Enrico Maria Tacchi  
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ANCHE QUELLI INTERNI SONO MIGRANTI


Commento al rapporto curato da M. Colucci e S. Gallo



Enrico Maria Tacchi


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Il tema delle migrazioni interne in Italia è stato oggetto di grande attenzione sociologica fin dagli anni Sessanta del Novecento, quando milioni di italiani si trasferivano dalle aree territoriali "deboli" del Sud, delle campagne e delle montagne verso le aree territoriali "forti" del Nord industrializzato o delle maggiori città attrattive del pubblico impiego, prima tra tutte Roma. Alcuni degli studiosi che le analizzavano allora, come Francesco Alberoni, hanno raggiunto in seguito una particolare notorietà (1). Tuttavia, è risaputo che nell'ultimo trentennio ha avuto maggiore risonanza nella pubblica opinione il tema delle immigrazioni dall'estero, sia perché nel nostro Paese costituivano un fatto relativamente nuovo (capovolgendo la secolare immagine dell'Italia come terra di emigrazione) sia perché numericamente preponderanti, con tutte le problematiche culturali, economiche e socio-politiche conseguenti. In tale contesto, lo studio delle migrazioni interne assumeva talvolta il carattere di un'indagine retrospettiva che, più del ricercatore sociale, poteva interessare lo storico, considerando anche periodi di tempo assai estesi (2).

Il libro curato da Michele Colucci e Stefano Gallo, Fare Spazio. Rapporto 2016 sulle migrazioni interne in Italia (Donzelli, 2016) - realizzato sulla scorta di un programma Miur con il contributo del Cnr e dell'Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo - è il terzo Rapporto pubblicato sulle migrazioni interne in Italia. Raccoglie sette studi abbastanza eterogenei, anche in relazione all'arco temporale considerato, in alcuni casi di breve periodo e in molti altri di lungo periodo. Sotto questo aspetto, le prospettive storiche più ampie sono curiosamente rappresentate da tre saggi che prendono rispettivamente in considerazione gli ambiti territoriali più circoscritti (Roma e il litorale romano) e quello più esteso oltre i confini nazionali (ben 30 Paesi europei).

Nel saggio di Massimiliano Crisci, le trasformazioni urbane di Roma dalla sua annessione nel Regno d'Italia ad oggi sono collegate ai flussi migratori e alla struttura demografica della città. Per circa un secolo la capitale ha accresciuto la propria popolazione residente, aggiungendo al saldo naturale positivo un importante saldo migratorio di origine nazionale, soprattutto dalle regioni limitrofe e dal Mezzogiorno. Solo in misura limitata questa urbanizzazione si ricollega all'industrializzazione, eccezion fatta per il comparto edilizio. I ceti sociali maggiormente interessati sono piuttosto riconducibili al settore terziario tradizionale, sia pubblico sia privato. Dagli ultimi decenni del Novecento il Comune di Roma perde inizialmente abitanti a favore dell'hinterland (sprawl urbano), ma presto li recupera, grazie a nuovi processi migratori che in ampia misura interessano popolazioni straniere, ma in parte anche italiani qualificati di ceto medio, nuovamente attratti dalle zone semi-centrali della città (gentrification).

L'articolo di Paola Corti sull'Ecomuseo del litorale romano mette in luce una possibilità di riqualificazione culturale nell'area di Ostia, recentemente interessata da fenomeni preoccupanti di disagio e di devianza sociale. In questo caso le migrazioni interne tra fine Ottocento e inizio Novecento rappresentano l'inconsapevole occasione per un recupero di memoria storica, promossa dai discendenti dei coloni di Ravenna che avevano realizzato l'imponente bonifica delle paludi malariche nella zona di Maccarese. Va notato che le iniziative di musei etnografici riguardano prevalentemente popolazioni autoctone, mentre in questo caso si dimostra l'interesse che può suscitare un gemellaggio virtuale tra popolazioni italiane di diversa provenienza.

