Patrizia Gabellini  
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UN NUOVO LESSICO PER UN NUOVO ORDINE URBANO


Commento al libro di Francesco Indovina



Patrizia Gabellini


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L'ultimo libro di Francesco Indovina - Ordine e disordine nella città contemporanea (FrancoAngeli, 2017) - si impone all'attenzione per almeno tre aspetti: il tema scelto, la strategia di svolgimento, la tesi sostenuta.

Ordine/disordine è tema che in modo esplicito o sottotraccia persiste nella riflessione teorica e nella pratica urbanistica, da quando quest'ultima ha assunto una sua forma e un suo statuto. Le questioni connesse oggi assumono una rilevanza particolare per la rivoluzione urbana che investe città e territori e per la percezione di un disordine soverchiante a fronte del quale, da più parti, si sottolinea la responsabilità dell'urbanistica (moderna), al punto di decretarne la fine. Il libro, dunque, prende di petto un tema di fondo, e già questo lo rende meritevole di attenzione.

Per trattarlo, Francesco Indovina sceglie opportunamente una prospettiva che abbraccia la storia lunga della città e ne propone una interpretazione intrisa di esperienza e di sapienza: "I fattori che determinano nella città e nel territorio situazioni di disordine … riguardano sostanzialmente le modalità stesse attraverso le quali una comunità realizza i propri obiettivi. La produzione di beni, il consumo (in senso lato) delle famiglie e degli individui e le forme di organizzazione della vita sono sottoposti a continue modifiche e trasformazioni per ragioni tecnologiche, di contesto economico/sociale, culturali o inerenti l'informazione e la comunicazione. Ciascuno di questi aspetti e l'insieme produce effetti territoriali, sia nell'ambito delle possibilità offerte dagli strumenti di governo, sia forzando questi o, non raramente, non tenendo conto delle regole imposte. Spesso si tratta di modifiche che sono l'esito di continui slittamenti, più raramente queste modifiche si presentano in modo compatto e vistoso: un molto numeroso numero di cambiamenti determinerebbe un effetto valanga" (p. 142).

Un effetto valanga, ovvero un disordine non più governabile è la possibilità (al limite?) di oggi, ma Indovina è piuttosto interessato alla imperitura diade ordine/disordine (che rappresenta con l'immagine dei fratelli siamesi), per cui dedica la parte finale del libro alle Azioni (di ordine) possibili.

Disordine, o meglio disordini al plurale. È interessante la scelta di dare risposta alla domanda su che cosa sia il disordine riprendendo una parte del dialogo tra un padre e la figlia scritto da Gregory Bateson nel suo Verso un'ecologia della mente, che Indovina sintetizza così: "i disordini sono 'infiniti' perché le 'cose' possono assumere infinite posizioni nello spazio, mentre l'ordine è uno solo, nell'interpretazione soggettiva di una persona, quindi è più probabile che le cose finiscano in quello che pensiamo sia il disordine piuttosto che in quello che consideriamo un ordine" (p. 110).

In diversi modi emerge nel libro l'idea di una società non omogenea (in un passaggio si critica l'uso di termini neutrali come "abitanti" e "cittadini"), bensì caratterizzata da conflitti di diversa natura che l'attraversano e che, continuamente, mettono in discussione o in crisi l'ordine preesistente. Dunque, il disordine come espressione di vitalità sociale della città (potremmo anche dire di società aperta), anche se può mettere in discussione la stessa convivenza. Però, accanto al riconoscimento che "un individualismo ben temperato può fare bene anche all'organizzazione dello spazio", si trova l'affermazione che questa organizzazione "risponde ad esigenze di ordine collettivo, sociale, funzionale e culturale, e che in quanto tale lo spazio non può che essere organizzato secondo processi politici collettivi (pianificato)" (p. 145). Una condizione contraddittoria con la quale occorre accomodarsi, in un rapporto di pesi e contrappesi sempre instabile, sempre provvisorio, "dialettico". Sembra porsi anche una questione di misura, considerando che quando il disordine va fuori controllo può far scattare la nostalgia per una società chiusa.

In definitiva, la città è quasi sempre in disordine e l'ordine è una tensione necessaria.

