di mutuo apprendimento, ascolto attivo, co-progettazione creativa e adattiva, sul modello del débat public francese. Maria Immacolata Macioti porta un esempio concreto di questo modo di procedere illustrando l’iniziativa Corviale domani, che ha saputo coinvolgere nei problemi di gestione condivisa dell’omonimo gigantesco monoblocco romano di edilizia popolare istituzioni pubbliche come la Regione e vari dipartimenti universitari. Ancora su questa linea Francesco Maggiore, si rifà agli esperimenti di partecipazione attiva promossi dalla Fondazione Dioguardi con i laboratori di quartiere, i cantieri evento e le City School, scuole di organizzazione e cultura urbana rivolte alla formazione di figure professionali capaci di gestire emergenze e situazioni complesse. Sulla necessità di un governo urbano post-Covid basato sulla partecipazione attiva insistono anche altri autori, in particolare per quanto riguarda i problemi delle periferie. Riferendosi alla gramsciana autogestione di “pezzi della società”, Luciana Castellina insiste sull’autonomia funzionale dei quartieri e menziona i “sindacati di strada”.

Secondo Agata Spaziante è necessaria una riflessione sull’urbanistica e, più in generale, sul governo del territorio, a partire dalle fragilità dell’organizzazione spaziale rivelata dalla pandemia e dai rischi a cui dovrà far fronte un auspicabile riassetto territoriale. In particolare, l’epidemia segnala gli effetti pervasivi dell’interconnessione globale la quale, dopo avere favorito la diffusione del virus, nella fase del confinamento ha reso le componenti fisiche della città dipendenti da un’info-sfera digitale che ora tende a condizionarne le destinazioni d’uso. In particolare, la sperimentazione forzata del tele-lavoro e della tele-scuola suggerisce mutamenti nelle dimensioni e nelle funzioni degli spazi abitativi. In un auspicabile futuro le città dovrebbero essere meno disuguali in termini sociali e anche per quanto riguarda i rapporti con i loro territori e quelli tra centro e periferia. Esse dovranno esser più inclusive e più aperte alle innovazioni, a partire dalle applicazioni dell’intelligenza artificiale. Benché tutte le città presentino certe condizioni generali, il loro cambiamento non potrà seguire un unico cammino. Sarà invece necessario tener conto delle singole specificità geografiche e ambientali e delle loro diversità interne: strutturali, sociali, tecnologiche, economiche, demografiche, generazionali. L’evoluzione futura del rapporto tra l’abitare, il lavoro e la frequentazione scolastica a distanza è un tema approfondito anche da altri, tra cui Lucio Bianco, Corrado Baldinelli, Claudio Cipollini e Lorenzo Gallico, Angelo Campo e Sylvie Occelli, che analizzano la prevedibile eredità del confinamento da Covid sulla progettazione degli alloggi, il mercato edile, i contratti di lavoro, l’offerta scolastica, la mobilità e i trasporti urbani, il commercio e i servizi pubblici di prossimità.

In vari contributi si sostiene che la ripresa post-pandemica dovrà fare i conti con le minacce di una crisi globale, dovuta a vari fattori, tra cui i condizionamenti dell’economia finanziaria neoliberista, gli squilibri ambientali e la gestione tecnocratica delle loro trasformazioni. Ragionando in una logica territorialista, Anna Marson e Antonella Tarpino ritengono necessario un cambio di paradigma basato sull’autogoverno locale - già anticipato dalle cooperative di comunità e dalle comunità energetiche - e sull’autovalorizzazione dei patrimoni territoriali. Alcuni contributi, come quelli di Bianca Petrella, assegnano all’urbanistica il compito di riprogettare la distribuzione spaziale dei servizi pubblici in relazione alle infrastrutture della mobilità. Altri ancora, come quello di Giovanni Caudo e Federica Fava, fra le innovazioni suggerite dalla pandemia, indicano una pianificazione dell’ecosistema urbano che lo renda più inclusivo, non solo sotto l’aspetto culturale e sociale, ma anche per un diverso rapporto dialogante tra le componenti umane e gli altri attori terrestri: dalle specie viventi vegetali e animali ai fenomeni atmosferici, idrici e geomorfologici a cui le città devono far fronte. Sulla stessa linea ambientalista si muove Cesare de Seta, secondo cui l’ecologia deve liberarsi del pregiudizio antiurbano, in specie dopo che la pandemia ha reso evidente come la città de-naturalizzata sia al tempo stesso causa ed effetto della crisi ecologica. Secondo Ugo Leone il miglioramento dell’ambiente urbano verificatosi, ad esempio, intorno a Napoli in seguito al confinamento da Covid ci indica la direzione che devono prendere le città per rigenerarsi.

In conclusione, spero di aver dato un’idea del valore di questo libro come catalogo ragionato di ciò che la pandemia ha insegnato a chi vorrà costruire, vivere e gestire la città come bene comune. Mi auguro che lo vogliano tutti o almeno una maggioranza consapevole.

Giuseppe Dematteis

 

N.d.C.– Giuseppe Dematteis, professore emerito di Geografia politica ed economica, ha insegnato Geografia economica alla Facoltà di Economia dell'Università di Torino e Geografia urbana e regionale alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. È stato direttore del Dipartimento Interateneo Territorio del Politecnico e dell'Università di Torino. È socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino, membro del Comitato direttivo della Società dei Territorialisti/e e dell'Associazione Dislivelli, ricerca e comunicazione sulla montagna.