Di ampio respiro, anche se focalizzato solo marginalmente sul tema principale delle migrazioni interne in Italia, è il saggio finale di Michel Poulain e Anne Herm sulle statistiche demografiche raccolte in 30 Paesi europei. Il suo inserimento in questo volume si giustifica perché anche in Italia si va attuando un'anagrafe nazionale, come in altri Paesi dell'Europa settentrionale che hanno realizzato i registri centralizzati della popolazione. Chiaramente tali registri costituiscono una base di dati ottimale per il monitoraggio dei trasferimenti interni. Ma non solo: attraverso di essi i ricercatori sociali possono studiare in sequenza i trasferimenti multipli per durata e distanza, così come le aggregazioni e le disaggregazioni delle famiglie. Arricchendo i registri centralizzati si facilitano inoltre le analisi socio-economiche dei diversi gruppi di migranti, per esempio sul loro grado di istruzione, salute e occupazione.

Gli altri contributi pubblicati nel libro privilegiano le dinamiche migratorie interne più recenti e si riferiscono ad ambiti territoriali intermedi, rispetto a quelli finora considerati, ovvero all'Italia nel suo complesso oppure alle regioni del Nord.

Il saggio introduttivo di Corrado Bonifazi, Frank Heins, Francesca Licari e Enrico Tucci si focalizza infatti sui cambiamenti quasi momentanei intervenuti in Italia nel 2013-2014, pur premettendo un quadro di riferimento relativo ai decenni precedenti. Un aspetto interessante preso in esame dagli autori è l'articolarsi dei sistemi locali del lavoro (SLL), le unità statistiche territoriali recentemente introdotte per superare il formalismo delle tradizionali ripartizioni amministrative, privilegiando i bacini gravitazionali reali delle attività economiche. Si osserva in particolare che molti trasferimenti avvengono all'interno del medesimo SLL e che un quinto di essi si concentrano nei SLL di Roma e di Milano. Il centro-nord del Paese è sempre attrattivo di flussi migratori, ma con forza ultimamente ridotta. Il Sud e le isole invece hanno sempre saldi negativi, più accentuati nei territori interni e più ridotti sulle coste, presumibilmente grazie al turismo. Nel loro complesso queste migrazioni interne sono modeste in ciascun anno, ma possono generare effetti importanti se cumulate col passare del tempo.

L'articolo di Roberto Impicciatore introduce un argomento specifico, certamente marginale in altre epoche, ma oggi assai consistente: quello della mobilità degli studenti universitari in Italia, soprattutto quelli più promettenti. Tali trasferimenti in genere interessano in uscita le regioni periferiche (Sud, isole e Trentino - Alto Adige) e in entrata le restanti regioni del centro-nord. I motivi dei trasferimenti sono per lo più legati al prestigio della sede universitaria scelta e alla previsione di migliori sbocchi lavorativi. Molto interessanti sono proprio le relazioni tra i trasferimenti per studio e quelli per lavoro: in parte coincidono, perché spesso i giovani in formazione trovano davvero alcune opportunità occupazionali nelle città sedi universitarie dove hanno studiato, impoverendo così il capitale umano delle regioni di provenienza. Ma vi sono anche divergenze: in particolare, il Veneto e la Liguria attirano lavoratori ma esportano studenti, mentre per l'Abruzzo vale il flusso contrario.

