Michele Salvati  
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IL MISTERO DELLA BELLEZZA DELLE CITTÀ


Commento all'ultimo libro di Marco Romano



Michele Salvati


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Marco Romano mi ha chiesto di presentare le sue cinquanta città - Le belle città. Cinquanta ritratti di città come opere d'arte (Utet, 2016) - proprio perché sono un vecchio signore, amante del bello, ma totalmente ignorante di urbanistica e architettura. Avevo commesso l'errore di dirgli che stavo leggendo il suo libro e che mi divertiva - mi facevo una città ogni sera, prima di addormentarmi - e l'invito è venuto di conseguenza. Pensando però a come svolgere il ruolo di presentatore che mi è stato assegnato mi sono reso conto che il compito dell'ignorante non è facile: alcuni dei bozzetti, o veri e propri saggi, mi sono piaciuti di più, altri di meno: perché? Come dare forma, come spiegare le mie impressioni in assenza di criteri generali di giudizio e di una cultura specialistica retrostante? All'assenza di cultura specialistica non potevo porre rimedio, ma un criterio di massima potevo forse tirarlo fuori dalle numerose discussioni sull'estetica della città, sulla città come opera d'arte, che avevamo avuto a Sassello, dove Bianca ed io siamo stati sovente ospiti di Lina e Marco, nella loro bella casa. E, non a caso, Sassello è una delle "città" incluse nel libro, insieme a New York o Firenze, ma in buona compagnia con Abbiategrasso o Sarzana o Brisighella.

A me non sembra che l'estetica della città sia una "disciplina consolidata e rigorosa", come Marco vorrebbe che fosse e sostiene senza esitazione. Per mia ignoranza e frequentazione di altre discipline, non è consolidata e rigorosa neppure la critica d'arte, quella di singole opere di arti figurative che pure sono il frutto dell'intenzione estetica di un unico autore: come può esserlo la valutazione di una città, in cui si sono venute stratificando nel tempo, nei secoli e a volte nei millenni, le intenzioni artistiche e gli interessi di più varia natura di migliaia di autori? E dove sono mutati in continuazione i criteri sulla base dei quali questo pullulare di intenzioni, aspirazioni, interessi e vincoli sono stati controllati e regolati?

Mi viene sempre in mente, se perdonate l'irriverenza, quella vecchia barzelletta di Pierino. "Pierino, che cosa avete fatto oggi a scuola?" "Abbiamo fatto un coro" "Bello, e cosa avete cantato?" "Io ho cantato la Vispa Teresa, gli altri non so". Una bella città non può nascere dalle dissonanze di Pierino: l'uniformità, o l'unisono, non sono necessari, ma l'anarchia va regolata. Come? Come, nel tempo e nel succedersi di continue sfide storiche - di natura politica, sociale, economica, militare, ambientale…- sono state fatte scelte che hanno condotto ad apprezzabili risultati estetici?

Marco Romano, nell'introduzione al libro, ci dà un brevissimo abbozzo dei criteri di giudizio che ha sviluppato in altri suoi lavori. Tutte le città europee, tutte le città con una storia dietro le spalle, hanno dovuto svolgere gli stessi grandi temi collettivi, e li hanno svolti in modi in parte simili e in parte diversi. Il tema politico, gli edifici, le vie e le piazze dedicate a chi esercita il comando e l'amministrazione della cosa pubblica, dove si svolgono i riti della democrazia, prima cittadina e poi nazionale. Il tema religioso, con le vie e le piazze dedicate alla cattedrale e alle chiese minori, all'episcopato, ai conventi. I temi economici, dalla piazza del mercato alle vie dei negozi principali, delle botteghe artigiane e poi delle fabbriche. I temi militari, con castelli, mura, bastioni, poi trasformati in passeggiate e boulevards. I temi logistici, in tempi più vicini a noi: ferrovie, canali, stazioni. E poi, ovviamente, il tema abitativo, lasciato all'iniziativa dei singoli cittadini, ma spesso strettamente regolata. Se i temi sono grossomodo gli stessi, come mai poi le città sono così diverse, diversamente belle, ma pure qualcuna brutta? Naturalmente una buona parte della diversità si spiega con il contesto fisico nel quale sono inserite, in pianura, in montagna, in riva al mare o ad un lago, o attraversate o lambite da fiumi più o meno grandi. Ma restano grandi diversità non spiegate dal contesto fisico. E poi non solo sono diverse, ma sono diversamente belle: in alcuni casi lo spirito, lo stile della città è percepibile attraverso i mutamenti che la città ha conosciuto nei secoli - attraverso sconvolgimenti sociali, regimi politici, trasformazioni economiche di enorme portata - "come se" vi fosse una volontà estetica collettiva che si è mantenuta costante e tramanda i suoi canoni di generazione in generazione.

