È di questi giorni - e c’è da rimanere esterrefatti - la notizia del divieto alle donne di parlare in pubblico. Siamo in Afghanistan - non qui, certo - ma la decisione dei talebani, nel 2024, lascia davvero senza parole. Quelle stesse parole che anche nelle società occidentali le donne hanno faticato - e spesso faticano tuttora - a esprimere. Parole femminili, s’intende. Che - come anche le arti ci insegnano - offrono spesso uno sguardo particolare sul mondo. Femminile, appunto. Ammesso che oggi - nella società contemporanea - questa espressione trovi ancora un senso condiviso. “Mi dispiace - afferma Corinna Morandi nel cammeo di apertura dell’ultimo bel filmato di Elena Bertani dedicato a Valeria Erba - che non si colga l’opportunità di vedere le cose da un punto di vista che non è necessariamente lo stesso con cui gli uomini guardano alla questione dell’uso dello spazio pubblico, dello spazio urbano, della fatica della città quando la si deve praticare con dei figli, [cosa] di cui spesso solo le donne si occupano”. È questa, probabilmente, la ragione - o almeno una delle ragioni - che ha spinto l’autrice, dopo aver dedicato ampio spazio al mondo maschile dell’urbanistica - ricordiamo i video dedicati a Edoardo Salzano, Silvano Tintori, Alberto Magnaghi e Pier Luigi Cervellati prodotti nella serie Autoritratti. L’Urbanistica italiana si racconta -, a dare voce a una donna. Non è una questione di "quote rosa", s’intende. E nel nostro caso - lo sappiamo - siamo nel campo delle trasformazioni urbane e territoriali. Dove Erba, come altre donne non sempre pienamente considerate, ha avuto un ruolo non secondario. E forse ha saputo e potuto spostare un po’ le cose. Indirizzarne diversamente gli esiti. Ma siamo anche - lo si comprende bene dalla seconda premessa al video - nel campo del sogno. Inteso come invito a osare l’impossibile. Come quello di Amelia Earhart (1897-1937), la prima donna ad aver attraversato in solitaria l'Oceano Atlantico e precipitata nel Pacifico nel tentativo di compiere il giro del mondo. Anche del suo sorriso, libero e audace, si nutre il filmato. Che, da qui in avanti, è tutto nella narrazione di Valeria Erba.
Parole e immagini che corrono, evocano, rimandano ai molti aspetti della vita personale che, consapevolmente o no, si intrecciano con la Storia. Anche quella disciplinare, certo, di cui faticosamente Città Bene Comune rincorre l’identità. C’è prima di tutto la Scuola o, meglio, quella che era la Facoltà di Architettura dove - dai tempi dell’occupazione e delle battaglie per nuovi metodi didattici ancorati alla realtà - allignano le radici di Erba. C’è il Dipartimento. Non quello che ha diretto - prima l’Istituto di Urbanistica (dal 1978) dove era entrata come “tecnico laureato” e poi il Dipartimento di Scienze del Territorio (dal 1981 al 1995) - ma quello di Architettura e Studi urbani, in una delle sue belle sedi, sfregiate - come ovunque in città - dagli scarabocchi murali. Proprio qui - superata una magnifica scala elicoidale che conduce a una bella sala d’angolo con grandi vetrate su piazza Leonardo da Vinci e un lampadario in cristallo - Erba si sente ancora a casa. Ed è qui che ha voluto essere intervistata, il 13 ottobre 2023.
Ci racconta, così, della sua formazione. Dalle scuole elementari e medie all’Istituto Vittoria Colonna di Milano dove per sbaglio viene abbandonata e, piccolissima, inizia a conoscere la città. Poi il liceo classico al Parini dove matura una sua primissima idea di spazio urbano. Fino all’attività politica intesa come partecipazione, dove - dai mercati comunali alla piazza del Duomo con Achille Occhetto – spiega, in particolare alle donne, l’importanza degli standard urbanistici: una conquista civile. Narra dei suoi maestri: Giuseppe Campos Venuti - con cui si laureò sul tema della rendita differenziale (nodo mai risolto e cruciale anche per il nostro accesso alla casa) - e Edoardo Salzano - con cui collaborò a “Urbanistica Informazioni” con l’idea che per comprendere la città ci volessero molte e diversificate competenze -. Ricorda gli amici: Corinna Morandi - scomparsa nel 2020 - e Anna Moretti, con cui ha percorso molte tappe della carriera accademica. Evoca i temi di ricerca intrecciati alla pratica operativa, soprattutto i piani regolatori della legge del 1942, oggi ingiustamente bistrattati, come se il problema fosse nello strumento e non nelle idee che contiene. Richiama i suoi legami con la città e le sue trasformazioni, come quando - prorettore vicario del Politecnico di Milano dal 1984 al 1998 - fece parte del comitato tecnico per Bovisa e contribuì all’ampia riflessione sul futuro non solo della nuova sede dell’Ateneo ma anche di una zona allora per molti versi in via d’abbandono. Dove ogni trasformazione - ci ricorda anche Ermanno Olmi nel suo "Bovisa '89. Postazione della Memoria"- è anche, spesso, perdita di ricordo, sentimento, luogo. Dove la gentrificazione e una valorizzazione immobiliare povera di qualsiasi affetto per i contesti ha dato - e sta dando tutt’oggi - prova di una certa insensibilità per la quotidianità dei cittadini. E, più in generale, per la vita delle città.
Infine, c’è un bilancio. La consapevolezza di aver contribuito a fondare un approccio al progetto urbano, ancora vivo al Politecnico, che ha dato un contributo significativo all’evoluzione della disciplina, soprattutto rispetto alla funzionalità di città e territori. Un aspetto che necessita ancora di riflessione critica e progetto, agendo, tuttavia, su nuove leve. L’espansione dei tessuti urbani, per esempio, fa parte del passato. Sono venuti meno sia lo slancio ideale con cui si praticava il piano - ormai ridotto, afferma, a “routine applicata”- sia le necessità oggettive di tale criterio progettuale. Nonostante ciò, l’urbanistica pare conservare un ruolo significativo nella società contemporanea. “L’interesse nella capacità di riconoscere i problemi dell’ecologia che hanno i giovani - afferma - è una dimostrazione che sono ancora legati al territorio e alle sue problematiche”. È qui che si dovrebbero aprire più convintamente ambiti di azione. Ed è qui che Valeria Erba vede il futuro.
R.R.
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V. Prina, Esplorare e raccontare Varese, commento a: L. Crespi (a cura di), Atlante delle architetture e dei paesaggi dal 1945 a oggi in provincia di Varese (Silvana ed., 2023)