Un altro aspetto, forse un po' misconosciuto, delle migrazioni interne italiane riguarda i trasferimenti dei lavoratori stranieri entro i nostri confini nazionali. Ci si riferisce in prevalenza a lavoratori del settore agricolo, solitamente occupati in attività stagionali, che ne incentivano la mobilità territoriale. L'articolo di Francesco Carchedi prende in considerazione due contesti rurali specifici, ovvero la Bassa mantovana (in Lombardia) e le zone di Saluzzo e di Canelli (in Piemonte). La mobilità territoriale a cui ci si riferisce riguarda pertanto i diversi siti agricoli dove il lavoratore si reca secondo le stagioni, cambiando abitazione e spesso utilizzando quotidianamente mezzi di trasporto individuali o collettivi. Nel mantovano si tratta in buona parte di marocchini che svolgono vari lavori per più aziende, anche a notevoli distanze tra di loro e con pernottamento in vari luoghi. In Piemonte si lavora nei campi quasi tutto l'anno nell'ortofrutta a Saluzzo, mentre a Canelli ci sono brevi picchi di disponibilità di lavoro per chi viene da fuori durante le vendemmie. Tali picchi sono gestiti da "cooperative senza terra" che intermediano una mano d'opera prevalentemente straniera proveniente da lontano, la portano a lavorare su pullman e la fanno dormire in capannoni, spazi abitativi forniti dalle aziende o altri alloggi precari.

Un ulteriore contributo, scritto con taglio disciplinare antropologico da Roberta Clara Zanini, tratta della mobilità territoriale nelle zone alpine. Le terre alte sono state notoriamente interessate da massicci fenomeni di spopolamento, ma si può notare che nel tempo questi processi non sono stati continuativi. Al contrario, nell'ultimo ventennio si sono osservati trasferimenti in controtendenza. Le categorie sociali interessate al ripopolamento alpino, però, hanno caratteristiche sensibilmente diverse rispetto a quelle autoctone. Agricoltori, allevatori e boscaioli italiani, infatti, sono stati in parte sostituiti da turisti e pensionati sia italiani sia stranieri. Due forme di mobilità territoriale ben rappresentate nell'arco alpino sono il pendolarismo per motivi di lavoro o di studio (normalmente di raggio più limitato) e la stagionalità (anche di più lungo raggio) legata alla diffusione delle seconde case.

Dalla rapida rassegna dei temi trattati in questo volume si evince che ciascun autore ha affrontato con larga autonomia gli argomenti a lui più congeniali, senza che si ravvisi un forte disegno complessivo unitario della ricerca. Non per caso, l'ordine logico qui seguito per la presentazione dei singoli contributi non corrisponde a quello che si riscontra nell'indice del libro. Naturalmente le migrazioni interne e l'Italia costituiscono fin dal sottotitolo del libro due motivi conduttori, anche se non rigidamente vincolanti: il saggio conclusivo infatti allarga come si è visto la prospettiva all'intera Europa, mentre la mobilità italiana contemporanea comprende anche gli spostamenti di stranieri all'interno dei confini nazionali.

Sebbene piuttosto eterogeneo, il quadro emergente è molto interessante e non di rado originale. Numerose informazioni fornite sono tra le più aggiornate disponibili. Alcuni dei processi di mobilità territoriale esaminati sono emersi solo di recente e quindi la letteratura sull'argomento è scarsa. Il proposito manifestato nell'introduzione dai due curatori dell'opera, Michele Colucci e Stefano Gallo, di sostituire nel futuro a questi Rapporti pluridisciplinari una serie di studi tematici su problematiche più omogenee appare quindi pienamente condivisibile: senza nulla togliere all'interesse, all'aggiornamento e al rigore dei contenuti, si potrebbe in questo modo ridurre il rischio di pubblicare capitoli più giustapposti che coordinati.

Enrico Maria Tacchi

 

 

Note
1) Alberoni F., Caratteristiche e tendenze delle migrazioni interne in Italia, Milano, Vita e Pensiero, 1963.
2) Arru A. e Ramella F. (a cura di), L'Italia delle migrazioni interne: donne, uomini, mobilità in età moderna e contemporanea, Roma, Donzelli, 2003.

 

N.d.C. - Enrico Maria Tacchi insegna Sociologia dell'ambiente e del territorio nel Master in Giornalismo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, nel Master Polis Maker del Politecnico di Milano e nel corso di studio TPALL dell'Università degli Studi di Milano. Presso il Dipartimento di Sociologia dell'Università Cattolica è responsabile del gruppo di lavoro Urban Life and Territorial Research Agency (ULTRA).

