Francesco Indovina  
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UNA VITA DA URBANISTA, TRA CULTURA E POLITICA


Replica al commento di Bianca Petrella sul libro di Attilio Belli



Francesco Indovina


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Scrivere un'autobiografia è un esercizio pericoloso. Nell'introduzione al suo Memory cache. Urbanistica e potere a Napoli (Clean Edizioni, 2016), Attilio Belli richiama i pericoli di un tale progetto: l'autore ha la consapevolezza di navigare in un mare pieno di scogli, di dare adito a fraintendimenti, di costruire un tessuto di parole che possono essere pienamente utilizzate per edulcorare la sostanza della vicenda in una interpretazione che premia il "soggetto" a scapito della vicenda stessa. Personalmente mi pare che il libro di Belli racconti, senza fronzoli, la storia di una carriera accademica e delle vicende politiche di Napoli connesse con l'autore. Da sempre la città di Napoli è al centro delle attività di Belli, nei suoi lavori teorici, in quelli di ricerca fino alle sue più recenti prove letterarie. Il percorso descritto, spesso in modo dettagliato e puntuale, non è né lineare, né sempre glorioso e soprattutto non è privo di compromessi. Costituisce uno spaccato, sincero, dei rapporti di potere dentro l'università e nelle decisioni politiche. Può meravigliare, in un certo senso, la sincerità con la quale tutti questi passaggi, talvolta non eroici, vengono descritti. L'autore aderisce pienamente all'ipotesi che una biografia debba essere veritiera, opzione che non sempre viene abbracciata con convinzione, tant'è vero che la storia è piena di autobiografie ammansite. Ma non è questo il caso.

La "testimonianza" della vicenda belliana, ci offre uno spaccato dei rapporti di potere accademico e politico, tante volte denunziato in generale - tranne nei casi giudiziari - che qui si toccano nel vivo. Una vicenda di umiliazioni, di invidie e tradimenti, di intrighi e tentativi frustrati, di compromessi e anche, per fortuna, di qualche successo. Se c'è una cosa che può meravigliare è la capacità di "resistenza" dell'autore dentro queste vicissitudini; una resistenza che porta il segno di una forte determinazione. Si può parlare di ambizione, di autoreferenzialità, di presunzione, ma sicuramente tale determinatezza porta il segno della consapevolezza di un ruolo, della sicurezza nei propri mezzi intellettuali e della certezza dell'interesse collettivo esercitato dalla propria disciplina. Le relazioni culturali con le personalità incontrate sono descritte in dettaglio, così come le rotture, sempre umanamente pesanti per l'autore. Belli era, ed è, in grado di costruire relazioni non superficiali, ma intense, piene anche di affettività e quindi ogni strappo portava le stimmate del dolore e della tristezza.

Anche la vicenda politica dell'autore, molto articolata, è descritta in dettaglio. Con passaggi che hanno avuto una stretta relazione con i processi sociali di massa che il paese ha vissuto. Sono questi che hanno determinato anche una modifica del punto di vista dell'autore nei riguardi della disciplina e dei modi di fare urbanistica. Quello che va dalla fine degli anni '60 a tutto il 1970 è un periodo di riflessione e dibattito in cui si sovrappongono, si intrecciano e infine si elidono due modi di vita e due paradigmi disciplinari molto diversi: il passaggio dall'empirismo logico e dal planning scientifico, al marxismo, all'analisi del conflitto urbano e dell'uso del territorio nel diagramma delle trasformazioni sociali. Si tratta di una svolta politica e ideologica che prenderà corpo in campo disciplinare. È molto interessante, potrei dire educativo, seguire il rapporto dell'autore con il contesto materiale e come questo diventi metodo. Il movimento di politicizzazione di massa non lo lascia indifferente e forte è l'attrazione nei riguardi dei tentativi di porre su basi diverse sia l'analisi che l'intervento nella città e nel territorio. Belli si impegna molto su questa riflessione, partecipa ad alcune iniziative editoriali e convegni che approfondiscono questo punto di vista. La sua attenzione è sui territori del Mezzogiorno fornendo in un suo saggio - Potere e territorio nel mezzogiorno d'Italia durante la ricostruzione 1943-1950 - un'interpretazione molto interessante. Questo è anche un periodo di impegno politico nella "nuova sinistra", in cui l'autore cerca, nell'organizzazione napoletana di questa, di portare l'attenzione sull'importanza delle questioni urbane e in particolare del nuovo centro direzionale di Napoli.