È così? E come riconoscere questa volontà/intenzione estetica collettiva, ammesso che ci sia? Come distinguere successi da fallimenti, occasioni colte o mancate? Per Marco Romano non è facile, ma è possibile. Anzitutto occorre "un'infarinatura di estetica della città, di critica della città come opera d'arte", che ha "la medesima dignità e ricorre ai medesimi strumenti della critica letteraria o della critica d'arte", se sorretta da "una vasta conoscenza di altre città, in modo da stimolare confronti". E poi, sulla base di questa "infarinatura" e dal confronto su come i medesimi grandi temi collettivi sono stati svolti altrove, per riconoscere lo spirito della città basta una lunga e minuziosa passeggiata - Marco è un grande camminatore - senza mai aprire una guida turistica, che spezzetterebbe l'osservazione in tanti frammenti, in tante Sehenwuerdigkeiten. Solo allora, tornati a casa o sostando in un buon ristorante, ripassare il percorso fatto sulla mappa e su una buona guida.

È sulla base di questa "infarinatura" e di questi confronti che Marco Romano ci guida nelle sue cinquanta passeggiate. Nel libro ci sono grandi e illustri città italiane - Firenze, Milano, Torino, ma non Roma o Venezia o Napoli o Palermo - ed europee - Madrid, Parigi, Londra, Bruxelles, Strasburgo, Monaco di Baviera, Edimburgo -. Ma anche grandi città al di fuori della storia d'Europa, quella che l'autore conosce meglio: New York, New Orleans, Brasilia, Jaipur. Ci sono città italiane più piccole ma di grande passato, Lecce, Lucca, Pisa, Pistoia, ma non altre altrettanto belle e antiche. E ci sono cittadine, oltre al fatale Sassello, che non sarebbero neppure menzionate in una guida turistica di media grandezza, ma offrono spunti di grande interesse. E a volte si tratta di bozzetti, a volte di saggi impegnativi, che hanno richiesto ricerche in archivi e biblioteche e in cui Marco è stato aiutato dalle tesi di laurea dei suoi studenti. Saggi e bozzetti accomunati da una grande facilità di lettura: come un libro di racconti o romanzi brevi, l'ideale per una lettura serale.

Il mistero di che cosa sia, però, l'estetica della città permane ed anzi si infittisce mentre si procede con gli esempi: come si distingue una valutazione metodologicamente rigorosa da una semplice manifestazione di gusto personale? Un altro critico-camminatore, ma con gusti diversi, non potrebbe raccontarci una storia diversa e darci valutazioni difformi? Marco è al suo meglio quando si immerge in una lunga storia civica, ne ritrova le tracce nelle vie e nelle piazze, e ce la racconta. E invece non riconosce intenzioni estetiche, o le trova fuorvianti, quando una città non ha storia, quando nasce sulla base di un piano coerente. Paradossalmente, proprio quando non si dà il caso di Pierino e del suo coro, quando non si tratta di un esito potenzialmente anarchico, quando canta una voce singola, più facile da valutare nei suoi risultati estetici, proprio allora il giudizio dell'autore è più severo. E nulla dà più l'idea della sua visione dell'estetica della città dello sprezzante giudizio su Brasilia, dove Lucio Costa e Oscar Niemeyer neppure sono menzionati.

"Noi possiamo […] parlare di bellezza della città solo perché riconosciamo nell'urbs la coerenza di un testo esteticamente rilevante in quanto modellato da una civitas che ne ha fatto e ne fa, con la deliberata intenzione artistica di un soggetto creativo la cui coerenza stilistica perdura nel tempo pur attraverso le generazioni, la propria espressione visibile. Ma se una generazione introduce una asimmetria autoritaria progettando la città con una forma che le successive generazioni non possono mutare […] quella non è più la città europea, l'urbs della sua civitas, ma un qualsiasi manufatto fabbricato per un popolo di profughi da un'autorità generosa, che al giudizio estetico formato sulla città europea apparirà sempre insignificante e brutta. Del resto quale guida turistica o quale sadico accompagnatore consiglierebbe la visita di un quartiere moderno in qualsiasi città?".

I corsivi sono dell'autore - un appassionato tradizionalista, potrebbe sembrare -. Ma suo è anche il pamphlet "scandaloso" Liberi di costruire (Bollati Boringhieri, 2013): due volti di Marco Romano che parrebbe arduo tenere insieme. Ma forse no.

Michele Salvati

 

 

 

N.d.C. - Quello sopra è il testo dell'intervento alla presentazione del libro di Marco Romano che si è tenuta alla Triennale di Milano il 21 febbraio u.s. a cui, oltre all'autore e a Michele Salvati, ha preso parte Carlo Bertelli.