Tra i suoi libri: Villaggi globali e metropoli locale: professionalità, tecnologie, valori e atteggiamenti in una Lombardia multiculturale (FrancoAngeli, 2001); con Emanuele Parsi (a cura di), Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano: prospettive di riqualificazione della periferia di Milano (FrancoAngeli, 2003); (a cura di), Sostenibilità ambientale e partecipazione: modelli applicativi ed esperienze di agenda 21 locale in Italia Milano (FrancoAngeli, 2004); con Nicola Montagna, Comunicazione e ambiente in Lombardia (FrancoAngeli, 2005); (a cura di), Sustainability: development and environmental risk (Foxwell & Davies, 2005); con Roberta Cucca, (a cura di), Coinvolgimento e vivibilità urbana: il caso di Limbiate (FrancoAngeli, 2008); con Valerio Corradi (a cura di), Per uno sviluppo locale sostenibile: ambiente, territorio e società bresciana (FrancoAngeli, 2009); (a cura di); Il volontariato tra scelte politiche, impegno sociale e funzioni di advocacy (La Scuola, 2009); Milano e i ghetti virtuali (FrancoAngeli, 2010); (a cura di), Ambiente e società: le prospettive teoriche (Carocci, 2011); con Valerio Corradi (a cura di), Nuove società urbane: trasformazioni della città tra Europa e Asia (FrancoAngeli, 2013); (a cura di) Generare cambiamento: valori e pratiche di condivisione nel volontariato (Carocci, 2014); con Andrea Villani (a cura di), Parchi, giardini, riserve naturali: creazione, conservazione, innovazione (FrancoAngeli, 2018).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.

 


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19 OTTOBRE 2018

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

ideato e diretto da
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Le conferenze

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locandina/presentazione
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Gli incontri

- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018:

A. Calcagno Maniglio, Esistono gli specialisti del paesaggio?, commento a: S. Settis, Architettura e democrazia (Einaudi, 2017),

R. Balzani, Suolo bene comune? Lo sia anche il linguaggio, commento a: M. Casa, P. Pileri, Il suolo sopra tutto (Altreconomia, 2017)

A. Clementi, Un nuovo paesaggio urbano open scale, commento a: C. Ratti, La città di domani (con M. Claudel, Einaudi, 2017)

L. Meneghetti, Stare con Settis ricordando Cederna, replica alla posizione di Marco Romano e Francesco Ventura

C. Bianchetti, Lo spazio in cui ci si rende visibili e la cerbiatta di Cuarón, commento a: C. Olmo, Città e democrazia (Donzelli, 2018)

F. Ventura, Sapere tecnico e etica della polis, commento a: S. Settis, Architettura e democrazia (Einaudi, 2017)

P. Pileri, L'urbanistica deve parlare a tutti, commento a: Anna Marson (a cura di), La struttura del paesaggio (Laterza, 2016)

F. Indovina, Non tutte le colpe sono dell'urbanistica, commento a: I. Agostini, E. Scandurra, Miserie e splendori dell'urbanistica (DeriveApprodi, 2018)

M. Balbo, Disordine? Il problema è la disuguaglianza, commento a: F. Indovina, Ordine e disordine nella città contemporanea (FrancoAngeli, 2017)

R. Milani, Viaggiare, guardare, capire città e paesaggi, commento a: C. de Seta, L'arte del viaggio (Rizzoli, 2016)

F. Gastaldi, Un governo del territorio per il Veneto?, commento a: M. Savino, Governare il territorio in Veneto (Cleup, 2017)

G. Nuvolati, Tecnologia (e politica) per migliorare il mondo, commento a: C. Ratti, La città di domani (con M. Claudel, Einaudi, 2017)

