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L'ARCHITETTURA E LA SOSTANZA DELLE COSE
Recensione del libro dedicato all'opera di Angelo Torricelli
Giuseppe Di Benedetto
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Il libro Architettura in Capitanata. Opere e progetti (Il Poligrafo, 2014) curato da Chiara Baglione - con saggi di Federico Bucci, Luisa Ferro, Margherita Petranzan, Sara Protasoni, Sara Riboldi e della stessa Baglione - è un'intensa narrazione dell'esperienza progettuale di Angelo Torricelli praticata in quella parte settentrionale della Puglia chiamata, appunto, Capitanata. In particolare, cinque delle sette opere trattate "si compongono entro un piano unitario, fondato sul progetto urbano che costituisce l'esito di studi condotti nell'elaborazione del nuovo Piano Regolatore di Cerignola, adottato dal Consiglio Comunale nel 1999 e approvato nel 2004 dalla Regione Puglia" (Torricelli, p. 87). Gli altri due progetti sono invece episodi, altrettanto significativi, che si misurano con altri ambiti più interni del territorio provinciale di Foggia - Ascoli Satriano e Monteleone di Puglia - posti a poca distanza dalla stessa Cerignola.
Nei numerosi saggi che introducono e inquadrano l'opera di Angelo Torricelli emergono con evidenza alcuni temi fondativi che pervadono le architetture prese in esame. Quasi una scrittura corale che, tuttavia, offre punti di vista differenziati sui luoghi, sugli accadimenti architettonici e sui complessi processi che li generano. Non a caso Margherita Petranzan sostiene come l'esperienza diretta e sinestetica compiuta sulle architetture in Capitanata di Torricelli, seguita alla lettura di disegni, di immagini e di parole descrittive, le ha consentito di trovarsi di fronte a "una realtà di 'verità', una realtà che 'stupisce di non stupire', che si mostra nello stesso modo in cui se ne parla" (p. 12).
Secondo Chiara Baglione, Torricelli riscrive la città con le sue architetture. Ciò comporta l'assunzione dell'idea che la città sia, nel contempo, textum e testis (1) : tessuto, trama, ordito stratificato costituito dalla fisica consistenza delle architetture e degli spazi che la producono e degli uomini che la abitano, ma anche "testo", "testimone" del proprio passato, suscettibile di continue riscritture, per mezzo della ciclica sovrapposizione di strati di "senso", di segni architettonici che imprimono nuovi significati. Un vero e proprio palinsesto, dunque, dove le architetture di Angelo Torricelli, come quelle esemplari immaginate per la piazza del Duomo di Cerignola, divengono espressioni fisiche eloquenti in grado di richiamare altro da sé in quanto, secondo la formula agostiniana propria del concetto filosofico di interpretazione, sono aliquid pro aliquo. In tutto questo, fondamentale è la dimensione della temporalità in architettura. La ricerca progettuale di Angelo Torricelli, osserva Chiara Baglione, "sembra interpretare il tempo" nella convinzione che l'architettura "vada pensata in quella sorta di fissità - nel e oltre il tempo - proposta dal paesaggio mediterraneo, a prescindere da mode e tendenze" (p. 22). Il tempo cui si fa riferimento non è quello del decadimento ineluttabile, né quello della "durata" "bergosoniana". È un tempo intrinseco all'architettura. Il suo contesto oltre la componente spaziale implica un'ineludibile dimensione temporale. Come scrive Torricelli, nel saggio In alternativa, l'architettura (pp. 203-222), occorre "interrogare il tempo" nella convinzione che il passato è, in realtà, un eterno presente, espressione di una memoria attiva e feconda, lontana dall'idea della nostalgia, della sacralizzazione e della intangibilità, in quanto essa è indispensabile alla costruzione dell'architettura. "Oggi ci troviamo di fronte a una crisi profonda, che riguarda […] la nostra difficoltà nel rapportarci con il tempo. […] nella cultura attuale la memoria non ha rapporto con il tempo […]" (p. 207). Per tali ragioni il progetto, come è sempre stato, "non si fonda, in definitiva, sulla concezione della storia come processo lineare e continuo, ma, per contro, sulla conoscenza intesa come sintesi e come rappresentazione. Esso riscrive la storia, il contesto, i riferimenti […]" (p. 207-209).
Le architetture di Torricelli, difatti, si confrontano in relazioni stringenti con i luoghi e con i caratteri dominanti espressi nel rapporto sodale forma urbis / forma agri, e contengono il valore di un rituale e ricorrente rinnovamento di quella tradizione, in cui si coniugano "forme, saperi e materiali [...] con la spazialità e l'idea di costruzione, dall'edificio alla città, propria del razionalismo italiano" (p. 91).