Anche l'università è centro di scontri e discussione. Intanto non si voleva riconoscere l'Urbanistica come disciplina autonoma e c'era il rifiuto di costituire un apposito dipartimento. Solo dopo la 'chiamata' a professore ordinario e dopo conflitti e pratiche di politica accademica assai confuse (l'urbanista Belli diventa direttore del Dipartimento di Conservazione), nel 1996 si arriva finalmente alla formazione del Dipartimento di Urbanistica e, nel 2002, si riesce a istituzionalizzare il corso di laurea in Pianificazione territoriale (trent'anni dopo la sua istituzione a Venezia). Non si tratta di una "ascesa al potere" in sé, ma piuttosto della necessità di avere strutture istituzionali tali da garantire una crescita disciplinare, la cura di giovani ricercatori e assistenti, anche volontari, e affermare le ragioni della pianificazione. Il suo metodo di ricerca, e quello dei giovani che con lui collaboravano, si riverbera nella rivista CRU - Critica della razionalità urbanistica (1994-2007) -, i cui temi e il cui impegno sono ora transitati nella rivista CRIOS - Critica degli ordinamenti spaziali (2011-).

Belli, tuttavia, non distrae mai il suo occhio dalle questioni della sua città. Non si tratta solo di impegni e di responsabilità connesse a specifici incarichi (vedi il piano territoriale). Belli esercita costantemente il suo occhio critico sulle trasformazioni della città. Una delle vicende che più hanno interessato Napoli - tra le "più assurde e indecorose, di cui siamo tutti responsabili", scrive Belli - a cavallo dei sue secoli è la vicenda di Bagnoli. Una grande disgrazia per l'economia e l'occupazione dell'area ma anche - si diceva allora - una grande occasione di rinascita: tra paure di speculazioni e un ambientalismo estremo, una propaganda esasperata contro il coinvolgimento dei privati, l'incertezza dei progetti al di là del riferimento ad attività innovative, l'esistenza di gruppi di interesse forti ma inetti e l'incapacità di governo pubblico, emerge in tutta la sua crudezza il disastro.

Seppur in modo molto sintetico, speriamo di essere riusciti a restituire correttamente i contenuti essenziali di questo libro: un'autobiografia di Attilio Belli, una biografia del potere accademico e del potere politico a Napoli, una descrizione senza attenuanti di una vicenda di vita caratterizzata da resistenza, dove vittorie e sconfitte si intrecciano con alcuni compromessi. Bianca Petrella all'inizio e alla fine del suo commento a questo stesso lavoro apparso in questa rubrica - I limiti della memoria tra critica e comportamenti (10 novembre 2017) - si domanda perché mai l'autore abbia voluto scrivere questo libro e, subito, ecco la forma retorica "continuo a non trovare una risposta convincente. Ma questo è sicuramente un mio limite". Quando ho finito di leggere questo commento a me è venuto di pensare una cosa analoga: "Ma perché la Petrella ha scritto questa catilinaria contro Belli?".