Un tema da sempre presente e passibile di tante letture e interpretazioni, per alcuni una tautologia, che pone un problema di svolgimento. La formula scelta da Indovina è di scandire il discorso in tre parti e due intermezzi: la prima parte dedicata all'Ordine come concepito e perseguito dagli urbanisti nel tempo lungo; la seconda dedicata al Disordine come esito di processi socio-economici; la terza all'Azione, ovvero al modo di porsi dell'autore stesso di fronte al tema sollevato. I due intermezzi sono costituiti da altrettanti "florilegi" (successioni di citazioni: 32 nel primo e 10 nel secondo florilegio), elegante modo per accostare liberamente "fiore" a "fiore" con grande libertà interpretativa (libertà dichiarata).

Per ciascuna parte e ciascun intermezzo Indovina utilizza uno specifico, diverso registro.

I due florilegi differiscono per il tipo di letteratura esplorata: urbanistico-architettonica nel primo caso, con l'obiettivo di "illustrare l'assunto di un principio d'ordine nel pensiero urbanistico e della pianificazione territoriale", multidisciplinare e per lo più letteraria nel secondo, allo scopo di "mettere in luce il mutamento e i suoi meccanismi".

Anche le tre parti rispondono ad altrettanti registri.

Dover argomentare che, sempre, l'organizzazione della città ha avuto un carattere normativo d'ordine, pone di fronte al tempo lungo della storia urbana, quindi alla necessità di catturare casi significativi. Per questo l'autore isola tre episodi: l'addizione erculea di Ferrara (1447-1516), la ricostruzione di Lisbona dopo l'incendio (1755), la Parigi di Haussmann: tre operazioni urbanistiche, tre realizzazioni dove si incontrano tecnica e politica, con la capacità di intercettare condizioni economiche e sociali. L'ordine urbano "non è indipendente dalle esigenze, di natura diversa (economico, sociali, culturali e di vita) che la città esprime; nessuna di queste esigenze tende a prevalere pienamente, proprio per le dialettiche oppositive delle diverse esigenze; l'ordine urbano non risulta una mediazione tra le varie esigenze, ma piuttosto dà luogo ad un ordine compromissorio che comprende spazi di realizzazione di ciascun interesse ma lascia, contemporaneamente, spazi antagonistici" (p. 38). Le citazioni raccolte nel primo florilegio costituiscono un piccolo saggio del contributo teorico degli urbanisti, tale da dare opportune suggestioni. Ordine realizzato da un lato, ordine immaginato dall'altro.

La seconda parte si cimenta, invece, con una impegnativa definizione del concetto di disordine (ho già detto del ricorso a Bateson), assieme a una argomentazione relativa a disordine/disordini che fa da ponte alla terza parte dove si mettono in campo l'oggi e la sua interpretazione. L'attenzione si focalizza sui profondi cambiamenti economici che si riflettono nello spazio, sulle nuove pratiche d'uso e sulla percezione di insicurezza.

La terza parte non ha il carattere della conclusione, ma piuttosto del posizionamento. Che cosa pensa oggi Francesco Indovina, data la sua esperienza di interprete dei fenomeni urbani, in particolare dell'esplosione della città e di quella espressione di disordine che è apparsa la città diffusa, ma anche di urbanista impegnato in alcune esperienze di pianificazione? Come spiega a se stesso e agli altri che cosa è possibile fare?

La sua tensione all'ordine si esprime sottoforma di linee guida: "quello che si prospetta, e che sembrerebbe adeguato a rispondere a molte e specifiche situazioni, … non è un piano flessibile, ma piuttosto strumenti flessibili per raggiungere gli obiettivi predefiniti". Sceglie, dunque, la strada degli orientamenti/consigli non incardinati in un piano, enunciati attraverso 9 parole/lemmi che si propongono come altrettante chiavi per perseguire un ordine possibile: patrimonio; adattamento; spazi flessibili; periferie, cittadinanza, eguaglianza; nuove popolazioni; nuove generazioni; anziani e popolazioni deboli; sicurezza; mobilità. Queste parole-chiave sono un modo per catturare i cambiamenti, per fissare i concetti, per riconoscere e costruire il discorso. Un modo che, per esempio, ha utilizzato Alberto Melucci quando nel 2000, con un nutrito gruppo di colleghi, ha scelto 20 parole Parole chiave. Per un nuovo lessico delle scienze sociali (Carocci) e che, recentemente, ha ripreso Gabriele Pasqui con riferimento all'urbanistica nel suo Urbanistica oggi. Piccolo lessico critico (Donzelli, 2017) costituito da 34 parole. Un modo non inusuale per costruire un pensiero convergente e indurre azioni conseguenti. La mutazione annunciata dai disordini è palese e la tensione a un nuovo ordine sta cercando proseliti. A cominciare dalla condivisione di un nuovo lessico.