Non a caso, per Luisa Ferro "Torricelli attribuisce all'agrocittà il valore di paradigma" (p. 61) e opera come un archeologo, ma secondo il concetto espresso da Foucault (2) , in grado di mettere in luce, attraverso uno "scavo" analitico e interpretativo, le strutture epistemiche dell'architettura, in un dialogo continuo con l'antico. Misura l'architettura con l'architettura, ovvero con le sue forme archetipiche che ne definiscono il campo archeologico. Così come archetipi, di valore assoluto e fondativo, sono le foveae frumentariae del grande piano di San Rocco a Cerignola. Magnificenti tholos ipogee, disposte in rapida sequenza, che Torricelli include, nel suo progetto di concorso, per la Valorizzazione del Piano delle Fosse e Museo del Grano (2001), in un misterioso itinerario sotterraneo, un'architettura fatta di echi e di ombre e di punti di sosta aperti all'iridescenza della luce.
I progetti in Capitanata sono soprattutto occasioni per introdurre nel tema dell'architettura urbana, figure e contenuti espressione non di un consumato concetto di "contemporaneità", ma del tempo proprio dell'architettura che è quello presente, carico delle ineludibili risonanze del passato. "La città si cerca con l'architettura" ribadisce Torricelli (p. 209-211) e se ancora oggi si può parlare di un'identità propria dell'architettura italiana essa è riconoscibile "nell'attitudine progettuale fondata sulla ricerca di quella imago che sta al di là dell'apparenza del vero; in essa si condensano memoria e invenzione degli edifici, dei luoghi, delle città" (p. 211).
Al progetto è affidato il compito, come affermato da Sara Protasoni, di scavare oltre l'aspetto evidente dei luoghi nel tentativo di "riconoscere e disvelare i caratteri permanenti e le discontinuità che restano incisi nel territorio" (p. 42). Le parole chiave della lettura penetrante dei siti che Angelo Torricelli compie attraverso le sue opere sono rintracciabili nei concetti di radicamento, metamorfosi, straniamento. Il radicamento proprio della nuova architettura in grado di interpretare e selezionare gli aspetti rilevanti di un paesaggio antropogeografico millenario. Un radicamento che si manifesta anche come espressione di appartenenza e nel contempo di alterità, quali segni evidenti di quella duale enigmaticità ontologica dell'architettura di Torricelli.
La metamorfosi continua è quella offerta dalla Capitanata, luogo privilegiato di una periodica, alternante ed "estrema" mutevolezza, "tra aridità e fertilità", tra bigi e polverosi terreni estivi e intensamente verdi prati autunnali; tra vaste distese pianeggianti e profonde corrugazioni "abissali". La comprensione del valore morfologico del suolo, perfino con le sue improvvise lacerazioni, e quella impressione di esaltante drammaticità che pervade il paesaggio del Tavoliere pugliese, spingono Torricelli verso scelte architettoniche profondamente radicate, attente al dato orografico ma al contempo, capaci di processi modificativi. Significativo è, in tal senso, il progetto di un Distretto telematico e Centro intermodale ad Ascoli Satriano, fondato "sulle relazioni tra partizioni agricole che articolano la piana del Carapelle e l'insediamento apicale sviluppato su tre colli sovrastanti" (p. 43) trasfigurati in un'acropoli.
Lo straniamento è rintracciabile, invece, nello sguardo di Torricelli che percepisce il paesaggio "come la scena di eventi storici, mitici e letterari che acquistano così nuovi significati" (p. 43). È un "ri-orientamento gestaltico", un mutamento del punto di osservazione della realtà che ci restituisce una modalità percettiva disvelatrice di una verità fenomenica nuova e inaspettata.