F. Mancuso, Città come memoria contro la barbarie, commento a: A. Zevi, Monumenti per difetto (Donzelli, 2014)

M. Morandi, Per una Venezia di nuovo vissuta, commento a: F. Mancuso, Venezia è una città (Corte del Fontego, 2016)

R. Pavia, Leggere le connessioni per capire il pianeta, commento a: P. Khanna, Connectography (Fazi, 2016)

G. Consonni, In Italia c'è una questione urbanistica?, commento a: I. Agostini, E. Scandurra, Miserie e splendori dell'urbanistica (DeriveApprodi, 2018)

M. Romano, Memoria e bellezza sotto i cieli d'Europa, commento a: S. Settis, Cieli d'Europa (Utet, 2017)

V. Biondi, La nuova crisi urbana negli USA, commento a: R. Florida, The New Urban Crisis (Basic Books, 2017)

P. Colarossi, Per un ritorno al disegno della città, commento a: R. Cassetti, La città compatta (Gangemi, 2012, rist. 2015)

A. Clementi, In cerca di innovazione smart, commento a: C. Morandi, A. Rolando, S. Di Vita, From Smart Cities to Smart Region (Springer, 2016)

P. Pucci, La giustizia si fa (anche) con i trasporti, commento a: K. Martens, Transport Justice. Designing fair transportation systems, (Routledge, 2017)

E. Trusiani, Ritrovare Mogadiscio, commento a: N. Hagi Scikei, Exploring the old stone town of Mogadishu (Cambridge Scholars Publishing, 2017)

A. Villani, Post-metropoli: quale governo?, commento a: A. Balducci, V. Fedeli, F. Curci, Oltre la metropoli (Guerini, 2017)

R. Cuda, Le magnifiche sorti del trasporto su gomma, commento a: M. Ponti, Sola andata (Egea 2017)

F. Oliva, Città e urbanistica tra storia e futuro, commento a: C. de Seta, La civiltà architettonica in Italia dal 1945 a oggi (Longanesi, 2017) e La città, da Babilonia alla smart city (Rizzoli, 2017)

J. Gardella, Attenzione al clima e alla qualità dei paesaggi, commento a: M. Bovati, Il clima come fondamento del progetto (Marinotti, 2017)

R. Bedosti, A cosa serve oggi pianificare, commento a: I. Agostini, Consumo di luogo (Pendragon, 2017)

M. Aprile, Disegno, progetto e anima dei luoghi, commento a: A. Torricelli, Quadri per Milano (LetteraVentidue, 2017)

A. Balducci, Studio, esperienza e costruzione del futuro, commento a: G. Martinotti, Sei lezioni sulla città (Feltrinelli, 2017)

P. C. Palermo, Il futuro di un Paese alla deriva, riflessione sul pensiero di Carlo Donolo

G. Consonni, Coscienza dei contesti come prospettiva civile, commento a: A. Carandini, La forza del contesto (Laterza, 2017)

P. Ceccarelli, Rappresentare per conoscere e governare, commento a: P. M. Guerrieri, Maps of Delhi (Niyogi Books, 2017)

R. Capurro, La cultura per la vitalità dei luoghi urbani, riflessione a partire da: G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2017)

L. Ciacci, Il cinema per raccontare luoghi e città, commento a: O. Iarussi, Andare per i luoghi del cinema (il Mulino, 2017)

M. Ruzzenenti, I numeri della criminalità ambientale, commento a: Ecomafie 2017 (Ed. Ambiente, 2017)

W. Tocci, I sentieri interrotti di Roma Capitale, postfazione di G. Caudo (a cura di), Roma Altrimenti (2017)

A. Barbanente, Paesaggio: la ricerca di un terreno comune, commento a: A. Marson (a cura di), La struttura del paesaggio (Laterza, 2016)

F. Ventura, Su "La struttura del Paesaggio", commento a: A. Marson (a cura di), La struttura del paesaggio (Laterza, 2016)

V. Pujia, Casa di proprietà: sogno, chimera o incubo?, commento a: Le famiglie e la casa (Nomisma, 2016)

R. Riboldazzi, Che cos'è Città Bene Comune. Ambiti, potenzialità e limiti di un'attività culturale

 

 

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