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(Ruben Baicco)
Il nuovo saggio di Leonardo Ciacci rende evidente l’estrema attualità dell’opera-vita del biologo-botanico-geografo-educatore-sociologo-planner scozzese Patrick Geddes. La sua attualità è resa bene dalla narrazione di La città è vostra. Patrick Geddes: l’educazione alla cittadinanza (LetteraVentidue, 2021) che ricompone complessivamente questa figura con richiami che si riferiscono di volta in volta a fatti della sua vita e, contemporaneamente, alle sue conferenze, ai suoi scritti, ai suoi workshop, ai suoi progetti, in una prospettiva di ricostruzione che l’autore suggerisce di non leggere come un “saggio storico”. Il saggio di Ciacci si distanzia dallo sforzo fatto da altri autori nel voler ricondurre forzatamente l’opera multiforme di Geddes entro i confini della disciplina urbanistica. Con un uso rigoroso delle fonti, restituisce l’“accadere” delle iniziative di Geddes tra azione - in primo piano - e pensiero, fornendo gli strumenti metodologici per capire cosa può essere la definizione di un problema attraverso la sua soluzione costruita, caso per caso, in una prospettiva di transdisciplinarità. In questa modalità, tutti gli strumenti sono praticabili all’interno di un contesto agito attraverso un linguaggio condivisibile che deve aprire all’azione comune. Vi è un’evidente corrispondenza con i postulati fissati da La transdisciplanirité di Basarab Nicolescu, segnatamente nella ricerca, per un verso, di un differente livello di comunicazione fra specialismi scientifici e fra soggettività produttrici di conoscenza e, per l’altro, di un metodo “unitario” per attuarlo nell’esperienza. Non a caso Ciacci ricorda la necessità di Geddes di coniare neologismi inbetween, fra diversi saperi e differenti gradi di realtà, percezione e conoscenza: un’attitudine evidenziata da Nicolescu come sintomo del “transdisciplinare” (Nicolescu, 1996). Vi è però anche una plausibile corrispondenza con la definizione di transdisciplinarità di Carlo Sini - ripresa da Gabriele Pasqui nel libro dedicato ai cosiddetti “irregolari” (Pasqui, 2022) - che con Geddes sembra avere posture in comune: “se è vero che transdisciplinare è la vita, allora è a partire dalla vita, dalla reverence for life […] che il nostro sguardo può ritagliarsi efficacemente una prospettiva utile, capace di riconoscere le connessioni tra i saper dire e i saper fare” (Sini, 2021).
Patrick Geddes è prima di tutto un biologo attento alla vita e trova in questa sua attenzione il modo per rompere le gabbie della specializzazione e per potenziare la capacità di azione che propone. Ciacci, a chiusura della sua narrazione, suggerisce di prestare attenzione all’ Online Sentiment (Analysis) su Geddes, in sorprendente ascesa: una nuova generazione internazionale di studenti e ricercatori va rapidamente assumendo l’esperienza di Geddes e gli strumenti che propone come stimolo e apertura verso nuove prospettive di pensiero e di azione da sperimentare. Questo potrebbe a ragione essere ricondotto, come fa Alberto Ferlenga nell’introduzione al volume, al carattere pioneristico dei temi e delle questioni affrontate, che giustificherebbe però anche l’alterna fortuna di Geddes nel tempo. Molte delle sue invenzioni sembrano appartenere oggi del tutto a esigenze e attitudini contemporanee del progettare e del pianificare: la rigenerazione urbana in scarsità di risorse di parti obsolete e più povere della città; pratiche condivise di gardening per attivare il recupero urbano; la centralità del rapporto ecologico uomo-natura; il museo della città e del territorio (la regione) come infrastruttura civica fondativa per la “coscienza di luogo” della comunità locale; la qualità ambientale dello spazio collettivo per risolvere questioni di salute pubblica o della risorsa idrica; il riciclo creativo di materiali esausti da costruzione; il diretto coinvolgimento degli abitanti nella conoscenza e nella gestione del loro habitat, ecc.