Michele Salvati è professore emerito dell'Università degli Studi di Milano dove ha insegnato Economia politica alla Facoltà di Scienze Politiche. Dirige "il Mulino" e scrive per i principali quotidiani italiani. È stato deputato del Partito Democratico della Sinistra e ha teorizzato la nascita del PD.

Tra i suoi libri: con A. Martinelli e S. Veca, Progetto 89. Tre saggi su libertà, eguaglianza, fraternità (Il Saggiatore, 1989); Interessi e ideali. Interventi sul programma del nuovo PCI (Feltrinelli, 1990); Sinistra o cara (il Mulino, 1995); La sinistra, il governo, l'Europa (il Mulino, 1997); Occasioni mancate. Economia e politica in Italia dagli anni '60 a oggi (Laterza, 2000); Il Partito democratico. Alle origini di un'idea politica (il Mulino, 2003); Il partito democratico per la rivoluzione liberale (Feltrinelli, 2007); Capitalismo, mercato e democrazia (il Mulino, 2009); Tre pezzi facili sull'Italia. Democrazia, crisi economica, Berlusconi (il Mulino, 2011).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.

 


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07 LUGLIO 2017

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di dibattito sulla città, il territorio e la cultura del progetto urbano e territoriale

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

in redazione:
Elena Bertani
Oriana Codispoti

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Gli incontri

2013: programma/present.
2014: programma/present.
2015: programma/present.
2016: programma/present.
2017: programma/present.

 

 

Interventi, commenti, letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017:

P. C. Palermo, Vanishing. Alla ricerca del progetto perduto, commento a C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

F. Indovina, Pianificazione "antifragile": problema aperto, commento a I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

F. Gastaldi, Urbanistica per distretti in crisi, commento a A. Lanzani, C. Merlini, F. Zanfi (a cura di), Riciclare distretti industriali (Aracne, 2016)

G. Pasqui, Come parlare di urbanistica oggi, commento a B. Bonfantini, Dentro l'urbanistica (Franco Angeli, 2017)

G. Nebbia, Per un'economia circolare (e sovversiva?), commento a E. Bompan, I. N. Brambilla, Che cosa è l'economia circolare (Edizioni Ambiente, 2016)

E. Scandurra, La strada che parla, commento a L. Decandia, L. Lutzoni, La strada che parla (FrancoAngeli, 2016)

V. De Lucia, Crisi dell'urbanistica, crisi di civiltà, commento a G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)

P. Barbieri, La forma della città, tra urbs e civitas, commento a A. Clementi, Forme imminenti (LISt, 2016)

M. Bricocoli, Spazi buoni da pensare, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

S. Tagliagambe, Senso del limite e indisciplina creativa, commento a: I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

J. Gardella, Disegno urbano: la lezione di Agostino Renna, commento a: R. Capozzi, P. Nunziante, C. Orfeo (a cura di), Agostino Renna. La forma della città (Clean, 2016)

G. Tagliaventi, Il marchio di fabbrica delle città italiane, commento a: F. Isman, Andare per le città ideali (il Mulino, 2016)

L. Colombo, Passato, presente e futuro dei centri storici, commento a: D. Cutolo, S. Pace (a cura di), La scoperta della città antica (Quodlibet, 2016)

F. Mancuso, Il diritto alla bellezza, riflessione a partire dai contributi di A. Villani e L. Meneghetti

F.Oliva, "Roma disfatta": può darsi, ma da prima del 2008, commento a: V. De Lucia, F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi, 2016)

S.Brenna, Roma, ennesimo caso di fallimento urbanistico, commento a V. De Lucia e F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi 2016)

A. Calcagno Maniglio, Bellezza ed economia dei paesaggi costieri, contributo critico sul libro curato da R. Bobbio (Donzelli, 2016)

M. Ponti, Brebemi: soldi pubblici (forse) non dovuti, ma, commento a: R. Cuda, D. Di Simine e A. Di Stefano, Anatomia di una grande opera (Ed. Ambiente, 2015)

F. Ventura, Più che l'etica è la tecnica a dominare le città, commento a: D. Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla città (Ombre corte, 2016)

P. Pileri, Se la bellezza delle città ci interpella, commento a: G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)

F. Indovina, Quale urbanistica in epoca neo-liberale, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

L. Meneghetti, Discorsi di piazza e di bellezza, riflessione a partire da M. Romano e A. Villani

P. C. Palermo, Non è solo questione di principi, ma di pratiche, commento a: G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)

G. Consonni, Museo e paesaggio: un'alleanza da rinsaldare, commento a: A. Emiliani, Il paesaggio italiano (Minerva, 2016)

 

Nel blog

Per una città dell'accoglienza, commento a: I. Agostini, G. Attili, L. Decandia, E. Scandurra, La città e l'accoglienza (manifestolibri, 2017)