Capisco che non si debba censurare il proprio pensiero, anche se sgradevole nei riguardi di un collega che fino a ieri era seduto nel banco accanto, ma meraviglia quella che considero un'incomprensione: del testo e dei fatti narrati. Forse il vissuto di Bianca Petrella è stato fino a oggi lineare, non ha avuto scontri con il potere accademico e non ha dovuto fare compromessi di nessun tipo e con nessuno dentro l'università e fuori, nella sua vita professionale. Il suo, forse - e sarei felice per lei se così fosse - è stato un cammino senza sconfitte: una storia personale che le ha reso insopportabile la lettura di un autobiografia che tutto questo mette piattamente in forma. Tanto intollerabile da trovare strane giustificazioni per Belli: ha voluto mettersi la coscienza a posto, autoassolversi sotto l'egida di uno sfrenato narcisismo, egotismo e vittimismo…

Chiunque scriva un'autobiografia dà segni inequivocabili di narcisismo - bella scoperta! - ma il punto è un altro: la vicenda mostra un interesse che travalica l'autore? Io credo di sì e anche la recensione di Bianca Petrella - quando abbandona la sua foga denigratoria - lo dimostra.

Francesco Indovina

 

 

N.d.C. - Francesco Indovina, già professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica, ha insegnato per anni Analisi delle strutture urbanistiche e territoriali all'Università IUAV di Venezia. Dal 2003 insegna alla Scuola di Architettura di Alghero. Da sempre è fautore di un approccio interdisciplinare agli studi sulla città e il territorio coniugato a un saldo impegno civile. È autore di numerose pubblicazioni e ha fondato e diretto i periodici "Archivio di studi urbani e regionali" e "Economia urbana" (già "Oltre il Ponte"); dirige inoltre la collana di Studi urbani e regionali della Franco Angeli.

Per Città Bene Comune ha scritto: Si può essere "contro" l'urbanistica? (20 ottobre 2015); Quale urbanistica in epoca neo-liberale (3 febbraio 2017); Pianificazione "antifragile": problema aperto (23 giugno 2017).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

24 NOVEMBRE 2017

 

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J. Gardella, Architettura e urbanistica per fare comunità, commento a: Il Villaggio Ina-Casa di Cesate (Mimesis, 2016)

P. Bassetti, La città è morta? Il futuro oltre la metropoli, commento a: A. Balducci, V. Fedeli e F. Curci (a cura di),Oltre la metropoli (Guerini e Associati, 2017)

A. Villani, Pianificazione antifragile, una teoria fragile, commento a: I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

B. Petrella, I limiti della memoria tra critica e comportamenti, commento a: A. Belli, Memory cache (Clean, 2016)

P. Pileri, La finanza etica fa bene anche alle città, commento a: A. Baranes, U. Biggeri, A. Tracanzan, C. Vago, Non con i miei soldi! (Altreconomia, 2016)

A. L. Palazzo, La forma dei luoghi nell'età dell'incertezza, commento a: R. Cassetti, La città compatta (Gangemi, 2016)

D. Patassini, Lo spazio urbano tra creatività e conoscenza, commento a: A. Cusinato, A. Philippopoulos-Mihalopoulos (a cura di), Knowledge-creating Milieus in Europe (Springer-Verlag, 2016)

F. Bottini, La città è progressista, il suburbio no, commento a: R. Cuda, D. Di Simine, A. Di Stefano, Anatomia di una grande opera (Ambiente, 2015)

E. Scandurra, Dall'Emilia il colpo di grazia all'urbanistica, commento a: I. Agostini (a cura di), Consumo di luogo (Pendragon, 2017)

M. A. Crippa, Uno scatto di "coscienza storica" per le città, commento a: G. Pertot, R. Ramella (a cura di), Milano 1946 (Silvana, 2016)

R. Gini, Progettare il paesaggio periurbano di Milano, recensione di V. Gregotti et al., Parco Agricolo Milano Sud (Maggioli, 2015)

G. Fera, Integrazione e welfare obiettivi di progetto, commento a: L. Caravaggi, C. Imbroglini, Paesaggi socialmente utili (Quodlibet, 2016)

C. Bianchetti, La ricezione è un gioco di specchi, commento a: C. Renzoni, M. C. Tosi (a cura di), Bernardo Secchi. Libri e piani (Officina, 2017)

P. Panza, L'eredità ignorata di Vittorio Ugo, replica al commento di G. Ottolini a: A. Belvedere, Quando costruiamo case... (Officina, 2015)

A. Calafati, Neo.Liberali tra società e comunità, replica al commento di M.Ponti a: G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)