Tutte queste suggestioni sono da ricondurre alle questioni che riguardano le modalità attraverso le quali si può produrre “conoscenza utilizzabile” (Pasqui, 2022) ed è per questo che l’Autore propone di interpretare l’intera l’opera di Geddes come una ricerca continua, finalizzata in ogni occasione, alla costruzione di un metodo. Occasioni professionali, di studio, della vita quotidiana, sono affrontate come occasioni di narrazione di un metodo utile ad affrontarne l’evoluzione: l’accento non è quasi mai posto sugli strumenti che appartengono ai diversi campi “del saper dire e del saper fare”, che sono, invece, li pronti per essere utilizzati insieme, a seconda delle opportunità che si manifestano dall’interazione del singolo problema e della singola questione con il contesto. Richiamando di nuovo la transdisciplinarità come un atteggiamento necessario per affrontare questioni complesse come il cambiamento climatico, la sostenibilità, la salute pubblica locale e globale e altre sfide che richiedono una visione multifattoriale, non sorprende quindi l’interesse recente per Geddes.
In relazione ai temi appena citati, è possibile di nuovo richiamare la prossimità fra Geddes (biologo) e Nicolescu (fisico teorico) per quanto riguarda l’attenzione rivolta all’“educazione” - alla transdiplinarità - come dimensione imprescindibile della loro metodologia (Nicolescu, 2005); le narrazioni si debbano rendere comprensibili, sia genericamente che specificamente, affinché gli specialismi scientifici e disciplinari possano essere veramente utili alla “biologia” terrestre. Ecco un altro indizio dell’attualità di Geddes. In questo senso, si potrebbe dire che la sua Thinking Machine, ‘macchina’ complessa per produrre tutta la conoscenza necessaria per l’indagine dei problemi in congiunzione con le soluzioni, apparentemente astratta nella sua utilizzabilità strumentale all’epoca - troppo complessa e troppo faticosa da alimentare -, nella prospettiva dell’intelligenza artificiale assume una concreta operabilità, in un sistema di continuo apprendimento e arricchimento fra le parti che la compongono - informational input - e la sua co-effettività.
(Emanuela Beacco)
Patrick Geddes, anticipatore della moderna ecologica e profondo osservatore dei mutamenti sociali, ha precorso con sorprendente anticipo, argomenti al centro dell'attuale dibattito sulle politiche ambientali e territoriali. Dopo aver sperimentato l'intervento diretto con la Edinburg Social Union e con la collaborazione con le istituzioni amministrative in India, questo eclettico biologo è convinto che la strada da percorrere nell'impostare la trasformazione delle città non può prescindere dal coinvolgimento attivo dei cittadini. “È attraverso la volontà di ampliare e approfondire le nostre conoscenze che possiamo contribuire al rinnovamento dell'ambiente in cui viviamo”. “La città non è un luogo nello spazio, ma un dramma nel tempo”; ogni abitante deve potersi sentire parte attiva di quel “dramma” (Cities in evolution).
Questi "frammenti" del pensiero geddesiano anticipano quanto nel 1992 - ottantadue anni dopo la pubblicazione di Città in evoluzione - verrà codificato nella Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo. “Il modo migliore di trattare le questioni ambientali (Principio 10) è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati… Gli Stati faciliteranno ed incoraggeranno la sensibilizzazione e la partecipazione del pubblico rendendo ampiamente disponibili le informazioni”. Visto con le lenti della post-modernità, Geddes si pone come il profetico anticipatore della necessità di abbandonare il modello gerarchico istituzionale della governance del territorio, in favore di un modello basato sulla partecipazione ai processi decisionali. “Un più ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali [migliora] la qualità delle decisioni e ne rafforzano l’efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere le sue preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto” (Convenzione di Arhus). La consultazione e la partecipazione del pubblico hanno progressivamente fatto ingresso nell'ordinamento Eurounitario e nazionale, (Direttive CEE 1985, 2011 e 2014). La VAS - ricorda ripetutamente il Giudice amministrativo - analizza “tutte le possibili interrelazioni” che le decisioni pianificatorie “possono arrecare alla salute umana, al paesaggio, all'ambiente in genere, al traffico, all'economia, etc. di tutto il territorio coinvolto dal piano”.
Lo “scontro sociale” tra cittadini e amministrazione evocato da Geddes assume nella complessità del XXI secolo la veste del conflitto ambientale. Le problematiche ambientali (si pensi alle scelte localizzative di opere ed infrastrutture impattanti, quali una discarica, una strada o una diga) implicano molteplici ed articolate relazioni economiche, socio-spaziali e politiche distributive (Dalla Libera, De Marchi, 2004). Ecco allora che il tema della partecipazione e del coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte, si intreccia con quello della giustizia ambientale, che da oggetto di rivendicazione ad opera di gruppi e movimenti ambientalisti è diventato oggi un principio generale, attraverso cui ripensare la nozione stessa di diritto all’ambiente (De Domicis, 2016). In una società percorsa da forti fenomeni di conflittualità, la capacità di ascolto e la condivisione dei tempi, dei modi e dei luoghi del dialogo bi-direzionale può contribuire alla creazione di un clima di fiducia e di un nuovo rapporto con le amministrazioni locali, uno degli obiettivi più ambiziosi dello sviluppo sostenibile (Dansero, Bagliani, 2011).