Sara Riboldi, pone l'accento sul rapporto invenzione, costruzione e carattere nell'opera architettonica di Angelo Torricelli per i diversi contesti della Capitanata. Nelle sue architetture il processo inventivo non si dà isolatamente, ma si innesta sempre su un corpo organico di esperienze, per aggiungere qualcosa che, pur apparendo come nuovo, intrattiene precise relazioni con ciò da cui prende origine. Secondo questa modalità di lettura, la costruzione riguarda i materiali e le tecniche adottate; il carattere (sapientemente inteso nel significato di decor vitruviano) definisce la forma propria degli elementi costruttivi, trasmutandoli da espressioni meramente tecniche in vere forme architettoniche appropriate ai luoghi e ai contesti culturali di riferimento. Il principio del carattere ha quindi un valore centrale nel progetto di architettura di Torricelli perché è determinante nel risolvere la forma di ciascun elemento coerentemente alla sua finalità. E quanto immaginato per la Capitanata evidenzia questioni e temi di assoluta centralità per la cultura architettonica del progetto: "il carattere e l'appropriatezza degli interventi entro paesaggi cui chiediamo di resistere immutabili […]; il rapporto fra i frammenti o i pezzi dell'architettura […] e la struttura della città e del territorio" (Torricelli, p. 211)
Conclude il volume la postfazione di Federico Bucci che nel raccontare due opere di Torricelli - i nuovi edifici residenziali e i servizi per il quartiere "San Samuele" e il complesso scolastico a Monteleone di Puglia - rivive atmosfere e percezioni emotive della propria infanzia ed adolescenza trascorse in queste terre, intrise di mito. Una forza, quella del mythos, che sembra pervadere, secondo Bucci, l'opera di Angelo Torricelli tendendo progressivamente a trasfigurarsi sino a proporre un capovolgimento che ne ribalta le origini. "Così, a Monteleone e a Cerignola, rispettivamente in un muro e in un basamento, Torricelli svolge un atto di fondazione armoniosa, omaggio al mito classico di Apollo l'Archegeta, sul quale si innalza un'architettura contemporanea che da un lato partecipa al tormento della pietra, memoria di queste terre, e dall'altro rappresenta un'invenzione di forma volta a rinnovare il significato che quella memoria deve avere per chi, negli stessi luoghi, vivrà il proprio futuro" (p. 226).
Visti in sequenza, le opere e i progetti in Capitanata di Angelo Torricelli, narrati nel libro, ci fanno comprendere la sua capacità di utilizzare le particolari condizione fisiche e identitarie dei luoghi in cui interviene come sostanza formativa e strutturante della stessa idea di progetto. Un'idea basata, su una sensibilità tematica, linguistica indirizzata verso la dimensione sodale esistente tra le pulsioni emotive di contesti urbani e di una campagna fortemente antropizzata e quelle di una architettura fondata sul valore corporeo e spirituale del luogo.
Quella di Torricelli è un'architettura "solida" e "grave", con un forte radicamento al suolo, che appare realizzata ricorrendo alla sostanza delle cose, alla purezza delle forme e all'uso di chiari e immutabili principi compositivi. Essenzialità versus ridondanza, ricerca di laconicità espressiva in antitesi all'eccesso di forma e di elementi, alle mode della "centralità dell'immagine, della spettacolarizzazione dell'idea e del dominio della griffe" (Torricelli, p. 203). Un'architettura in cui gesti e procedimenti sono riportati a una loro concisione intesa come tentativo del recupero di un vissuto, di una memoria ancestrale, di un tempo originario.
Giuseppe Di Benedetto
Note 1) Cfr. U. Volli, Il testo della città. Problemi metodologici e teorici, in La città come testo, Aracne, Roma 2008. 2) P.-M. Foucault, L'archéologie du savoir, Gallimard, Paris 1969.
N.d.C- Giuseppe Di Benedetto è professore associato di Composizione architettonica e urbana presso il Dipartimento di Architettura dell'Università degli Studi di Palermo.
Tra i suoi libri e scritti più recenti: Carlo Giachery 1812-1865. Un architetto borghese a Palermo tra didattica, istituzioni e professione (Palermo: Flaccovio, 2011); Parole e concetti dell'architettura (Palermo: Itinera Lab, 2012); Traslitterazioni sintattiche: il ciclo barese di Guido Canella, in Guido Canella 1931-2009 (Milano: FrancoAngeli, 2014); "Per via di levare". Scavare e sottrarre in architettura (Proyecto y Ciudad, n. 4, 2014); con Andrea Sciascia, Emanuele Palazzotto, Adriana Sarro, Architettura cultuale nel Mediterraneo (Milano: FrancoAngeli, 2015); (a cura di) Angelo Torricelli, Palermo interpretata (Siracusa: LetteraVentidue, 2016); Die Kammer der Erinnerung. Il cimitero di guerra germanico a Motta Sant'Anastasia di Diez Brandi (Lexicon, n. 24, 2017); Gabetti e il tempo del cantiere, in Roberto Gabetti 1925-2000 (Milano: Franco Angeli, 2017); Progetto del museo (Palermo: 40due edizioni, 2017); Atlante dell'architettura moderna in Sicilia (Palermo: 40due edizioni, 2018).
Sull'opera di Angelo Torricelli, v. anche: Salvatore Tedesco, La messa in forma dell'immaginario (1 settembre 2017); Marcella Aprile, Disegno, progetto e anima dei luoghi (9 marzo 2018).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 08 NOVEMBRE 2018 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale
ideato e diretto da Renzo Riboldazzi
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