M. Ponti, Non-marxista su un dialogo tra marxisti, commento a: G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)

G. Semi, Tante case non fanno una città, commento a: E. Garda, M.Magosio, C. Mele, C. Ostorero, Valigie di cartone e case di cemento (Celid, 2015)

M. Aprile, Paesaggio: dal vincolo alla cura condivisa, commento a: G. Ferrara, L'architettura del paesaggio italiano (Marsilio, 2017)

S. Tedesco, La messa in forma dell'immaginario, commento a: A.Torricelli, Palermo interpretata (Lettera Ventidue, 2016)

G. Ottolini, Vittorio Ugo e il discorso dell'architettura, commento a: A. Belvedere, Quando costruiamo case, parliamo, scriviamo. Vittorio Ugo architetto (Officina, 2015)

F. Ventura, Antifragilità (e pianificazione) in discussione, commento a: I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

G. Imbesi, Viaggio interno (e intorno) all'urbanistica, commento a: R. Cassetti, La città compatta (Gangemi, 2016)

D. Demetrio, Una letteratura per la cura del mondo, commento a: S. Iovino, Ecologia letteraria (Ambiente, 2017)

M. Salvati, Il mistero della bellezza delle città, commento: a M. Romano, Le belle città (Utet, 2016)

P. C. Palermo, Vanishing. Alla ricerca del progetto perduto, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

F. Indovina, Pianificazione "antifragile": problema aperto, commento a: I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

F. Gastaldi, Urbanistica per distretti in crisi, commento a: A. Lanzani, C. Merlini, F. Zanfi (a cura di), Riciclare distretti industriali (Aracne, 2016)

G. Pasqui, Come parlare di urbanistica oggi, commento a: B. Bonfantini, Dentro l'urbanistica (FrancoAngeli, 2017)

G. Nebbia, Per un'economia circolare (e sovversiva?), commento a: E. Bompan, I. N. Brambilla, Che cosa è l'economia circolare (Ambiente, 2016)

E. Scandurra, La strada che parla, commento a: L. Decandia, L. Lutzoni, La strada che parla (FrancoAngeli, 2016)

V. De Lucia, Crisi dell'urbanistica, crisi di civiltà, commento a: G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)

P. Barbieri, La forma della città, tra urbs e civitas, commento a: A. Clementi, Forme imminenti (LISt, 2016)

M. Bricocoli, Spazi buoni da pensare, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

S. Tagliagambe, Senso del limite e indisciplina creativa, commento a: I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

J. Gardella, Disegno urbano: la lezione di Agostino Renna, commento a: R. Capozzi, P. Nunziante, C. Orfeo (a cura di), Agostino Renna. La forma della città (Clean, 2016)

G. Tagliaventi, Il marchio di fabbrica delle città italiane, commento a: F. Isman, Andare per le città ideali (il Mulino, 2016)

L. Colombo, Passato, presente e futuro dei centri storici, commento a: D. Cutolo, S. Pace (a cura di), La scoperta della città antica (Quodlibet, 2016)

F. Mancuso, Il diritto alla bellezza, riflessione a partire dai contributi di A. Villani e L. Meneghetti

F.Oliva, "Roma disfatta": può darsi, ma da prima del 2008, commento a: V. De Lucia, F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi, 2016)

S.Brenna, Roma, ennesimo caso di fallimento urbanistico, commento a: V. De Lucia e F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi 2016)

A. Calcagno Maniglio, Bellezza ed economia dei paesaggi costieri, contributo critico sul libro curato da R. Bobbio (Donzelli, 2016)

M. Ponti, Brebemi: soldi pubblici (forse) non dovuti, ma, commento a: R. Cuda, D. Di Simine e A. Di Stefano, Anatomia di una grande opera (Ambiente, 2015)

F. Ventura, Più che l'etica è la tecnica a dominare le città, commento a: D. Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla città (Ombre corte, 2016)

P. Pileri, Se la bellezza delle città ci interpella, commento a: G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)

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