L’estrema attualità del pensiero di Geddes emerge anche dalle sue riflessioni sull'industria, allora in rapida ascesa. In The Civic Survey of Edinburg, Geddes si chiede: “lo sviluppo dell'industria deve essere fermato? Evidentemente no. La nostra indagine indica i luoghi in cui quello sviluppo può essere ottenuto senza che crei danni alla città e alle sue qualità”. Serve fare di Edimburgo, continua, “an industrial city and a garden city in one”. Questa risposta, vista con le lenti del XXI secolo, sembra ancora una volta profeticamente anticipare proprio il tema dello sviluppo sostenibile, nelle sue diverse declinazioni. La necessità di evitare “danni alla città ed elle sue qualità”, nella narrazione contemporanea, si avvicina molto, sia al principio di “correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente” - uno dei pilastri del diritto ambientale (Crosetti, Ferrara, Fracchia et altri, 2018) - che al Target 9.4 dei Sustainable Development Goals (SDGs): “Migliorare entro il 2030 le infrastrutture e riconfigurare in modo sostenibile le industrie, aumentando l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e adottando tecnologie e processi industriali più puliti e sani per l’ambiente, facendo sì che tutti gli stati si mettano in azione nel rispetto delle loro rispettive capacità” (Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile).
Conclusioni
Le questioni più care a Geddes - quali la rigenerazione dei tessuti urbani esistenti (oggi inscindibilmente connessa con la tutela del suolo come strumento di contrasto al cambiamento climatico), il profondo legame tra ambiente e salute - cristallizzato con la riforma Costituzionale dell’art. 9 e 42 - e la ricerca dell'equilibrio tra iniziativa economica e tutela dell’ambiente - individuano principi ed argomentazioni capaci di fornire “immagini” ai problemi che il diritto ambientale contemporaneo pone. La straordinaria capacità di Geddes di integrare specificità e generalità, la naturale attitudine a contaminare differenti discipline e saperi del dire e del fare, offre l’esempio di un metodo di ricerca - come afferma più volte Ciacci - del “pensare per casi” (Passeron, Revel, 2005) che, perfettamente rispondente alla complessità ed alla trasversalità che oggi hanno le discipline urbanistica e ambientale, può meglio avviarci verso una progettazione e una pianificazione di nuove ecologie urbane e territoriali più “giuste” e, quindi, più “sostenibili”.
Ruben Baicco e Emanuela Beacco
Riferimenti bibliografici
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N.d.C.
Ruben Baiocco, architetto e urbanista, è ricercatore presso il Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali presso l’Università degli Studi di Milano; insegna Urbanistica nel corso di laurea in Scienze Umane dell’Ambiente, del Territorio e del Paesaggio, e Pianificazione e Progettazione Urbana e Rurale nel corso di laurea magistrale in Analisi, Pianificazione e Gestione Sostenibile del Territorio. Ha dedicato i suoi studi alla storia urbana e della disciplina urbanistica, e all’analisi degli strumenti del progetto urbano e territoriale contemporaneo. Tra i suoi libri: con Giulio Ernesti, Rosario Pavia, Stefano Soriani, Gabriele Zanetto, Venezia. Guida al porto, (Marsilio Editori, 2001); con Giovanni Damiani, a cura di, Bernard Tschumi. Architettura e disgiunzione (Pendragon, 2005); con Caterina Tara Baiocco, Il complex istituzionale. Il doppio legame all’origine della conoscenza (Quodlibet, 2009); Venezia-entroterra nel ventennio. Piani, industria e trasporti (Iuav University Press, 2017); con Luca Silvestrin e Davide Tecchio, Money Urbanism. Progetto urbano e cicli di produzione della città (Iuav University, 2017); L'ultima new town. Milton Keynes tra welfare e scelta individuale (Quodlibet, 2017); a cura di, Villaggio urbani in Italia. Oltre i piccoli comuni e i centri storici minori (Quodlibet, 2024).
Emanuela Beacco, avvocato del Foro di Monza, patrocinante in Cassazione, si occupa di diritto urbanistico ed ambientale. Formatore presso CompaFVG, è docente della Scuola Forense di Monza ed autore de Il Sole 24 ore.
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 27 SETTEMBRE 2024 |
CITTÀ BENE COMUNE
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