Tra i suoi scritti: L'organizzazione del territorio nelle utopie sociali di T. Moro, T. Campanella, F. Bacone (Riv. Geogr. Ital., 1964); Rivoluzione quantitativa e nuova geografia (Arti grafiche Rosada, 1970); Rivoluzione quantitativa e nuova geografia (Flaccovio, 1971); Metodi moderni per lo studio della geografia urbana. Rassegna critica e proposte (Patron, 1973); Rivoluzione quantitativa e nuova geografia (Flaccovio, 1971); con V. Vagaggini, I metodi analitici della geografia (la Nuova Italia, 1976, 1981, 1983); Deconcentrazione metropolitana, crescita periferica e ripopolamento di aree marginali: il caso dell'Italia (F. Angeli, 1983); Le metafore della Terra. La geografia umana tra mito e scienza (Feltrinelli, 1985; 1986; 1990); con C. Cencini & B. Menegatti (a cura di), L'Italia emergente. Indagine geo-demografica sullo sviluppo periferico (Angeli, 1990); (a cura di), Il fenomeno urbano in Italia. Interpretazioni, prospettive, politiche (F. Angeli, 1992; 1993; 1994; 1999); Progetto implicito. Il contributo della geografia umana alle scienze del territorio (F. Angeli, 1995; 2002); con V. Guarrasi (a cura di), Urban networks (Pàtron, 1995); con A. Clementi & Pier Carlo Palermo (a cura di), Le forme del territorio italiano (Laterza, 1996); con S. Conti & C. Lanza, Geografia economica generale (Bompiani, 1997); con P. Bonavero, Il sistema urbano italiano nello spazio unificato (il Mulino, 1997); (con altri), I futuri della città. Tesi a confronto (F. Angeli, 1999); con P. Bonavero & F. Sforzi (a cura di), The Italian urban system. Towards European integration (Ashgate, 1999); con F. Governa (a cura di), Contesti locali e grandi infrastrutture. Politiche e progetti in Italia e in Europa (F. Angeli, 2001); con F. Boggio (a cura di), Geografia dello sviluppo. Diversità e disuguaglianze nel rapporto Nord-Sud (UTET, 2002; 2007; 2008); con F. Ferlaino (a cura di), Il mondo e i luoghi. Geografie delle identità e del cambiamento (Istituto di ricerche economico sociali del Piemonte, 2003); con F. Governa (a cura di), Territorialità, sviluppo locale, sostenibilità. Il modello SLoT (F. Angeli, 2005); con C. Lanza, Le città del mondo. Una geografia urbana (UTET, 2011; 2014); (a cura di), Le grandi città italiane. Società e territori da ricomporre (Marsilio; Roma); (a cura di), Montanari per scelta Indizi di rinascita nella montagna piemontese (F. Angeli, 2011); con A. Greiner & C. Lanza, Geografia umana. Un approccio visuale (UTET, 2012; 2016; 2019; 2023); con F. Corrado (a cura di), Terre alte in movimento. Progetti di innovazione della montagna cuneese (CRC, Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, Centro studi: Dislivelli, 2013); con F. Corrado & A. Di Gioia (a cura di), Nuovi montanari. Abitare le Alpi nel 21. secolo (F. Angeli, 2014); (con altri), L'interscambio montagna città. Il caso della città metropolitana di Torino (F. Angeli, 2017); Proyecto implicito (Ed. Asimétricas, Univ. Polit. De Catalunya 2020); Geografia come immaginazione. Tra piacere della scoperta e ricerca di futuri possibili (Donzelli, 2021).

Per Città Bene Comune ha scritto: Il territorio tra coscienza di luogo e di classe, commento al libro di Alberto Magnaghi, 6 febbraio 2021.

Sui libri di Dematteis, v. in questa rubrica: Renzo Riboldazzi, L’arte di colmare le distanze, 20 maggio 2022; Francesca Governa, Un’idea di geografia, 28 ottobre 2022.

Sullo stesso libro oggetto di questo commento, v. anche: Giovanni Maria Flick, La città dal diluvio all'arcobaleno, 26 aprile 2024.

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


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10 LUGLIO 2024

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C. Cellamare, Relazionalità per capire le periferie, commento a: P. Grassi, Barrio San Siro (FrancoAngeli, 2022)

G. B. Lattes, Il sociologo e la città, commento a: G. Amendola, La città: immagini e immaginari (FrancoAngeli, 2024)

G. M. Flick, La città dal diluvio universale all'arcobaleno, commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio (a cura di), La città dopo la pandemia (Aracne, 2023)

V. Prina, Esplorare e raccontare Varese, commento a: L. Crespi (a cura di), Atlante delle architetture e dei paesaggi dal 1945 a oggi in provincia di Varese (Silvana Editoriale, 2023)

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M. Caja, Il tempo fa l'architettura, commento a: A. Torricelli, Il momento presente del passato (FrancoAngeli, 2022)

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G. Pasqui, Città: fare le cose assieme, commento a: B. Niessen, Abitare il vortice (Utet, 2023)