Che Francesco Indovina chiuda con il richiamo ai compiti della politica, della tecnica e dell'amministrazione è logica conclusione di questo libro impegnativo, espressivo della convinzione che: "Solo un processo che integra politica (cioè democrazia e partecipazione), tecnica (cioè saperi specifici ed esperti) e amministrazione (cioè capacità di gestione e di governo) sia in grado di dare un ordine ad una città per realizzare obiettivi estetici, funzionali e di migliore qualità della vita dei cittadini" (p. 190).

Ordine e disordine nella città contemporanea è un libro di lettura piacevole, accattivante per l'audacia del tema, eppure complesso per l'intersecarsi di considerazioni che si muovono su piani diversi, molte delle quali invitano alla riflessione e a specifici approfondimenti.

Patrizia Gabellini

 

 

N.d.C. - Professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano, Patrizia Gabellini ha diretto il Dipartimento di Architettura e Pianificazione e "Urbanistica", rivista dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. È stata assessore all'Urbanistica di Bologna e ha fondato l'e-magazine "Planum. The Journal of Urbanism" che attualmente dirige.

Tra i suoi libri: Bologna e Milano. Temi e attori dell'urbanistica (Franco Angeli, 1988); con P. Di Biagi (a cura di), Urbanisti italiani. Piccinato Marconi Samonà Quaroni De Carlo Astengo Campos Venuti (Laterza, 1992); Il disegno urbanistico (Nuova Italia Scientifica, 1996); Tecniche urbanistiche (Carocci, 2001); Fare urbanistica. Esperienze, comunicazione, memoria (Carocci, 2010); con A. Di Giovanni, C. Gfeller, M. Mareggi, Immagini del cambiamento in Emilia-Romagna (Compositori, 2012).

Per Città Bene Comune ha scritto: Un razionalismo intriso di umanesimo (22 settembre 2016).

Sul libro oggetto di questo commento - di cui si è discusso alla Casa della Cultura l'8 maggio 2018 nell'ambito della VI edizione di Città Bene Comune - v. anche: Marcello Balbo, Disordine? Il problema è la disuguaglianza (7 settembre 2018).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

26 OTTOBRE 2018

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

powered by:
DASTU (Facebook) - Dipart. di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018:

E. M. Tacchi, Anche quelli interni sono migranti, commento a: M. Colucci, S. Gallo (a cura di),Fare Spazio (Donzelli, 2016)

A. Calcagno Maniglio, Esistono gli specialisti del paesaggio?, commento a: S. Settis, Architettura e democrazia (Einaudi, 2017),

R. Balzani, Suolo bene comune? Lo sia anche il linguaggio, commento a: M. Casa, P. Pileri, Il suolo sopra tutto (Altreconomia, 2017)

A. Clementi, Un nuovo paesaggio urbano open scale, commento a: C. Ratti, La città di domani (con M. Claudel, Einaudi, 2017)

L. Meneghetti, Stare con Settis ricordando Cederna, replica alla posizione di Marco Romano e Francesco Ventura

C. Bianchetti, Lo spazio in cui ci si rende visibili e la cerbiatta di Cuarón, commento a: C. Olmo, Città e democrazia (Donzelli, 2018)

F. Ventura, Sapere tecnico e etica della polis, commento a: S. Settis, Architettura e democrazia (Einaudi, 2017)

P. Pileri, L'urbanistica deve parlare a tutti, commento a: Anna Marson (a cura di), La struttura del paesaggio (Laterza, 2016)

F. Indovina, Non tutte le colpe sono dell'urbanistica, commento a: I. Agostini, E. Scandurra, Miserie e splendori dell'urbanistica (DeriveApprodi, 2018)

M. Balbo, Disordine? Il problema è la disuguaglianza, commento a: F. Indovina, Ordine e disordine nella città contemporanea (FrancoAngeli, 2017)

R. Milani, Viaggiare, guardare, capire città e paesaggi, commento a: C. de Seta, L'arte del viaggio (Rizzoli, 2016)

F. Gastaldi, Un governo del territorio per il Veneto?, commento a: M. Savino, Governare il territorio in Veneto (Cleup, 2017)

G. Nuvolati, Tecnologia (e politica) per migliorare il mondo, commento a: C. Ratti, La città di domani (con M. Claudel, Einaudi, 2017)

F. Mancuso, Città come memoria contro la barbarie, commento a: A. Zevi, Monumenti per difetto (Donzelli, 2014)

M. Morandi, Per una Venezia di nuovo vissuta, commento a: F. Mancuso, Venezia è una città (Corte del Fontego, 2016)

R. Pavia, Leggere le connessioni per capire il pianeta, commento a: P. Khanna, Connectography (Fazi, 2016)

G. Consonni, In Italia c'è una questione urbanistica?, commento a: I. Agostini, E. Scandurra, Miserie e splendori dell'urbanistica (DeriveApprodi, 2018)

M. Romano, Memoria e bellezza sotto i cieli d'Europa, commento a: S. Settis, Cieli d'Europa (Utet, 2017)

V. Biondi, La nuova crisi urbana negli USA, commento a: R. Florida, The New Urban Crisis (Basic Books, 2017)

P. Colarossi, Per un ritorno al disegno della città, commento a: R. Cassetti, La città compatta (Gangemi, 2012, rist. 2015)

A. Clementi, In cerca di innovazione smart, commento a: C. Morandi, A. Rolando, S. Di Vita, From Smart Cities to Smart Region (Springer, 2016)

P. Pucci, La giustizia si fa (anche) con i trasporti, commento a: K. Martens, Transport Justice. Designing fair transportation systems, (Routledge, 2017)

E. Trusiani, Ritrovare Mogadiscio, commento a: N. Hagi Scikei, Exploring the old stone town of Mogadishu (Cambridge Scholars Publishing, 2017)

A. Villani, Post-metropoli: quale governo?, commento a: A. Balducci, V. Fedeli, F. Curci, Oltre la metropoli (Guerini, 2017)

R. Cuda, Le magnifiche sorti del trasporto su gomma, commento a: M. Ponti, Sola andata (Egea 2017)

F. Oliva, Città e urbanistica tra storia e futuro, commento a: C. de Seta, La civiltà architettonica in Italia dal 1945 a oggi (Longanesi, 2017) e La città, da Babilonia alla smart city (Rizzoli, 2017)

J. Gardella, Attenzione al clima e alla qualità dei paesaggi, commento a: M. Bovati, Il clima come fondamento del progetto (Marinotti, 2017)

R. Bedosti, A cosa serve oggi pianificare, commento a: I. Agostini, Consumo di luogo (Pendragon, 2017)

M. Aprile, Disegno, progetto e anima dei luoghi, commento a: A. Torricelli, Quadri per Milano (LetteraVentidue, 2017)

A. Balducci, Studio, esperienza e costruzione del futuro, commento a: G. Martinotti, Sei lezioni sulla città (Feltrinelli, 2017)

P. C. Palermo, Il futuro di un Paese alla deriva, riflessione sul pensiero di Carlo Donolo

G. Consonni, Coscienza dei contesti come prospettiva civile, commento a: A. Carandini, La forza del contesto (Laterza, 2017)

P. Ceccarelli, Rappresentare per conoscere e governare, commento a: P. M. Guerrieri, Maps of Delhi (Niyogi Books, 2017)

R. Capurro, La cultura per la vitalità dei luoghi urbani, riflessione a partire da: G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2017)

L. Ciacci, Il cinema per raccontare luoghi e città, commento a: O. Iarussi, Andare per i luoghi del cinema (il Mulino, 2017)

M. Ruzzenenti, I numeri della criminalità ambientale, commento a: Ecomafie 2017 (Ed. Ambiente, 2017)

W. Tocci, I sentieri interrotti di Roma Capitale, postfazione di G. Caudo (a cura di), Roma Altrimenti (2017)

A. Barbanente, Paesaggio: la ricerca di un terreno comune, commento a: A. Marson (a cura di), La struttura del paesaggio (Laterza, 2016)

F. Ventura, Su "La struttura del Paesaggio", commento a: A. Marson (a cura di), La struttura del paesaggio (Laterza, 2016)

V. Pujia, Casa di proprietà: sogno, chimera o incubo?, commento a: Le famiglie e la casa (Nomisma, 2016)

R. Riboldazzi, Che cos'è Città Bene Comune. Ambiti, potenzialità e limiti di un'attività culturale

 

 

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